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L’ UOMO CHE HA SCONFITTO PERES NELLA CORSA ALLA PRIMA CARICA DELLO S TATO « Per Israele Arafat resta un partner» Il presidente Katzav: anche se con tinua a minacciarci

mercoledì 25 aprile 2001 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME UNA giornata difficile quella di ieri per il Medioriente, nonostante la ripresa di colloqui fra i rappresentanti dei responsabili alla sicurezza palestinesi e israeliani e la speranza espressa da Shimon Peres che presto si possa sedersi di nuovo al tavolo delle trattative: un palestinese è stato ucciso a Kalkilia; colpi di mortaio palestinesi a Gadid, al sud della striscia, fuoco anche a Beit Jalla. E da Teheran, dalla conferenza islamica dove si sono uniti a 34 Paesi arabi Hezbollah Hamas e Jihad Islamica, voci di guerra totale con la promessa di Ali Khamenei, la guida spirituale del regime iraniano, di « isolare il regime usurpatore sionista privandolo delle condizioni economiche e politiche vitali» e di Nasrallah, il capo degli Hezbollah di « nuovi attacchi globali da parte dei combattenti della libertà in tutti i luoghi ai quali pensa e ai quali non pensa» . Mentre Khamenei dedicava buona parte del suo discorso alla rilettura dell’ Olocausto in chiave strettamente negazionista, iniziava in Israele il giorno della memoria dei più dei ventimila caduti di Tzahal, l’ esercito israeliano. Ventiquattrore di cerimonie di cui la prima al Muro del Pianto, di struggenti racconti di genitori orbati, di vedove, di orfani. Stasera, poi, iniziano a ruota i festeggiamenti per il 53° anniversario dell’ Indipendenza dello Stato d’ Israele. In occasione della solenne ricorrenza, il presidente dello Stato d’ Israele Moshè Katzav ha concesso un colloquio a un gruppo di giornalisti della stampa internazionale. Signor Presidente, non ci sono tante ragioni di gioia in questo anniversario. « Ci sono comunque: dopo duemila anni di esilio, dopo tante persecuzioni siamo tornati alla nostra patria, abbiamo assorbito immigrati da tutto il mondo, abbiamo riportato alla vita, fondando una democrazia oggi in pieno sviluppo, un popolo destinato alla morte nella Shoah» . E tuttavia oggi siete ancora in guerra, come nel 1948, e siete accusati di violare i diritti civili e umani del popolo palestinese. « Come israeliano, sostengo con forza di non avere queste colpe: ho perseguito la pace con tutte le mie forze, e oggi devo proteggere il mio Paese, la mia gente. L’ esercito si è solo limitato alla difesa, gli attacchi vengono da loro, sulle strade e nel cuore di Israele. Quanto ai diritti civili, noi cerchiamo di ledere al minimo la vita della gente, non abbiamo nessun interesse in punizioni collettive di carattere economico e non ci piacciono affatto i controlli o bloccare l’ ingresso in Israele: ma dobbiamo pure cercare di impedire l’ ingresso dei terroristi, di difendere la nostra gente. Non abbiamo scelta» . E gli insediamenti? Come Presidente della Repubblica, non le sembra che essi configurino un tipo di Israele che non si confà con l’ idea democratica dello Stato di cui lei è il primo rappresentante? « Gli insediamenti sono sorti nel corso della nostra storia, dopo molte guerre non volute. Neppure Rabin né Peres hanno mai immaginato che la soluzione fosse semplice. Non è un problema di destra né di sinistra. Una soluzione va cercata: ma certo, non lo si risolverà mai con la violenza e il terrore. Solo con una pacifica trattativa la situazione potrà modificarsi» . Con chi deve avvenire questa trattativa se Israele non vede più un partner in Arafat? « Io non penso che Arafat non sia un partner: è il capo dei palestinesi, essi devono decidere, e non certo gli israeliani, chi li guida. E quando hanno deciso, quello e non altri è il nostro partner. Tuttavia non sono certo che sia un partner serio..» . In che senso? « Dopo molte guerre con l’ Egitto, Sadat giunse un giorno in Israele e disse una frase molto semplice "non più guerre". Con questa frase conquistò d’ un lampo il cuore degli israeliani. Sadat aveva capito che sono gli israeliani che cambiano i governi, che la democrazia ha il potere di cambiare i primi ministri, di dirigerli verso la pace. Il popolo può fare la pace, e nessun altro. Ma Arafat ripete continue minacce, e con questo spinge l’ opinione pubblica israeliana in un angolo» . La pace non ha speranze? « Il processo di pace è irreversibile, anche se è in condizioni gravi. Al tempo dei turchi, o degli inglesi, i palestinesi mai ebbero tanto rispetto e riconoscimento quanto ne hanno oggi da noi. Che cessino dalla violenza, la pace è un orizzonte irrinunciabile» .

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