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LA DIFFICILE POSIZIONE DEL MINISTRO DEGLI ESTERI LABURISTA CRITICATO ANCHE DA DESTRA La guerra della colomba Shimon Peres Sinistra e pacifisti al Nobel: abbandoni questo governo

domenica 7 aprile 2002 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME NELLA generale ondata di biasimo internazionale che ha investito Israele in questi giorni dell’ operazione « Muro di difesa» , sembra che anche Shimon Peres, Nobel per la pace, ministro degli Esteri del governo Sharon, venga da più parti scambiato per un carro armato: alcuni membri della commissione del Comitato norvegese per il premio Nobel per la pace rimpiangono alquanto di avergli assegnato, insieme con Rabin e Arafat, l'ambito riconoscimento, e anzi glielo vorrebbero ritirare. Hanna Kvanmo ha detto che « quanto sta accadendo in Palestina è incredibile, e Peres ne è responsabile in quanto membro del governo» . Il presidente Geir Lundestad si spinge oltre: « Se Arafat fosse ucciso in conseguenza delle azioni israeliane, potremmo dire che un Premio Nobel ne ha ucciso un altro» . Nessun commento sulla possibilità che Peres venga ucciso in un ristorante, prendendo un caffè o attraversando la strada, da un terrorista suicidida di Al Fatah. Al di là delle posizioni della commissione, il laburista Peres è sotto un continuo fuoco di critiche da parte della sinistra, che lo invita a uscire dal governo e a non essere parte della dura operazione militare che porta i carri armati nei Territori: Yossi Sarid, il capo dell'opposizione, e Yossi Beilin, che fu il ministro della Giustizia del governo Barak, praticamente ogni giorno gli dicono che farebbe bene a « lasciare da solo Sharon che ha cancellato il retaggio di Rabin, e quindi quello di Peres stesso» . Fra le file di Pace Adesso, il movimento pacifista israeliano, si dice senza mezzi termini che Peres è innamorato del suo posto, del suo potere, che ci tiene alla poltrona, che resta là contro i suoi stessi principi. In realtà Peres è sempre in prima fila, viso tirato e pallido, volto severo, nel criticare e trattenere il governo, e anche nel cercare di gestire a suo modo la politica estera, sopravanzando Sharon che lo teme e lo rispetta. Per capire Peres, dedito alla pace con tutto se stesso ma anche, letteralmente, primo inventore della forza nucleare di Israele, bisogna partire dal punto che la sua posizione profonda è a favore della guerra al terrorismo. La sera della strage di Natanya durante la cena di Pasqua in cui furono uccisi 26 persone da un terrorista suicida, attentato che fu all’ origine dell'operazione lanciata da Sharon, Peres parlò di « un atto di terrorismo orripilante... Chi ha pianificato e compiuto questo crimine orrendo ha perso ogni sembiante umano e Israele assisterà alla sua punizione... Arafat non ha offerto nulla per prevenirlo, e ne porta su di sé la responsabilità ... Invito la comunità internazionale a esercitare forti pressioni sulla Autonomia palestinese e sul suo leader» . Dunque, Peres condivide i motivi profondi dell'operazione: punire i terroristi. Ma intanto, lavora per minimizzarne le conseguenze: lunedì scorso ha condannato a gran voce Sharon per non averlo coinvolto nelle decisioni strategiche fondamentali. Al suo primo ministro ha detto che con la durezza dell'operazione ha diminuito la grande impressione suscitata nel mondo dagli attentati; che umiliare i palestinesi non serve perché « le infrastrutture del terrorismo non sono tecniche ma umane» ; e che, dunque, un'operazione puramente militare non può che creare nuovo terrorismo. Peres ha tenuto duro nella sua posizione anche con gli inviati americani: ha lavorato perché Zinni potesse incontrare Arafat, e adesso insiste, ora dopo ora, anche in continui colloqui segreti con importanti personalità palestinesi, perché Arafat si decida a dichiarare un cessate-il-fuoco chiedendo pubblicamente ai terroristi di fermarsi. Di più : quando il vice di Bush, Cheney, in visita in Israele disse che non avrebbe incontrato Arafat se ci fossero stati altri episodi di terrorismo, Peres lo prese da una parte in modo però che tutti sentissero, e gli spiegò che era inutile essere troppo severi, che gli sembrava giusto che incontrasse Arafat in ogni caso. Fu uno scandalo enorme, per cui Sharon gli ha quasi levato il saluto. Tutti questi gesti di distensione, la sua palese scontentezza quando l'operazione si fa troppo dura (senza però che questo tocchi la sua convinzione che il terrorismo è un problema centrale, che bisogna batterlo anche con la forza) gli costa una quantità di critiche anche da destra. Scrive a un giornale israeliano il 2 di aprile il signor Milton Polin, di Gerusalemme: « Peres condivide il Premio Nobel con Arafat, e quindi deve sempre difendere il suo “ collega” . Se Arafat è screditato come partner di pace, lo è anche lui. Quindi non può gestire trattative di pace, a meno che non sia ben chiaro che rappresenta Arafat» . Di certo non lo è ai membri della commissione del Nobel.

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