LA DIRETTA TV DELL’ ASSALTO DEI KAMIKAZE « Qui sparano nel giardino i bambini sono sotto il letto»
giovedì 4 ottobre 2001 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
IL teleschermo, acceso in tutte le case all'ora di cena, è vuoto: il
cronista riassume la situazione che ha quasi distrutto il flebile
cessate il
fuoco in corso. Racconta, senza immagini dato che ci vorranno ore
prima che
i cameramen di tutte le tv del mondo arrivino sul posto, che a Alei
Sinai,
sul bordo fra Gaza e Israele - un insediamento che è un villaggio di
mare a
scarso sfondo ideologico - sono entrati dei terroristi e stanno
lanciando
bombe molotov, granate, sparano sulla gente e i bambini sui prati di
fronte
a casa. Non si sa quanti sono, non si sa dove sono. Adesso la gente è
asserragliata in casa, con le porte e le finestre sbarrate, la luce
spenta.
Le sirene suonano, gli altoparlanti dell'esercito danno ordini.
E qui inizia, nella nottata fra martedì e ieri, un altro di quegli
orribili
miracoli della tv cui siamo ormai abituati, ma da cui usciamo sempre
stupefatti. Il terrore in diretta. I telefoni della tv sono tutti
attivati.
Le telefonate fioccano dalle case degli assediati e i cronisti, a
loro
volta, chiamano in diretta quanti più cittadini. « Siamo al buio,
sento fuori
gli spari, i bambini sono sotto il letto. L'esercito ci ha ordinato
di non
fare nulla, i soldati là fuori cercano i terroristi» . « Li ho visti
scavalcare il recinto, in due, forse in tre. Sono entrato in casa con
i
bambini, li ho fatti entrare nella camera più lontana dall'ingresso,
e ora
sono qua davanti. Dovranno passare sul mio corpo, li aspetto, sono
armato» .
« Vi prego, qualcuno cerchi di sapere cos'è successo alla famiglia dei
miei
vicini. Erano qui con noi fino al momento in cui sono cominciati gli
spari,
da allora cerco di raggiungere la mia amica per telefono, non c'è
risposta...» . « Pronto, che cosa succede? Dicono che i terroristi sono
asserragliati in casa con degli ostaggi. Che la mamma mi telefoni,
per
favore, non vorrei che fosse nelle loro mani» . « Siamo assediati in
bagno,
siamo la famiglia Achmon, noi e i tre bambini stiamo bene. I bambini
sono
eroi, siedono qui da tre ore con noi al buio, la piccola di tre anni
ubbidisce come un soldatino, stanno zitti e tranquilli. Il più
grande, sette
anni, Eli, è scappato con gli amici verso la casa dei vicini. Ma sono
tranquillo per lui, quella casa ha un rifugio blindato. Da noi è
molto
difficile, stiamo stretti. Mi hanno sparato addosso da lontano, sono
ferito
leggermente, ho fatto in tempo a buttare in casa i ragazzini, tutti
in
bagno. E in quel momento i terroristi hanno tirato una granata in
casa. E'
scoppiata dentro, è un miracolo che siamo vivi» .
Nel buio, c'è persino chi si avventura in durissime accuse contro il
Governo, che non ha costruito una barriera seria: « Sulla nostra pelle
avete
risparmiato! E l'abbiamo chiesta mille volte» . Altri, invece, fanno
una
dichiarazione politica, la stessa che ieri fra le lacrime ha ripetuto
al
funerale il padre di Liron Assaf, 20 anni, uccisa mentre faceva una
passeggiata romantica con il suo Ytzich, 19 anni, che era venuto a
trovarla
nella sera di festa di Succot e per questo è morto: « Che errore avete
fatto,
non sapete che popolo testardo siamo noi. Più cercate di sradicarci,
più
siamo qui, con le radici ben infisse nella terra» .
Ieri Fuad Ben Eliezer ha vissuto il seguito dello psicodramma
notturno. Un
cittadino, Yzhack Gabbai, lo ha aggredito: la politica di Israele,
che da
una parte lancia le truppe al contrattacco e dall'altra non chiude le
porte
ad Arafat cercando di compiacere gli Usa che chiedono silenzio in
zona, non
soddisfa il bisogno di sicurezza della gente. Israele discute
accanitamente
delle dichiarazioni di Bush, non tanto perché ha dichiarato la
necessità di
uno Stato palestinese - Sharon aveva fatto la stessa cosa una
settimana fa;
l'idea è passata da tempo - quanto perché credeva che gli Usa, avendo
sperimentato direttamente il terrorismo, avrebbero capito meglio il
punto di
vista israeliano.
Invece, per ovvi motivi, gli alleati di sempre preferiscono inserire
nella
loro politica e nella loro coalizione Stati e personaggi che il
terrorismo
hanno sostenuto e organizzato; e inoltre compiono proprio oggi una
sorta di
promozione internazionale della figura di Arafat, per quanti attacchi
terroristici possano provenire dall'Autonomia Palestinese (scoppi,
agguati,
incursioni: secondo i calcoli di Israele, 20 al giorno dall'incontro
Peres-Arafat) e soprattutto mentre Arafat rifiuta di arrestare almeno
qualcuno dei 108 terroristi che Peres gli ha segnalato. Le dure
risposte
militari, che negli ultimi due giorni hanno fatto molti morti fra i
palestinesi, sono segno di impazienza e soprattutto della volontà di
dire
agli americani: « Considerate meglio il rischio terrorismo che noi
corriamo,
perché comunque non intendiamo viverlo passivamente» .