LA CITTA’ DOVE SONO AVVENUTI I PEGGIORI FATTI DI SANGUE DELLA NUOVA INTIFADA Una giornata al confine rovente di Ramallah Il comandante del presi dio israeliano: è di qui che passano tutti i terroristi
sabato 18 agosto 2001 La Stampa 0 commenti
RAMALLAH
LA mattina all'alba Ramallah sembra una cittadina tranquilla e non
il
centro da cui passa ogni operazione terrorista, secondo quello che ci
dice
il colonnello Ilan Paz, responsabile di tutta la zona, comandante
della
brigata Benjamin, la più grande di tutte. La sua roccaforte sta in
alto,
sopra la città che è una dei sette intoccabili centri urbani della
zona A,
ovvero quella sotto controllo palestinese. A Ramallah scende molto
spesso
per le riunioni del suo Parlamento Arafat stesso, con l'intera coorte
dei
suoi ministri e parlamentari. La città ha edifici nuovi, istituzioni
di
polizia (Arafat ha otto corpi di sicurezza) fra cui l'ufficio e la
casa di
Jibril Rajub, con i tetti rossi quasi svizzeri. E' un misto di strana
vicinanza con la metropoli per eccellenza, Gerusalemme, dove la gente
usava
recarsi per acquisti, al cinema, al teatro, e di spietati costumi di
guerra:
qua sono stati trascinati, rapiti con l'inganno, a distanza di pochi
mesi,
due ragazzini, uno di sedici (quello sedotto col computer) e uno di
diciassette anni , uccisi e mutilati. Qui è avvenuto il famoso atroce
linciaggio dei due soldati israeliani che si erano perduti. « E da qui
-
spiega Paz, 41 anni, capelli tutti grigi, volto gentile, figlio di un
Moshav
(una specie di kibbutz) sposato con ben quattro figli - è sicuramente
passato, secondo le nostre indagini, il terrorista della pizzeria
Sbarro.
Veniva dal Jenin, ma il rifornimento strategico e forse l'ultima
spinta
politico-dottrinaria era a Ramallah. Passano quasi tutti, se non
tutti, da
qui; però , non sempre escono con il materiale esplosivo, qualcuno
sembra
aspettarli poco più avanti oltre i nostri check point che senza
eccezione
frugano ogni veicolo, ogni sospetto» .
Paz siede in un ufficio dove è disegnata la sua regione: enorme. 1100
chilometri quadrati, in mezzo a cui spicca rosa Ramallah. Altre zone
rosa
definiscono il territorio A; in giallo chiaro e in verde le zone B,
quelle
miste, e C, quelle israeliane, come gli insediamenti di Ofra e di
Psagot,
bersagliati notte e giorno da pallottole, congiunti a Gerusalemme da
una via
che è diventata la strada record quanto a morti di pallottole
palestinesi.
Col veicolo blindato, passiamo accanto a una serie di luoghi del
delitto. In
zona, cento villaggi palestinesi e 40 israeliani; un'università dove
Hamas
regna, quella di Bir Zeit. Una presenza militare e politica, quella
dei
Tanzim al comando di Barghuti, molto pressante. Da fine maggio,
quando
Israele dichiarò il cessate il fuoco, qui ci sono stati circa 1000
attacchi
con 35 morti. La zona che Paz indica con la mano nei suoi punti
centrali, è
così importante logisticamente perché tutte le strade ci passano:
quella per
Tel Aviv, per Gerusalemme per Amman: « I terroristi, devono tutti
passare di
qui» . Ma in questo modo, Paz lo sa bene, si crea nella popolazione
Palestinese un terribile disagio, si separano famiglie che vivono in
luoghi
diversi, si impedisce l'accesso al lavoro o agli ospedali, si crea un
odio
verso i soldati dei check point che impediscono la vita quotidiana.
« Purtroppo non abbiamo altre soluzioni che controllare tutti, uno per
uno» .
Chi ha visto le stradine vicine ai check point la mattina quando
passano
clandestinamente a centinaia i lavoratori in Israele, sa che questo
non è
vero. « Noi - dice Paz - non abbiamo intenzione di rovinare la vita
della
gente. A me non piace affatto doverli fermare, quindi limito le
ricerche a
ciò che è indispensabile come i veicoli. Anzi, io desidero porre fine
quanto
prima, non appena sarà possibile, alle chiusure. Voglio riaprire nel
primo
momento in cui si possa. Ma così , fermando tutti, uno per uno,
riusciamo a
prevenire molti attentati. Nelle macchine, si cerca soprattutto:
l'esplosivo
stesso; carte; e inoltre si esercita una certa deterrenza» .
Ma proprio i giovani corrispondono all'identikit del terrorista, e
sono loro
che passano a piedi. Paz sorride dell'ingenuità : l'identikit si è
molto
allargato: anche gli anziani non sono alieni da sospetti ma
soprattutto c'è
un nuovo terrorista pericoloso in giro: le donne. Il profilo del
terrorista,
dall'attentato alla Stazione Centrale di Tel Aviv, è cambiato. E come
si fa
a frugare una donna, specie se è una religiosa in abiti tradizionali
islamici? Paz annuncia una novità : un gruppo di ragazze della sua
legione
stanno appunto compiendo un training per scoprire eventuali donne
terroriste
suicide, il pericolo del futuro. Le loro vesti più ingombranti celano
meglio
il volume delle bombe, il loro atteggiamento modesto e in genere la
loro
femminilità allontanano i sospetti.
« Speriamo di concludere presto questo capitolo. Ogni gesto intrusivo
è
contrario ai miei principi e a quelli dell'esercito. Non siamo mai
entrati
in zona A, non abbiamo mai, dico mai, sparato per primi. Non
attaccheremo
mai, rispondiamo soltanto» . Paz ci conduce in un giro che comprende
alcuni
insediamenti, fra cui Psagot, sede della organizzazione centrale dei
settler: qui c'è molto desiderio di rivincita verso i palestinesi.
Qui si
organizzano gruppi estremisti aggressivi e, si dice, persino
terroristi. Che
fa la divisione Benjamin? « Esattamente lo stesso che farebbe contro
un
gruppo di terroristi palestinesi: li cerca, li ferma, previene» .
Psagot
confina con gli ultimi quartieri di Ramallah, che da quelle case
spara
sull'insediamento: il terreno è pieno di bossoli, un muraglione è
stato
costruito a difesa del villaggio, la gente non gira molto per le
strade. Un
paio di missili israeliani hanno distrutto un edificio che Paz
racconta
essere stata la casamatta dei cecchini. Poi ci mostra invece come
ultimo
segnale di una pace perduta un posto comune di guardia, che era stato
costruito in base agli accordi di Oslo.
Incredibile a dirsi, qui ancora militari israeliani e palestinesi,
divisi
solo da una rete, condividono la giornata e la notte. Il comandante
israeliano del posto è Radwan Mansur, un druso. Attraverso la rete,
parla in
arabo ai suoi vicini, che si affaccendano avanti e indietro
esattamente come
i soldati israeliani. Qualcuno già pronto, fa la guardia, mette in
funzione
una macchina, pulisce un'auto blindata. Un altro ancora cammina
veloce verso
una doccia con l'asciugamano buttato sulle spalle. Come sono i
rapporti? Non
facili. Di qui per esempio avviene la restituzione dei corpi, anche
quelli
dei linciati e dei ragazzi mutilati. Qui ci si seguita a incontrare
ogni
sera quando durante il giorno i palestinesi hanno avuto delle
perdite.
Radwan sorride: eppure questo è rimasto l'unico difficile segno del
fu
accordo di Oslo. « Ce lo teniamo caro» .