L’ USCITA FUORVIANTE DEL MINISTRO STRAW SU ISRAELE CHE C’ ENTRA SADDAM ?
venerdì 28 marzo 2003 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
CI si può soltanto augurare che si realizzi subito il desiderio di
Tony
Blair che, proprio in tempo di guerra in Oriente, finalmente sia resa
nota
la Road Map, ovvero il piano di pace del Quartetto, e che Sharon e
Abu Mazen
siedano al tavolo di pace. I protagonisti delle due parti dicono pure
che
sia Blair sia Bush mettono in rapporto la pace fra i palestinesi e
Israele
con la guerra in corso in modo strumentale; ma, alla fine, è
un’ occasione
che ambedue le parti cercheranno di utilizzare: per non dispiacere a
Bush
gli israeliani, per non urtare gli europei i palestinesi, e in fondo
perché
entrambe sono stravolte della guerra. Ma gli equilibri saranno
delicatissimi, guai a dire una parola sbagliata: e ha cominciato
davvero
male il ministro degli Esteri inglese Jack Straw quando ha detto alla
Bbc
che il mondo occidentale si è comportato ipocritamente non chiedendo
a
Israele di conformarsi alle risoluzioni dell’ Onu come invece si è
chiesto a
Saddam.
È un paragone fuorviante, che invece di aiutare le parti dà a una di
esse
l’ idea di essere perseguitata ingiustamente, all’ altra di poter
contare,
qualsiasi cosa faccia (anche gesti di terrorismo come quelli che
conosciamo), sull’ Inghilterra. Perché è fuorviante? Prima di tutto
per un
motivo di sostanza: con quale perversione si può paragonare Israele a
Saddam? Ma abbandoniamo la sostanza per passare all’ improponibilità
tecnica
del paragone. Due capitoli della Carta dell’ Onu chiarificano i poteri
del
Consiglio di Sicurezza e delle sue risoluzioni. Quelle adottate sotto
il
capitolo 6 trattano di accordi con « risoluzione pacifica delle
dispute» e si
realizzano con « processi di negoziazione, conciliazione o arbitrato» .
La
risoluzione 242 del novembre ’ 67 appartiene a questo gruppo e insieme
con la
risoluzione 338 comporta un ritiro israeliano « da territori» (non dai
territori) che Israele prese nella guerra dei Sei giorni.
La risoluzione non condanna la conquista del ‘ 67, nata da una guerra
cui
Israele fu trascinata, e non da una guerra di invasione come quella
di
Saddam in Kuwait. La risoluzione non può , persino, essere applicata
da
Israele unilateralmente, perché richiede proprio la negoziazione che
fino al
1980 è stata rifiutata dai palestinesi che erano contro l’ idea « due
popoli
due Stati» ; poi, una volta presa in considerazione, ha trovato sulla
sua
strada il rifiuto di Arafat a Camp David. Le risoluzioni dell’ Onu che
riguardano Saddam sono prese sotto il capitolo 7, « Minacce alla pace,
infrazioni della pace e atti di aggressione» , dedicato a chi si
impegni in
un atto chiaro di aggressione: queste risoluzioni obbligano l’ Iraq o
quant’ altri a agire unilateralmente. Inoltre, nell’ articolo 42 della
sua
Carta l’ Onu indica la necessità di misure militari se la risoluzione
è
ignorata dall’ aggressore. Chi ha trattato sottobanco con l’ Iraq
grandi
commerci di petrolio ha certo violato le risoluzioni delle Nazioni
Unite.
La verità è che trattative sono auspicabili da tutti, e la prima
condizione
(lo sa anche Straw) è che gli autobus e i supermarket non esplodano
nelle
vie di Israele. Su questo si costruisce qualsiasi accordo di pace, da
qui
verrà lo sgombero di territori da parte di Israele. Ce lo insegna la
storia,
perché è già successo.