LA MEMORIA E LA BAMBINA PITTRICE INCONTRA AUSCHWITZ
giovedì 16 luglio 1998 La Stampa 0 commenti
CHARLOTTE è una fanciulla berlinese, una bionda creatura dell'alta
borghesia tedesca, ebrea secondo la linea del padre Albert Kann,
che "con buon senso cercava di non contravvenire troppo alle
interdizioni alimentari bibliche care alla sua religione e con il
buon senso restante vi contravveniva. Riteneva che la continuazione
della progenie andasse misurata con il metro dell'erudizione in
casa e con il metro del denaro per strada". A Charlotte viene
imposto alla nascita il nome di un'altra fanciulla sublime, la sua
misteriosa zia, suicida a diciotto anni: più avanti sua madre
Franziska che la cresce fra un lied di Schumann e una poesia di
Heine, si uccide a sua volta. Alla bambina, che aspetta che la
mamma sotto forma di angelo si presenti di notte alla sua finestra
per rivelarle, come le aveva promesso, i segreti del cielo, non
viene mai rivelato, invece, neppure il segreto dei due suicidi,
finché , ormai in piena seconda guerra mondiale, in un rifugio
francese, anche la nonna sceglie di morire lasciandosi cadere nel
vuoto. Qui Charlotte diviene consapevole della storia della
tragedia matrilineare che sente fiatarle addosso. Ma prima che si
trasformi in destino, la giovane donna, ventiseienne, decide di
trasformare il fato nell'arte appresa in patria: la pittura. La
furia creativa di Charlotte darà vita a più di mille
acquerelli-racconto di vita. Intanto la donna si sposa con un altro
giovane rifugiato e resta incinta prima di venire deportata e
uccisa ad Auschwitz il 12 ottobre 1943. Questa storia vera
trasfigurata dalla narrazione di Bruno Pedretti al suo primo
romanzo, autore finora di saggi e libri d'arte, è uscita per i
tipi della Giuntina col titolo Charlotte, la morte e la fanciul la,
dal titolo del famoso lied che Franziska cantava alla piccola
Lotte: "Dammi la tua mano, bella creatura delicata. Sono un'amica,
non vengo per punirti. Su, coraggio non sono cattiva, dolcemente
dormirai fra le mie braccia". La morte è la deuteragonista di
Charlotte. Sia la prosa che la vicenda della fanciulla sono un nodo
di passione, un dibattersi eroico con una vicenda epocale che
avrebbe invece tutti i tratti della fatalità . Pedretti, che ha
incontrato allo Joods Historisch Museum di Amsterdam i dipinti di
Charlotte Solomon (questo il vero nome della protagonista),
dimostra il coraggio dell'innamorato, e lo comunica al lettore, che
lungi dal venire depresso dalla vicenda dei tre suicidi al
femminile seguiti dalla "morte della fanciulla", ne viene esaltato
e trascinato. Ogni sentimentalismo è bandito, chi legge non ha
scampo: deve misurarsi con il destino ebraico europeo agli inizi
del nazismo accompagnando la bambina pittrice su un sentiero di
avventure asciutte con la sola consolazione della cultura europea,
della musica e della poesia. E infatti trova una ricompensa della
sua fede nelle venti riproduzioni a colori dei quadri di Charlotte
pubblicati in coda al volume. E qui può rileggere nell'ottimo
tratto pittorico e nei colori solari e sanguigni di Charlotte
quello che Pedretti ci ha appena raccontato: il lutto vissuto come
tragedia ma anche come potenza, arma di una invincibile
femminilità ; la tragedia sopravanzante dell'antisemitismo, con i
fischi e i volantini contro i gorgheggi prima tanto applauditi
della matrigna Paula; la manifestazione che detronizza dal
monumento l'amato Heine, gli studi all'Accademia d'arte e la messa
al bando degli artisti preferiti, Nolde, Munch, Kokoschka,
Chagall. Anche il primo grande amore, poi perduto nella fuga, è
una creatura distrutta, segnata, eppure invincibile a causa della
passione letteraria e musicale tutta tedesca di cui è impastato.
Amadeus Daberlohn, al secolo Alfred Wolfsohn, il maestro di musica
della matrigna Paula, fra i continui fumi del vino per cui la
ragazza lo ritrae come infilato in una sempiterna bottiglia, le fa
il regalo del risveglio dell'amore sensuale, del Libro dei canti di
Heine salvato clandestinamente dal rogo nazista, e
dell'assicurazione di una grande fiducia artistica. È il bagaglio
che serve a Charlotte quando decide di raggiungere i nonni materni
a Villefranche sur Mer, vicino a Nizza. Dopo il suicidio della
nonna Charlotte si chiarivano le geometrie del destino che stavano
stendendo l'insindacabile drappo naturale sulle sorti storiche e
sulla sua vita. Il tormento che le montava dentro veniva dalla
coscienza del lascito in lei iscritto... si chiedeva se
l'afflizione senza meraviglia... fosse il segno primigenio che le
indicava il sentiero per ricongiungersi alle tre suicide, oppure se
ci fosse qualcosa in lei che le consentisse di camminare evitando
di ricalcare le orme delle sue donne. È una domanda alla quale
Pedretti non dà in realtà risposta, perché l'immensa rigogliosa
esplosione artistica della fanciulla sembra uno di quei lampi
meravigliosi per luminosità che preludono a una tempesta
definitiva. Sarebbe bello pensare che Charlotte abbia vinto la
morte con l'arte, ma sembra di più , dato l'epilogo, che invece il
suicidio delle tre amate consanguineee di Charlotte somigli a
quelle autoeliminazioni di intere specie, come talvolta fanno i
delfini o le orche, prima della Shoah che si prende anche
Charlotte. La foto della fanciulla bionda all'inizio di questo bel
romanzo prende il cuore, e lo stringe fino alla fine.
Fiamma Nierenstein