La mamma: « Era felice per il cessate il fuoco»
lunedì 14 agosto 2006 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
Uri Grossman era un ragazzo con i capelli rossi come quelli di suo padre
David, aveva un famoso senso dell’ umorismo, voleva fare teatro e andava alla
stessa scuola laica, allegra e caotica di Gerusalemme che fu a suo tempo
frequentata da mio figlio, la Scuola Sperimentale. Ci dicono che aveva
desiderato essere un comandante di tank, perché tutti i ragazzi in Israele
sanno che accanto alla vita c’ è anche il rischio di perderla e sempre
cercano il modo migliore possibile per viverla e anche per conservarla.
Uri aveva telefonato a mamma e papà venerdì dal confine del Libano contento
che si stesse raggiungendo la tregua e aveva detto che sabato sarebbe forse
venuto a casa a Mevasseret, nella pace della campagna. « Aveva un’ anima
grande - ricorda la mamma - piena di vita» . Il suo volto sorride dunque
spiritoso dalla piccola foto che si affianca a quella dei 24 uccisi sabato,
mentre l’ esercito israeliano cerca di arrivare più lontano possibile, al
fiume Litani, nella speranza di garantire un futuro di pace. Come altri
ragazzi che sabato hanno perso la vita, era pieno di futuro. David gli aveva
dato insieme alla moglie Mikhal la migliore educazione alla pace,
all’ umanità , e anche al senso di essere israeliano. Perché essere israeliano
è un’ avventura così diversa da quella degli altri ragazzi del mondo. E forse
guardando la tragedia del figlio del famoso scrittore pacifista, guardando
il suo viso che resta impresso data la fame del padre, a fronte degli altri
cento soldati uccisi, ci si può identificare con l’ immenso coraggio di chi a
venti anni si avvia nella notte, nel silenzio verso l’ agguato di un nemico
che da sempre ti vuole morto. Sono ragazzi coraggiosi, carichi di un senso
di responsabilità verso casa e famiglia che non è richiesto a nessun altro a
quell’ età . Questo è essere israeliano, e accanto a questo è mille altre cose
possibili.
David Grossman, uno dei pacifisti e degli intellettuali più noti di Israele,
è anche una delle persone più gentili e determinate che abbia mai
conosciuto. Ha sempre, anche nei suoi scritti, vissuto questa avventura
coraggiosamente fino in fondo. Lavorando alla memoria dell’ Olocausto in
« Vedi alla voce amore» , battendosi per trovare la pace con i palestinesi e
però rivelando stupore e ira di fronte al terrorismo suicida, e adesso
dichiarando quest’ ultima guerra giusta, chiedendo poi però di fermarla
quando ha capito che aveva concluso il suo ciclo. Adesso, condivide la sorte
dei genitori di Yar, Yaniv, Zvi, Itai, Yossi, Tamara, Aron..., ragazzi che
Israele ha perduto mentre avanzavano nel Libano dove Israele non avrebbe mai
voluto tornare. Ragazzi pieni di vita e di progetti, ma che sono andati in
battaglia senza che la paura potesse fermarne il valore. Grossman nella sua
perdita è pienamente israeliano, come lo è sempre stato nel suo pacifismo.
Gli altri genitori appartengono certo a tutti i credo politici, hanno altre
storie, magari meno popolari nel mondo. Tutti però avevano dei figli
meravigliosi, quelli che ognuno desidera.