LA CITTA’ DISERTATA DAI TURISTI MENTRE I CRISTIANI SONO IN FUGA Be tlemme, il Natale invisibile Controlli, niente addobbi, tensione
domenica 24 dicembre 2000 La Stampa 0 commenti
BETLEMME
SE penso - si prende la testa fra le mani don Peter Madros, seduto
nella
stanza bianca, fredda, disadorna del convento dei « Fré res» -, se
penso a
quello che avrebbe potuto essere per noi di Betlemme questo Natale
del
duemila, a quale ricchezza avrebbe potuto portare, a quanta
concordia, mi
sento male...Doveva essere l'anno del grande salto, un'occasione
materiale e
spirituale per i cristiani e per gli altri due popoli della Terra
Santa.
Invece l'anniversario della nascita di Gesù , il Giubileo, dov'è ? E'
stato
tradito» . La Piazza delle Mangiatoia, mentre tutto il mondo cristiano
si dà
da fare per evocarla con presepi, fiocchi e palle colorate, regali e
canti,
è triste: niente addobbi, ha deciso l'Autorità Palestinese. Gli
israeliani
esercitano pesanti controlli su chi entra nella città , che però ,
secondo le
indiscrezioni, dovrebbero essere allentati oggi.
Il popolo non apprezzerebbe nessun festeggiamento dopo tanti
funerali. In un
clima belligerante il messaggio di pace dei cristiani ha poco spazio.
Nello
spazio vuoto di turisti, di fronte agli alberghi vuoti, ai negozi che
vendono rosari e statuette di legno d'olivo a nessuno, lo spettacolo
è
metafisico: sul palco costruito per i quattro cori che si
alterneranno in
piazza nella notte di Natale danzano fanciulle coreane vestite di
rosa e con
grandi ventagli. Altre battono un ritmo su grandi tamburi. Di fronte,
la
moschea ardente dell'ultimo venerdì di Ramadan, con gruppi di uomini
che
sentono la predica al sole. Mahmud Hassan, quindici anni, che fa
parte delle
organizzazioni giovanili del Fatah, non apprezza i cori e i canti:
« Non è
tempo di feste. Gli israeliani uccidono i nostri fratelli, ci sono i
martiri
da piangere e da vendicare. Noi ragazzi parliamo solo dell'Intifada.
Non mi
aspetto nulla da questo incontro di Washington. Non voglio accordi
con chi
ci uccide» . Questo è l'umore di Betlemme. L'altra quinta della
Piazza, oltre
alla Chiesa dove come al solito i sacerdoti e i fedeli preparano con
grande
amore la messa di lunedì notte, puliscono, lucidano, è un palazzo
chiamato
« Centro per la pace» . Una costruzione nuova, spaziosa, un frutto del
rinnovamento di Betlemme per l'appuntamento del 2000. Adesso ospita
una
mostra di grandissimi pannelli a colori disegnati da bambini delle
scuole
elementari: i loro pensieri, il loro inconscio, la paura e lo sfogo,
le
domande a colori. Missili, carri armati, morti per terra, una enorme
mappa
su sfondo rosso di Israele ormai per intero divenuta Palestina con al
centro
la Moschea di Al Aqsa dotata di occhi che scrutano, soldati
israeliani con
coltelli e mitra. L'immaginario infantile palestinese appare
interamente
volto allo scontro, sembra che la speranza e l'idea di conciliazione
siano
banditi. Monsignor Sabbah, il capo della Chiesa Latina, ha inaugurato
la
mostra mercoledì . Il capo della polizia Abu Zeid ci dice che per ora
non si
sa quanta gente potrà arrivare la notte di Natale, che si pensa ad
almeno
5000 persone, che non è chiaro se gli autobus di turisti potranno
entrare.
Ancora ci sono trattative in corso con gli israeliani. Come ogni anno
si
svolgerà la processione guidata da Monsignor Sabbah dalla Città
Vecchia alla
Grotta della Natività . La messa sarà celebrata come ogni anno. E
Arafat,
verrà ? Ci sono problemi di sicurezza, ma le ultime voci dicono di sì .
I cristiani di Betlemme, Beit Jalla, Beit Tzahur, ricevono da questo
Natale
un colpo forse definitivo: la crisi ha messo in mostra la loro
fragilità . I
tanzim, le milizie armate, hanno sparato dalle loro case verso il
quartiere
gerusalemitano di Gilò . « E gli israeliani - racconta su e giù per
scale
sbrecciate e mostrandomi buchi terribili nelle mura della sua casa
Steve
(Stephanos) 25 anni, un cristiano ortodosso - hanno risposto con
grande
esagerazione. Mentre magari cercavamo di dire ai tanzim che sparavano
che
dovevano andarsene, che qui c'erano donne e bambini, loro arrivavano
con gli
elicotteri e i missili, e allora gli armati ci dicevano: ecco, volete
fermarci. Da che parte state?» . I cristiani in questa Intifada sono
stati
più volte accusati dai musulmani di non aver dato un solo martire
alla
causa. E così in questo Natale sono sempre più soli, da una parte con
i
bombardamenti degli israeliani, dall'altra stranieri a casa propria.
Molte
famiglie seguono la scia dei loro parenti, emigrati in Cile e in
Honduras.
La più vecchia fra le vecchiette, la zia Victoria, con insospettata
agilità
trascina per mano la cronista verso un pertugio: in un angolo di una
stanza
bombardata, impraticabile, c'è un ramo di abete addobbato: « Il mio
albero» .