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LA CAPITALE CONTESA Ad Arafat un lembo di Gerusalemme Un passo verso la pace, ma Barak rischia la crisi

martedì 16 maggio 2000 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME CINQUANTASEI voti a favore di Barak, 48 contro. E’ passato a malapena. Così l’ Autonomia Palestinese riceve tre villaggi sul confine di Gerusalemme, e intanto la destra ieri sera organizzava una grande manifestazione di piazza. I territori promessi con il voto non verranno tuttavia consegnati finché gli incidenti di ieri a Betlemme, a Ramallah, non saranno scandagliati a fondo. La confusione è grande, il fronte con i palestinesi brucia. Ehud Barak ieri ha imparato sulla sua pelle cosa significa il nome Abu Dis, un villaggio a Est di Gerusalemme, che insieme con Azzarye e Suwahara passano per legge ad Arafat, suscitando una tempesta di emozioni. La mattina Barak aveva deciso all’ improvviso di mettere al voto del suo Gabinetto l’ immediato passaggio dei tre quartieri a oriente di Gerusalemme, e ne era uscito sostenuto da 15 voti contro 6. Da Area B, ovvero da cittadine già sotto il controllo amministrativo dell’ Autorità Palestinese, Abu Dis e le sue « sorelle» passano adesso all’ Area A, che comprende ogni tipo di sovranità , inclusa quella militare e della sicurezza. Nessuno si aspettava fino alla mezzanotte della sera prima, quando la cosa è stata annunciata, che Barak avrebbe compiuto così in fretta il grande passo. E neppure era in programma che subito dopo il primo ministro avrebbe portato la decisione di fronte al Parlamento, legandolo ad un voto di fiducia. Una scelta sul filo del rasoio, anche se una parte dei religiosi del partito Shas e i russi di Sharansky, nonostante si fossero dichiarati contrari, alla fine hanno in parte aiutato Barak. Perché non è con le dichiarazioni di principio che si fa politica: e così , i religiosi di Shas, nella speranza di veder finalmente finanziate a suon di ingenti somme le loro scuole e le loro sinagoghe, e i russi perché sanno che togliere il sostegno a Barak non paga elettoralmente sul loro complicato fronte, hanno trovato svariati marchingegni per non abbandonare il governo: per esempio, i loro ministri non hanno votato, ma i loro deputati sì . In ogni caso, Barak, che aveva evitato quanto più a lungo possibile di arrivare a questa discussione, ha dovuto necessariamente affrontarla per tre motivi: prima di tutto, lunedì prossimo lo attende Bill Clinton, che vuole finalmente buone notizie sul processo di pace, e che ha ricevuto da Arafat sonore proteste sulla lentezza del primo ministro israeliano nell’ ottemperare alle promesse fatte. In secondo luogo, la lentezza di Barak mette Arafat a rischio ogni giorno di più : gli scontri di ieri dimostrano una situazione di fortissima rabbia latente. Infine Israele, che ha eletto a larga maggioranza un anno fa Barak proprio per lo scopo di avere un leader pronto alla pace, è tutto un florilegio di critiche e di sfiducia. La situazione di stallo è stata anche rotta da colloqui segreti condotti in Svezia da politici molto importanti vicini ai due leader. Per questo ieri si è dimesso il capo dei negoziatori ufficiale palestinese, Yasser Abdel Rabbo: lo avevano lasciato all’ oscuro di tutto. Abu Dis è un luogo piccolo ma carico di emozione, lo si scorge dalla città vecchia subito a destra del Monte degli Ulivi. Vi si respirano polvere e nobiltà gerusalemitana, e tuttavia, nonostante la destra israeliana adesso l’ abbia dichiarata parte di Gerusalemme, in realtà è solo ai suoi confini, e non ha traccia di presenza ebraica. Anche se il sindaco Ehud Olmert sta pensando in gran fretta di far passare un piano di costruzioni ebraiche proprio al confine con Abu Dis, il villaggio ha un carattere totalmente arabo quanto ad abitanti, a lingua, e anche a forte sentimento nazionale. Per questo Arafat l’ ha prescelto da tempo per costruirvi il Parlamento palestinese; per questo Barak ne ha fatto il simbolo di una necessaria separazione che, sola, può portare alla pace. Infatti ha detto ieri alla Knesset: « E’ il momento della nostra speranza di essere due popoli che vanno ciascuno finalmente per la sua strada, uno a Gerusalemme, l’ altro ad Abu Dis. E’ indispensabile che ci separiamo, o diverremo un Paese razzista» . Abu Dis è l’ unica speranza degli israeliani di evitare un confronto diretto con Arafat sulla Città Santa. Certo, il fatto che il voto sia avvenuto nelle ore in cui la polizia palestinese e l’ esercito israeliano si sparavano a Betlemme e a Ramallah ha consentito alla destra israeliana di dire a Barak: « Poi ci spareranno da Abu Dis, ovvero dentro Gerusalemme» .

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