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« LA PROVA DI UN’ APERTA VIOLAZIONE DEGLI ACCORDI DI OSLO» Al gran bazar delle armi clandestine palestinesi L’ esercito di Gerusalemme espone l’ arsenale catturato nell’ operazione

giovedì 11 aprile 2002 La Stampa 0 commenti
RAMLEH UN grande spiazzo di terra battuta nella base militare di Ramleh ospita come un grande teatro all'aperto uno spettacolo quintessenziale della guerra, montato fra ieri e stanotte dai soldati israeliani: sono le armi palestinesi sequestrate in questi giorni di guerra, un incredibile caravanserraglio balistico in cui si trova di tutto, in cui si testimonia la determinazione ad armarsi a qualunque costo, comprando, ricevendo da qualunque latitudine, arrangiandosi in casa, approntando fabbriche locali. Totale l'obliterazione dell'accordo di Oslo, grande anche un evidente impegno personale, soggettivo, dei singoli che possedevano o producevano questo cimitero di artiglieria posta adesso in file ordinate, con cartelli e manichini dimostrativi. Ci sono, allineate per terra e su banchi, file di mitragliette, di mortai, katiusha, missili; armi pesanti anticarro, fucili automatici, pistole, bombe a mano, caricatori, pallottole di ogni calibro, divise e travestimenti, esempi di cinture da terrorista suicida private dell'esplosivo, un manichino in divisa militare e kefiah, papaline ebraiche e parrucche per travestimenti, canocchiali da cecchino per notte e giorno, montagne di baionette e coltelli da combattimento, e perfino scimitarre e spade. Si tratta più o meno di 1500 pezzi, come spiega il colonnello Gilad Ras, che rappresentano dal 10 al 15 per cento circa delle armi catturate: le altre sono andate distrutte o non possono essere messe in mostra perché pericolose (quelle a base di esplosivo). Il cinquanta per cento sono illegali, ovvero procacciate in vario modo in violazione dell'accordo di Oslo secondo il quale Rabin e Peres consegnarono ad Arafat 30mila kalachnikov e M16 per la sua polizia che avrebbe dovuto sorvegliare l'ordine pubblico interno e battere le forze estremiste. Le cose sono andate in altro modo. Con l'allargarsi continuo dello scontro, l'Autonomia palestinese ha ampliato di molto la sua potenza di fuoco anche con armi pesanti: l'episodio più noto è certo l'acquisto di 50 tonnellate di armi iraniane che erano in arrivo sulla nave Karine A, che fu scoperta e bloccata in mare. Spiega Zeev Schnerson, un ufficiale esperto di balistica, che da questa esposizione sono stati esclusi per ovvi motivi tutti gli ordigni esplosivi, e che la cintura è solo un esempio; parte delle armi sono comprate all'estero, parte rubate all'esercito israeliano (insieme con alcune divise), parte fatte in casa. Il supermarket delle armi palestinesi è professionale, ma anche molto domestico: tante pistole e mitragliette portano inciso in caratteri arabi, molto istoriati e colorati, talora fluorescenti, il nome del combattente o un motto. Vediamo cinque mitra dell'esercito libanese (la loro origine e persino un cedro sono impressi sul calcio) probabilmente passate dagli Hezbollah ai palestinesi; una trentina di Rpg antitank russi, svariati invece fatti casa, uno somiglia proprio a un trombone; in tutto saranno una cinquantina di tubi in grado di lanciare grossi proiettili a quattro chilometri e mezzo di distanza. C'è una fila di fucili Cobra turchi, molto efficienti e moderni, a quel che si dice; mitragliette nuove Heckler e Koch Mps del genere usato dalla Delta Force americana. Molti i kalachnikov, che al contrario delle altre armi sono legali, salvo quelli acquistati (ce n'è uno egiziano) o autoprodotti in sovrannumero. Ce ne sono fabbricati in Cisgiordania da fabbriche segrete, con monetine dorate inserite nel calcio. Illegali gli M16 che vediamo talora attrezzati con i cannocchiale da cecchino (possono sparare fino alla distanza di 600 metri-un chilometro). Ci sono fucili di fabbricazione cinese e russa, specie AK47, su cui si può inserire la baionetta. Parlano di storie personali misteriose che chissà come sono andate a finire, le armi fatte in casa, i fucili automatici col calcio e il grilletto dorati o argentati, le pistole, i coltelli personalizzati. Vicino giacciono mitologiche scimitarre e un grosso machete molto diffuso. I coltelli sono centinaia, grandi, dotati di un attrezzo capace anche di tagliare recinzioni metalliche. Ci sono molte pistole personalizzate: Colt col cavallo dorato ben lucido, una Beretta made in Egypt, una Helwan calibro 9, Smith and Wesson dorate e argentate, Ruger, FNHB belghe, alcune col calcio di madreperla o di legno. C'è anche una Lady Lock 26, di plastica e quindi leggera, « bellissima» , dice l'ufficiale. Ci sono pistole HK tedesche col silenziatore, del genere che usa in certe azioni, per esempio, l'Fbi. Molti calci dimostrano una cura particolare, un'estetica specifica. E' esposto un cannocchiale notturno assolutamente proibito, come tutte le attrezzature da cecchino. Caricatori in quantità fabbricati in casa e all'estero. Un mitra che « può trapassare un’ auto da parte a parte, anche da molto lontano» , spiega l'ufficiale. « Quasi tutte queste armi - dice - sono adatte agli agguati lungo le strade» . Molte le mitragliatrici Mag; una quantità di Scorpio fatte dai palestinesi, cioé il tipo di mitraglietta che Arafat porta sempre con sé . Molto significativi, almeno sembra, gli Rpg iracheni Al Nasirah, calibro 40 millimetri, con su scritto chiaro « Made in Iraq» . Ognuna di queste armi illegali ha una sua strada specifica, attraverso il confine egiziano, sulle acque del mar Rosso, dalla frontiera con il Libano tramite emissari degli Hezbollah o dell'Iran: un mosaico complesso e di certo messo insieme con molto tempo, molta pazienza e determinazione.

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