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L’ UOMO CHE SOGNAVA DUE UNIVERSI SEPARATI INVECE DELLA CONVIVENZA PA CIFICA « Gandhi» , onesto apostolo del non dialogo con gli arabi Ex generale, era amico fraterno di Rabin di cui è stato l’ antitesi sul piano politico

giovedì 18 ottobre 2001 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME AVEVA un taglio sul viso di perplessità e durezza; quando nell’ ambito dell’ accordo di Oslo le ronde palestinesi e israeliane cominciarono a condividere operazioni in divisa disse: « Se io vedo un palestinese con le armi in mano, penso subito a difendermi: gli sparo» . Tuttavia era un uomo di cui persino Shimon Peres ha detto subito parole di tenerezza e di amicizia. Un personaggio sincero fino allo scandalo, ma di cui tutti raccontano la bontà militaresca e taciturna. Il ministro del Turismo assassinato ieri mattina alle sette, Rehaman Zeevi detto Gandhi, era un soldato, un generale, un kibbutznik israeliano: « Vado pazzo per questo ruolo di ministro del Turismo - diceva - che mi consente di girare ogni angolo di Israele e di ripercorrere tutti gli angoli che da ragazzo ho fatto a piedi con la mappa in una mano e la Bibbia nell’ altra» . Aveva a casa un biblioteca mitica sulla storia e la geografia di Israele. In questo amore disperato per la sua terra era identico e opposto a Rabin come identica e opposta è la tragedia del suo assassinio. Una dimostra l’ indispensabilità della pace con i palestinesi, l’ altra è come un segnale di guerra con in palestinesi. Tutta la vita Gandhi ha chiamato Rabin « il mio comandante» . Come Rabin non rideva mai, contro Rabin nella politica aveva tutto: odiava l’ accordo di Oslo, dare le città della Cisgiordania e le armi ai palestinesi gli appariva come un suicidio. Ma nella vita erano due vecchi generali i cui figli sono cresciuti insieme e che si stimavano profondamente. Daliah Rabin, oggi viceministro della Difesa, dice: « Per me è parte del paesaggio familiare» . Zeevi era il consigliere anti-terrorismo di Rabin, e questo nonostante fosse uno degli uomini più a destra in Israele. Ma era competente e leale, la sua integrità personale era fuori dubbio, come ha detto ieri il capo dell’ opposizione Yossi Sarid; e soprattutto conosceva bene il suo mestiere di soldato. Era nato nel 1929, è stato un alto ufficiale già dal ‘ 48 al ‘ 77, adorato dai suoi soldati per cui rischiava la vita e si svuotava le tasche quando li vedeva in condizione di bisogno. Tanto Rabin pensava che si dovesse convivere fianco a fianco con i palestinesi, tanto lui immaginava due universi separati, con i palestinesi tutti fuori dalla Cisgiordania, trasferiti (si chiamava infatti « transfer» la sua idea, estremista e fuori della realtà ) nei paesi arabi circostanti. Sosteneva che la presenza palestinese era artificiale, e portava a sostegno della sua tesi il fatto che il secolo passato aveva ricollocato 124 milioni di profughi, dall’ India al Pakistan e viceversa, in Europa, in tutto il mondo. Rehaman Zeevi era la bestia nera della sinistra, la sfiducia personificata nella pace, il suo volto addolorato era una bandiera per i coloni e la destra nazionalista, anche se lui non era religioso. Era andato a Hebron pochi giorni fa, quando Sharon aveva annunciato lo sgombero del quartiere di Abu Sneina occupato dagli israeliani quando i cecchini palestinesi avevano ripetutamente sparato sugli ebrei: « E’ assurdo andarsene - disse per spiegare le sue dimissioni - da là spareranno per sempre. Non mi vergogno di dire la verità alla mia nazione, e la verità è che l’ attacco terroristico dell’ Intifada potrebbe continuare anni, finchè gli arabi capiranno che la pace è buona per entrambe le parti. Per ora non l’ hanno capito, pensano che la pace serva solo a noi» . Era furioso per l’ attuale linea di Sharon, che diceva di non capire più : « Abbiamo fatto un errore micidiale - ha detto proprio la sera prima di morire partecipando allo show televisivo “ Qui politica” - quello di mandare due messaggi al mondo contemporaneamente: Peres ha legittimato di nuovo Arafat come partner incontrandolo ripetutamente mentre è né più né meno che il capo dei terroristi. E poi, chiediamo a Bush e a Blair di non sponsorizzarlo. Ma se siamo noi i primi a farlo!» . Rehaman Zeevi non si stupirebbe affatto di essere stato assassinato da un palestinese ieri nell’ albergo Hyatt vicino all’ università di Gerusalemme. Era la sua costante previsione e il suo verdetto finale sulla storia: mors mea vita tua. Dove sei tu, io non ci posso essere. E così è andata. Adesso che è morto, come ha detto ieri Shimon Peres per telefono ad Arafat, se il capo dei palestinesi non si decide a fermare il terrorismo « questo assassinio può far saltare per aria tutta la regione» . Perché se Gandhi - così soprannominato perché un suo comandante lo vide saltar fuori spiritato dalla tenda, ventenne magrissimo e avvolto in un lenzuolo, già calvo e con gli occhiali - era tanto di destra, era però per gli israeliani molto di più di questo. Era uno della famiglia dei kibbutz socialisti, di cui era stato membro; dall’ età di 19 anni si era accompagnato ovunque a un’ adorata moglie, Yae. Era nonno di 22 nipoti. Aveva sconfitto il terrorismo degli Anni Settanta nella vallata del Giordano, da cui ogni notte avvenivano infiltrazioni. La sua famiglia hassid (quei religiosi mistici col violino sul tetto e l’ idea di essere a questo mondo per aiutare Dio nella creazione) era a Gerusalemme da sei generazioni. Lui era nato nel quartiere di Yemin Moshe, la verde terrazza su cui oggi sorge l’ albergo King David. In quelle allora misere case di pietra aveva visto la crescita del sionismo. Avrebbe voluto veder sparire Arafat, più volte ha proposto persino di ucciderlo. Da giovane andava in giro con due leoncini donatigli da Ruth Dayan, moglie di Moshè , in onore del Comando centrale da lui guidato, che aveva appunto come simbolo il leone. Lui li tenne finchè lo convinsero a stento che erano due belve da mettere dietro le sbarre allo zoo.

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