Fiamma Nirenstein Blog

LA MOSSA DI ARAFAT

mercoledì 3 aprile 2002 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein FRA i tanti dubbi apocalittici che vengono osservando la guerra israelo-palestinese, una certezza però c’ è : Arafat ha già vinto. Il suo volto al lume della candela, le sue invocazioni, il coro di denunce con cui il mondo segue la sua sorte, la mobilitazione di stampa, di movimenti, di organizzazioni internazionali per fermare i carri armati israeliani sopravanzano di gran lunga sia l’ esame dello svolgimento effettivo dello scontro, che le ragioni di Israele davanti al terrorismo suicida che lo devasta. Arafat è sempre stato un genio dei media, capace di trasformarsi a piacimento da guerriero a vittima, da terrorista a mediatore a pacifista. Basta ricordare l’ Achille Lauro dove da mandante si fece mediatore e quindi salvatore. E ha sempre saputo che la forza dei carri armati è sempre sanzionata duramente, che gode di un cavalleresco vantaggio di stampa chi viene attaccato con mezzi tecnologici duri, evocativi, pesanti come un tank. Così , il prisma attraverso cui il mondo guarda agli eventi è quello dello stereotipo del forte che si avventa sul debole. Arafat l’ ha messo in moto magnificamente, e sarà così , sempre di più , ogni giorno del conflitto. Il rischio di questo atteggiamento è quello di parteggiare per la continuazione del conflitto. Perché è del tutto legittimo sostenere che esiste il grande problema dei Territori e dello Stato Palestinese, ma è altrettanto evidente che finché ad Arafat non si riconosce invece lo stato di un uomo forte, ovvero perfettamente in grado, come è , di fermare se non tutto una parte predominante del terrorismo, non è possibile arrivare a nulla. Israele non può trattare se sottoposto a una strage quotidiana. E’ proprio compiangendolo e quindi sollevandolo dal dovere di ordinare che il terrorismo suicida abbia fine che si manca il punto centrale: chi vuol vedere Israele come uno Stato ontologicamente oppressivo e dannato, lo faccia pure. Ma non riconoscere che oggi gli israeliani hanno il problema evidente, cogente, urgente, di fare cessare un terrorismo che ha fatto 150 morti e più di 800 feriti in un mese, e che Arafat può farlo o almeno che lo deve chiedere a gran voce, vuol dire tradire la realtà . Possiamo auspicare sinceramente che torni a essere il grande raiss dei palestinesi, quello che non possiamo fare è fingere che sia un povero vecchio impotente. Basta che dica: « Terroristi suicidi, fermatevi, lo shahid non è più il nostro eroe» e Sharon sarà davvero con le spalle al muro. A questo punto i pacifisti si facciano vivi. Prima, vadano anche a difendere i ristoranti israeliani.

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