LA GUERRA IMPOSSIBILE
mercoledì 5 dicembre 2001 La Stampa 0 commenti
                
Fiamma Nirenstein 
IL presidente americano George Bush tentò all'inizio della sua 
guerra al 
terrorismo una mossa che è andata male: tener quieto il conflitto 
israelo-palestinese per non dare fuoco alle polveri nell'area 
mediorientale. 
La sua politica è fallita proprio su un grave errore che gran parte 
dell'opinione pubblica europea seguita a fare (mentre gli americani 
danno 
segno di cominciare a capire). C'è infatti un modo tradizionale, 
precedente 
al dilagare dell'estremismo islamico, di guardare al conflitto 
israelo-palestinese: secondo quella visione, esistono due parti con 
ambizioni territoriali su un medesimo lembo del mondo, e occorre che 
si 
siedano intorno a un tavolo di pace. Speriamo presto si torni a 
questo. 
Ma questa impostazione vale solo fino al grande rifiuto di Camp 
David, 
quando Arafat tornando dai suoi dopo aver detto « no» alla larga 
proposta di 
Ehud Barak, fece il segno della V: era un segno di trionfalismo 
massimalista, in sintonia con i nuovi tempi e con gran parte del 
mondo 
islamico. Su quest'onda di entusiasmo Arafat ha lasciato che 
fiorissero le 
organizzazioni estremiste islamiche e che scorresse il fanatismo fra 
le sue 
stesse file. 
L’ imam della Moschea di Omar, come altri mezzi di comunicazione 
palestinesi, 
spesso ha chiamato a « distruggere l'ingiusto Stato d'Israele, 
l’ America e lo 
Stato britannico» . I terroristi suicidi sono stati glorificati dalla 
tivù ai 
libri di testo. Gli ebrei sono stati messi in caricatura col naso 
adunco e 
le mani grondanti di sangue. 
Prima si torna a parlare di fine dell'occupazione dei territori, di 
Stato 
palestinese, di processo di pace meglio è . Ma in questa fase il 
perimetro 
del conflitto in corso è interno a quello della guerra al terrorismo. 
Gli 
Usa l'hanno capito. Lo scontro mediorientale sta affrontando una fase 
cruciale: poi, si passi subito alla pace, ai confini. 
            