La lunga ombra della Bomba islamica Israele potrebbe uscire allo scop erto con il suo arsenale
venerdì 29 maggio 1998 La Stampa 0 commenti
TEL AVIV
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La bomba pakistana potrebbe essere il grande detonatore della
potenza nucleare islamica? Potrebbe rappresentare una premonizione
del sogno dell'Iran, ovvero una bomba sostanzialmente
antioccidentale, una bomba dei reietti della Terra contro la
ricchezza del nostro mondo? La bomba di un Paese in cui il 70 per
cento della popolazione non ha accesso diretto a fonti di acqua
potabile contro l'Occidente corrotto, o comunque contro gli
infedeli di cui l'India sarebbe in questo momento un avamposto, per
quanto spurio? Samuel Huntington nel suo famosissimo libro "Lo
scontro delle civiltà " ammonisce oltre che contro un'endemica
aggressività del mondo islamico, provata statisticamente, contro
l'espansione e l'intensificazione di un asse islamico- confuciano
(bisogna ricordarsi che la bomba esplosa dall'India a scopo
dimostrativo era volta più che altro contro la Cina) e ricorda gli
stretti rapporti tra Pakistan, Iran e Cina all'inizio degli Anni
Novanta. Di quel momento, si ricordano le visite del presidente
Yang Shangkun in Iran e in Pakistan, e di Rafsanjani in Pakistan e
in Cina. Rafsanjani dichiarò a Islamabad che tra Iran e Pakistan
esisteva un'alleanza strategica, e che un attacco al Pakistan
sarebbe stato considerato come un attacco all'Iran. Per rafforzare
il legame nel '93, appena eletta, Benazir Bhutto visitò l'Iran e
poi la Cina. Più avanti Gheddafi si è dichiarato un appassionato
sostenitore di un'alleanza fra Islam e Cina come bastione contro
l'Occidente. È uno scenario metafisico, o contiene qualcosa di
realistico?
Se lo si chiede a Joseph Alpher, ex direttore del centro di studi
strategici più qualificato d'Israele, il Jaffee Center for
Strategic Studies, e ora direttore del potente Comitato Americano
Ebraico (AJC) in Medio Oriente, prima di tutto egli scansa il tema
cinese: il comportamento futuro della Cina è assolutamente
imperscrutabile, si starà a vedere. Le bombe pakistane, comunque,
sono foriere di un clima teso e difficile, portano la brutta
notizia della volontà di usare la loro capacità nucleare da parte
di due grandi potenze del Terzo Mondo. Tuttavia, non si scorge
ancora nessuna traccia di guerra atomica religiosa. "Ci sono due
possibili scenari. Uno propriamente regionale - dice Alpher - in
cui si può sperare che questi due Paesi tradizionalmente nemici
fra di loro, ora che si sono vicendevolmente mostrati i muscoli,
sentano la classica deterrenza che porta alla guerra fredda, e che
serve appunto da contenimento. Così ha funzionato fra America e
Russia. Poi c'è uno scenario più ampio, in cui esiste anche
l'incognita della Cina; in cui i Paesi islamici che come l'Iran
vogliono assolutamente la bomba atomica, si sentono ancora più
pressati verso la competizione. Ma, fattualmente, che cosa può
cambiare? L'Iran sta già facendo uno sforzo enorme per ottenerla
con la tecnologia russa, quindi, che altro può fare? Se il
Pakistan avesse voluto fornirgli tecnologie atomiche, l'avrebbe
già fatto da tempo. Certo, l'eccitazione della bomba può essere
contagiosa verso qualche Paese musulmano anche in Medio Oriente. Ma
in sostanza, sapevamo già da tempo che il Pakistan aveva
l'atomica, e questo non ha cambiato molto le cose. Ripeto, certo
non è una bella notizia, non crea stabilità e senso di pace nel
mondo musulmano, ma non mi sembra che si possano scorgere
possibilità concrete per sviluppi troppo rapidi verso un vero
pericolo atomico islamico". In particolare per Israele ci sono
forse due novità in vista: forse l'apertura di un dibattito che
porti questo Paese che finora ha conservato l'ambiguità del
nucleare (tutti sanno che Israele ha la bomba, ma esso non l'ha mai
ammesso ufficialmente) a mostrare che a sua volta in Asia, oltre
all'India e al Pakistan e alla Cina, c'è qualcun altro che
possiede il terribile ordigno. Ma Alpher esclude questa
possibilità con decisione: "Finché il tema del nucleare riesce a
esser tenuto fuori del conflitto mediorientale, c'è ancora qualche
speranza di risolverlo. L'esempio indiano è semplicemente
disastroso". L'altra brutta sorpresa è quanto poco conti Clinton,
e quanto poco abbia influenzato prima l'India e poi il Pakistan.
Certo questo non è di buon auspicio per il Medio Oriente, e in
generale per la pace fra il mondo musulmano e quello
giudaico-cristiano.
Un altro interlocutore che è il capo della commissione difesa e
sicurezza della Knesset, il laborista ex viceministro degli Esteri
di Peres, Ori Orr, risponde in modo molto israeliano, molto secco
alla questione della "bomba islamica": "Non mi risulta che il
Pakistan sia in nessun modo un nemico di Israele, e nemmeno
dell'Occidente in quanto tale. Per ora, chi cerca di fare la bomba
islamica, ai miei occhi seguita ad essere l'Iran. E anche questa è
una scusa: il suo vero obiettivo è sempre l'Iraq, l'apertura sul
Golfo. Un conflitto nucleare religioso ancora non lo vedo
all'orizzonte". Per quanto? Difficile dirlo.
Fiamma Nirenstein
