LA DURA VITA DELL’ AUSILIARIO AVSHALOM FA L’ AGRICOLTORE, MA QUANDO L APATRIA CHIAMA LUI PARTE In prima linea a cinquant’ anni
lunedì 7 agosto 2006 La Stampa 0 commenti
I dodici uccisi falciati da un missile nel kibbutz Kfar Giladi, al nord,
erano soldati del « miluim» , le riserve appena arrivati al posto di
arruolamento. Erano tutti paracadutisti nell’ esercito, ma normali impiegati,
avvocati, attori, medici, professori universitari nella vita di tutti i
giorni... gente che compone il puzzle variegato della società israeliana,
che per legge e per passione compie ogni anno, in tempi normali un mese di
servizio nell’ esercito,il « miluim» le riserve, e che quando la guerra
chiama, lasciano tutto all’ improvviso, gettano nella borsa un po’ di
biancheria e afferrano il sacco a pelo e partono. Incoraggiano la moglie che
li accompgana alla base, sono contenti di rivedere gli amici che servono con
loro da quando avevano 18 anni; e alla morte, non pensano. Vanno a rischiare
la vita; ma si preoccupano di dove lasciare il cane, o di come avvertire i
pazienti che l’ appuntamento è cancellato.
Per loro non esiste nessuna altra alternativa: « C’ è un senso di
responsabilità reciproca, c’ è una gara per aiutare il Paese e l’ un l’ altro» .
Così la pensa uno di loro: ha la faccia stanca e gli occhiali scuri, la
barba grigia quasi sempre nasconde un sorriso. Sotto un eucalipto e in mezzo
ai resti di picnic familiari che i soldati hanno fatto nel fine settimana su
quei tre tavoli di legno scassati, fuori della base, racconta soprattutto di
grano, ulivi, pesche, mucche. Non di guerra. E’ un agricoltore, anzi, come
gli piace civettare « un vecchio agricoltore» . Avshalom ha 47 anni, potrebbe
aver smesso da sette anni di servire nell’ esercito, perchè il servizo è fino
a 40 anni, e invece ieri sera, dopo alcuni giorni di esercitazioni, si è
avviato verso il Libano insieme a una grande unità di riservisti di tutte le
età . Si sente più tranquillo ora che ha raggiunto i suoi due figli dentro
questa guerra, si fanno compagnia anche se i figli servono in altre unità .
E’ uno dei 18 mila che nelle ultime tre settimane sono stati richiamati per
la guerra? « No, io non sono stato richiamato. Sono venuto da solo. Ognuno di
noi sa dove andare esattamente. Siamo squadre compatte dal tempo dell’ altra
guerra del Libano, serviamo insieme, siamo amici per la pelle anche fuori di
qui, insieme ne abbiamo passate di tutti i colori. Mai avrei potuto
abbandonarli in una guerra senza scelta, come questa. Ero in vacanza in
America, a Los Angeles, con mia moglie e i miei due figli, quando il 12
luglio abbiamo visto alla CNN quello che stava succedendo. Proprio in quel
momento mi telefonano i miei dalla fattoria, che è nel Moshav Arbel. “ Tutta
la vallata è in fiamme” , mi dice mia madre “ uno dei cani è bruciato vivo,
gli animali sono fuggiti” . Sembra stano che ne parli adesso adesso mentre
dodici dei nostri compagni sono stati uccisi, ma gli alberi, gli animali
sono tutte conquiste che abbiamo fatto su una terra brulla, inospitale. Un
albero qui è molto importante, quando brucia è la mia vita intera che viene
messa in discussione. Aloora abbiamo preso il primo aereo» .
L’ esercito ha probabilmente quasi 500 mila riservisti, ma il numero è
segreto e forse imprecisato: « Quando è cominciata la guerra, in questa base
è arrivato il 30 per cento in più delle persone che ci si aspettava. Questo
lì per lì ha provocato scompiglio anche rispetto alle attrezzature, divise,
fucili, automezzi,posti letto... ci sono state lamentele, ma poi lo spirito
di iniziativa e di adattamento ha aiutato. Piace a qualcuno pensare che
siamo gente viziata, perchè il tenore di vita è occidentale, viviamo nel
capitalismo,ci piace divertirci e vivere bene. Ma è un errore credere che
questo sia il nostro carattere principale. Noi siamo abituati a essere l’ uno
per l’ altro, non importa quale sia il prezzo» .
Mentre parliamo, passano ragazzini di poco più di vent’ anni: « Nel miluim ci
sono di tutti i tipi: il servizio militare finisce a venti, ventuno anni.
Quindi io mi trovo con compagni dell’ età dei miei figli. Sono un po’ gelosi:
sanno che mi piace fare da babbo ai loro coetanei che magari sono tesi, sono
a volte anche impauriti dalla responsabilità e dal pericolo di vita. Uno di
questi mi chiama appunto “ abba” papà » .
« La cosa più buffa però riguarda il mio “ abba” : ha settantacinque anni, mi
ha chiamato dalla fattoria per chiedere se può magari guidare un Rio (uno
dei pickup da trasporto ndr)” o rendersi utile in qualche altro modo» . Che
ci va a fare in Libano? Non gli è bastata una volta? « Certo, non c’ è niente
per noi in Libano...» suona il telefono. Risponde: dalla fattoria, sua madre
gli fa sapere che di nuovo un paio di katiushe, in questo giorno terribile
in cui ne sono cadute tante uccidendo, ferendo, distruggendo, hanno
distrutto e appicato fuoco intorno alla fattoria. « Lo vede? Non mi faccia
domande di storia, il presente è quello che conta. E il presente è quello in
cui l’ odio di Nasrallah dà fuoco alle foreste, e distrugge le vite» .