LA RIPRESA DEGLI ATTACCHI ERA NELL’ ARIA DA GIORNI Le crepe nella « hud na» annunciate da una raffica di segnali sinistri Dalle dichiarazioni dei leader oltranzisti ai bombardamenti di Hezbollah
mercoledì 13 agosto 2003 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
IL clip televisivo: quello è stato l'avvertimento più espressivo
degli
attentati di ieri, il segnale più sovaemente minaccioso, con le sue
musiche
e le belle immagini, della fine della « hudna» (la tregua) o comunque
di una
sua crisi profonda. Dopo che nei giorni di viaggio di Abu Mazen a
Washington
la tv palestinese aveva messo da parte i soliti video di
criminalizzazione
degli israeliani, ecco che negli ultimi giorni essi sono comparsi di
nuovo:
l'ultimo mostra una coppia di giovani palestinesi che passeggia. A
freddo,
un gruppo di soldati israliani spara alla schiena della ragazza e la
uccide.
Il giovane si reca al cimitero per piangerla, e sulla sua sua tomba
gli
israeliani lo uccidono. Lo « shahid» , il martire, sale al cielo e
sulla porta
del paradiso lo aspetta l'amata con decine di bellissime fanciulle,
martiri
a loro volta dei carnefici israeliani. Questo è il tipo di propaganda
di cui
la Road Map prevede lo smantellamento completo, insieme con il
disarmo delle
organizzazioni terroriste e il loro smantellamento.
Dopo venerdiì scorso, quando l'esercito israeliano aveva distrutto
una
fabbrica di bombe a Nablus e ucciso due ricercati durante
l'operazione,
perdendo a sua volta un soldato, sia Hamas sia la Jihad islamica si
erano
rifatti vivi in maniera alquanto esplicita: un leader del primo
gruppo,
Rantisi, aveva dichiarato prossima la ripresa della guerra, e gli
uomini
della Jihad avevano detto di essere anche loro immersi in intensi
preparativi di una ripresa delle ostilità . Intanto fioccavano le
katiusha
degli Hezbollah sul Nord, un segnale di solidarietà militante
siro-iraniano
alla guerra senza tregua contro Israele. A Gaza lunghe gallerie piene
d'armi
provenienti dall'Egitto venivano fatte brillare. Arafat teneva un
discorso
bellicoso in cui, senza che alla notizia vi fosse fondamento
fattuale,
dichiarava che « centinania di palestinesei erano stati rastrellati e
portati
in carcere» . Una dichiarazione che rendeva nulle, agli occhi della
sua
opinione pubblica, le centinania di liberazioni di prigionieri
avvenute in
questi giorni e sempre dichiarate anche da Abu Mazen di gran lunga
inferiori
ai desideri e alle aspettative palestinesi.
Sharon, intanto, dichiarava che, in mancanza di un segnale che il
terrore,
la preparazione dei suoi uomini, delle sue ideologie, e anche delle
sue
casamatte erano in discesa, il suo impegno primario sarebbe rimasto
quello
per la sicurezza. Insomma, le crepe si sono cominciare a evidenziare
nei
giorni scorsi, perché da una parte Sharon ha seguitato a credere che
in
mancanza di una politica di smantellamento del terrore avrebbe potuto
continuare a usare l'esercito senza intaccare la « hudna» ,
sopravvalutando
così il potere di Bush di imporre il processo politico di
pacificazione alla
galassia palestinese nel suo insieme; dall'altra Abu Mazen si è
immaginato
che un po’ di attentati qua e là sarebbero stati presi come incidenti
non
decisivi dagli israeliani, sempre per compiacere Bush.
In realtà Bush ha il potere di imporre la linea della Road Map, ma
non di
defletterne: la sua crisi oggi è strategica. La lettera della Road
Map dice
« smantellamento delle organizzazioni terroristiche» nella prospettiva
di uno
Stato palestinese democratico, e Israele non sembra pronto ad
accettare di
convivere col terrore. Shimon Peres diceva ieri che se l'Autorità
palestinese non tiene tutte le milizie sotto uno stesso potere, va
diritta
lungo una linea suicida. E' la stessa cosa di chi dice: o Abu Mazen e
Dahlan
si decidono ad affrontare il terrore, o la « hudna» non può
funzionare, e
nemmeno la Road Map. Israele, quando Bush tenne il suo discorso del
24
giugno 2002, ci credette: battere i tiranni e battere il terrore sono
due
parti di una sola scelta, il cui sfondo si chiama « pace» , disse Bush.
Ma in Palestina, come peraltro in Iraq, gli Usa si trovano alle prese
con
forze e ideologie guerrafondaie che non hanno alcun interesse alla
pace, ma
solo a ottenere i loro obiettivi, per altro ottenibili invece con la
trattativa e non con la violenza. L'accordo di Oslo ci stava andando
diritto, quando la violenza, come un'idra impazzita, è venuta su con
le sue
sette teste piene di denti. O Abu mazen, oggi, in una situazione
analoga, in
cui sono in gioco grosse scommesse e grosse promesse, con lo Stato
palestinese che balugina nel 2005, cioè alle porte, si decide a
strappare
questi denti e gli americani ad aiutarlo invece di giocherellare con
altri
argomenti inutili, o siamo di nuovo all'inizio.