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La moglie di Arafat alla signora Rabin: aiutiamo i nostri mariti La p ace delle First Ladies

giovedì 6 maggio 1993 La Stampa 0 commenti
TEL AVIV UN gesto iperclassico e stupefacente nello stesso tempo quello che ha compiuto ieri la giovane moglie di Yasser Arafat, Suah, che , e che lo ha sposato a 29. Iperclassico perché è l’ inno di una donna alla pace secondo la migliore tradizione, dalla tragedia greca alla Terza Internazionale: premier israeliano , incontriamoci a Gerusalemme, ho qualcosa da dirti. Possiamo fare molto io e te per dare una mano ai nostri mariti per contribuire alla pace. Seguono una serie di affermazioni che più volte le donne hanno compiuto nell’ ambito dei movimenti per la pace: inutili morti dei nostri figli. Poi Suah si riferisce affettuosamente ai costruire la pace. Il messaggio della signora Arafat è in apparenza semplice, diretto, guidato da un empito. Sarebbe bello per tutti noi, è il primo pensiero che viene alla mente, assistere all ’ incontro tra l’ elegante e anziana signora Rabin, una volta bellissima, compagna di Yitzhak dai tempi eroici del Palmach, l’ esercito degli ebrei precedente alla fondazione dello Stato d’ Israele, e la giovane donna araba che suggerisce con il suo gesto un’ idea affascinante: nel bel mezzo del mondo arabo esiste una donna palestinese più emancipata e più moderna delle altre, più attiva e non soggetta a tentazioni integraliste. Un incontro come quello proposto dalla signora Arafat non è tuttavia cosa facile. Quanti pensieri nascosti, quanti complessi reciproci abbiano le donne arabe e quelle israeliane, lo sa bene chi contempla ogni giorno la differenza dei due mondi. Basta scanalare la tv: dalla Giordania e dall’ Egitto pingue signore dalle unghie laccate ostentano sguardi lunghi mentre a casa nascondono castissime hamula la famiglia patriarcale in cui miriadi di fratelli, padri, madri, zie condividono le miserie, le abitazioni, le ricchezze, le gelosie La tv israeliana invece mitraglia volti ashkenaziti di intellettuali consunte dal pensiero e dall’ emancipazione, rotonde soldatesse diciottenni che arrossiscono per nulla mentre imbracciano il mitra, modelle di Tel Aviv geometrizzate e postmoderne. Qual è la pace che questi due mondi sognano? Che cosa queste donne possono realmente mettere in comune al di là della mistica di una femminilità a cui nessuno dei due mondi, per motivi opposti, crede ? Qualsiasi donna israeliana avvezza alla politica, adesso commenta così nella sua casa la proposta di Suah: non s’ ha da fare. Fiamma Nirenstein

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