L'orchestra nasceva sessanta anni fa a Tel Aviv diretta da Toscanini: i risvolti di una storia che sembra una favola hassidica FILARMONICA il cuore di Israele
mercoledì 8 gennaio 1997 La Stampa 3 commenti
TEL AVIV NEL 1936 c'era una volta un celebre violinista ebreo polacco
di nome Bronislav Hubermann, piccolo, religioso ma senza barba,
rotondo e infantile nei tratti. Un giorno, dopo molto pensare, mise
il suo violino nella custodia, lo lasciò a Varsavia e cominciò un
lungo viaggio dall'uno all'altro dei musicisti più prestigiosi
dell'epoca. I violinisti e i pianisti erano quasi tutti ebrei e
Hubermann disse loro: sto per imbarcarmi per la Palestina poiché ho
la sensazione che qualcosa di grande, di davvero terribile stia per
travolgere gli ebrei d'Europa. Chi se la sente venga con me a creare
l'Orchestra Ebraica di Palestina (c'era ancora il mandato britannico,
che sarebbe durato quasi dodici anni da quel momento) e salverà
così , insieme alla sua musica, se stesso. Chi non gli credette
rimase in Europa, morì nei campi di concentramento. Chi invece lo
seguì si trovò a suonare, questi giorni di sessant'anni fa,
l'Ouverture dell'Oberon di Weber, della Scala di seta di Rossini, e
la Seconda Sinfonia di Brahms dirette da Arturo Toscanini in un
hangar del porto vecchio di Tel Aviv. Così , come una favola
chassidica, nasce l'intersezione fra la storia d'Israele e la storia
della sua Filarmonica, che in questi giorni viene festeggiata
dall'intero Paese. Il sole illumina e scalda forte Tel Aviv sdraiata
sul mare, e qui si compie ancora il matrimonio degli ebrei con la
musica, rinnovando i suoi singhiozzi, la magia dei suoi
sul tetto, la gioia dell'espressione viva anche nel dolore e nel
pericolo, l'intreccio fra la storia di questa terra e il fuoco di
musica che l'orchestra scaglia verso il cielo come un missile di
spiritualità . E come se in Israele la musica accettasse di
transustanziarsi nella storia. Quale orchestra, ancora un po' zoppa,
senza sede e senza fama, è stata diretta al suo esordio da Arturo
Toscanini? Quale, al suo sessantesimo compleanno, ha avuto tre
direttori come Zubin Mehta, Lorin Maazel e Daniel Barenboim (che ha
poi suonato il pianoforte)? E dieci solisti tra cui Isaac Perlman,
Pinchas Zuckerman, Isaac Stern, Shlomo Mintz, Ida Haendel, Murray
Peraja?
soddisfatto il maggiore fra i critici musicali israeliani, Hanoch
Ron, la cui gioia della musica si comunica all'interlocutore con un
continuo incredulo sorriso da dietro una bella barba bianca e rossa -
deve essere pronto a ogni miracolo. Ed eccone quindi qualcuno:
Toscanini venne in Israele molto prima del previsto, racconta Ron,
anche se aveva già deciso di seguire l'invito di Hubermann. Perché
prima? Perché quando era a Bayreuth dove doveva dirigere Wagner,
Hitler annunciò che sarebbe venuto ad omaggiarlo. Sentire la notizia
e cancellare il concerto pazzo di ira, fu per il Maestro tutt'uno. E
allora, mentre in macchina si dirigeva alla volta di Salisburgo per
il Festival Mozartiano, lungo la strada vide i grandi festoni rossi
con la svastica che campeggiava. Toscanini, dunque, disse all'autista
di dirigere immediatamente l'automobile verso
una nave che mi porti in Palestina. Toscanini prese alloggio
all'Albergo Dan, sulla riva del mare. Gli edifici erano pochi,
poveri. Ogni mattina per portarlo alle prove un taxi veniva a
prelevarlo alle 10 precise, sempre lo stesso. Un giorno il povero
autista ritardò di tre minuti e Toscanini si avviò a piedi verso la
sua orchestra brandendo l'ombrello e col cappello calcato, furioso.
Al tassista supplice che lo pregava di salire andandogli dietro a
cinque chilometri all'ora, il Maestro seguitò a rispondere dei
grandi No] , fermandosi ogni minuto per gridargli di vergognarsi, e
agitando la sua arma, il parapioggia. Fra i vecchi musicisti che
suonarono allora con lui si narra ancora la paura, il bastone
scagliato verso chi osava stonare, la rabbia terribile contro l'oboe
che si era portato dall'Italia e che poi cacciò via urlando:
vergogno di essere italiano come lei... Ma anche l'incredibile,
divina quiete che dominava la sua conduzione una volta intrapresa. Fu
Toscanini a salvare l'inaugurazione da uno scontro letale fra Mandato
Britannico e Yishuv (il primo insediamento ebraico), ambedue
pretendendo fosse suonato il proprio inno all'apertura, col rifiuto
di suonare qualunque inno, dato che il suo, quello italiano,
apparteneva a un Paese ormai fascista. Così un pubblico denso e teso
e straripante (per tre quarti gli spettatori rimasero in piedi con i
loro sandali da kibbutznik) potè dentro e dietro e fuori quel
capannone, nell'aria immobile, seguire un concerto di musica pura.
Fra loro Ben Gurion e Chaim Weitzman e tutti i grandi sionisti:
-, Hubermann pianse silenziosamente durante tutto il concerto.
Toscanini gridò a un fotografo che aveva fatto scattare il flash
durante l'applauso: . E non si presentò
più al proscenio per raccogliere gli applausi. Gli regalarono un
frutteto d'aranci a Ramot Ha Shavim, vicino a Kfar Saba, e ogni anno,
per molto tempo, il Maestro venne a dirigere la Filarmonica e a
raccogliere personalmente le sue arance. Fra il '39 e il '45
l'Orchestra, mentre gli italiani nel '41 bombardavano Tel Aviv,
lavorò in sordina. Di nuovo un grande direttore italiano venne a
salvarla e a restituirla al proscenio internazionale: era il celebre
Bernardino Molinari. Nel '48 sparì all'improvviso, e qualcuno ancora
favoleggia che sia entrato d'improvviso in preda a una crisi mistica
in un convento perso nel deserto. Altri, più melanconicamente,
parlano di una casa di cura psichiatrica. L'Orchestra cambiò casa
nel '48, alla fondazione dello Stato trasferendosi in un piccolo,
brutto cinema con una pessima acustica: Ohel Shem, in via Balfour,
nel centro di Tel Aviv. Ogni sera, ogni volta, sempre per undici
repliche consecutive dello stesso programma, il pubblico riempiva
inesausto la sala. Da qui nacque lo scherzo per cui a un ragazzino di
tredici anni che fa il suo bar mitzva la famiglia deve regalare i
biglietti per la Filarmonica, non per lui ma per i suoi figli, tanto
tutto quanto è già stato prenotato. Cominciò nel dopoguerra la
meravigliosa, ininterrotta processione dei grandi; Leonard Bernstein,
che poi fu direttore titolare, aveva 28 anni quando venne la prima
volta. E poi vennero Ormandi, Mitropulos, Barbirolli, Kussevitzkij,
Paul Parey, Paul Kleitzkij; e fra i grandi artisti, i violinisti
Yasha Hefez, Yehudi Menuhin, Isaac Stern, David Oistrach; e fra i
pianisti Arthur Rubinstein, Rudolf Serkin, Glenn Gould e così via e
via e via, in questa continua cerimonia di matrimonio fra la musica e
l'ebraismo. L'amore del pubblico era così intenso, così terribile,
che ogni musicista ne ha lasciato testimonianze attonite. Era come se
tutta la rivincita sull'Olocausto, sui millenni di miseria, si
celebrasse alla Filarmonica. Nel 1959 fu inaugurato l'Auditorium
Mann, con tremila posti e una grande acustica. Sul palcoscenico
dirigeva Bernstein, al pianoforte Rubinstein. Ben Gurion salì fino
al podio e disse a Bernstein:
siamo così grati.... Bernstein si piegò in due dalle risate,
Rubinstein ballava sul suo sgabello al pianoforte, e il pubblico
rosso di vergogna si piegava sotto le sedie. Durante la guerra
d'indipendenza nel '48, Bernstein decise di andare a dirigere
l'Orchestra a Beersheba appena liberata. A diechi chilometri dalla
città , in mezzo al deserto, fra i sassi roventi e i serpenti, in
frac e papillon, gli artisti scesero da un camion e Bernstein salì
su una pietra. Intorno c'erano soltanto soldati dai 16 ai 18 anni,
bambini e bambine stupefatti, col fucile a tracolla e la musica di
Ravel e di Mozart nelle orecchie. Un cavallo impazzito irruppe in
mezzo all'Orchestra, e Bernstein definì l'episodio un magnifico
imprevisto galop. Nel 1959 di nuovo un altro maestro italiano fece un
miracolo per la Filarmonica d'Israele. Era Carlo Maria Giulini, che
contro tutte le opinioni e contro ogni verosimiglianza riuscì a
mettere in scena un'opera. Era il Falstaff. A dirigere la messa in
scena un giovane ragazzo proveniente dal gruppo di Visconti: Franco
Zeffirelli. Il genio italiano si è molto mescolato a quello ebraico:
Ceccato, Abbado, Sinopoli, anche loro fanno parte dell'empireo dei
direttori che hanno condotto la Filarmonica; e fra gli artisti
Salvatore Accardo, Maurizio Pollini, Benedetti Michelangeli...
vero love affair, commenta Ron. Nel '67 durante la guerra dei Sei
Giorni una terribile defezione e una magnifica adesione: Eric
Leisdorf, senza dir niente a nessuno, mentre la radio riporta lo
slogan egiziano invece di andare al teatro per
le prove prende un taxi per l'aeroporto e torna a casa. I suoi
pantaloni sono ancora appesi nell'armadio della Guest House della
Filarmonica. Invece in America, un giovane direttore d'orchestra
indiano, Zubin Mehta, s'infila su un aereo carico di munizioni e di
armi e vola seduto su una cassa di proiettili su un aereo
completamente svuotato dai sedili verso Tel Aviv. È l'unico modo, in
quei giorni di guerra, per raggiungere Israele. Perché ? Alla domanda
Mehta risponde che per gli ebrei la musica è il cibo principale, il
vero nutrimento, e che quindi per lui quel rapporto è fondamentale.
Mehta cominciò così una lunghissima relazione con la Filarmonica,
una storia che fece di lui più tardi il titolare dell'Orchestra.
Bisogna mettere da parte tante guerre e tanti bellissimi episodi per
arrivare all'immagine che è rimasta negli occhi di ciascuno di noi:
siamo nell'inverno del '91, Saddam Hussein lancia i suoi missili
contro Tel Aviv. All'Auditorium Mann neppure una sedia tuttavia è
vuota. Tutti gli assembramenti sono proibiti, ma quello per il
concerto è permesso dal governo stesso. Risuonano le note di Bach, e
su di esse tutto a un tratto la sirena. Zubin Mehta indossa la
maschera antigas; Isaac Stern indossa la maschera. Tutto il pubblico
indossa la maschera. E con la maschera, i missili cadevano, il
pubblico ascoltava, la musica vinceva.
contento sorride Ron -, è il simbolo della nostra sopravvivenza,
della nostra capacità di piangere e poi subito gioire, di morire e
di resuscitare. Questa è la musica per noi. Fiamma Nirenstein
sabato 20 dicembre 2014 11:44:21
una testimonianza crudele ma meravigliosa se uno immagina quel concerto seduti attenti malgrado i pericoli, io ho sempre vissuto di musica anche ora, faccio parte di un coro ebraico e attraverso le difficilissime canzoni ricostruisco pezzo x pezzo la storia, anche se la conosco da sempre un'abbraccio a tutti.
Silvio Riva , MILANO - ITALIA
martedì 30 settembre 2014 22:48:09
Cara Fiamma, da questa storia straordinaria emerge lo spirito che anima il popolo ebraico e che spiega perchè è stato scelto da Dio perché si compisse il Suo Disegno attraverso di esso ed il fluire dei secoli.----- Di Toscanini sapevo molte cose ma non queste: uomo dalla “schiena dritta” come pochi (ed un “caratteraccio” terribile, compensato da un'arte sublime) ----- Dal racconto emerge anche la capacità di passione ed amore di una persona che, pure per il nome (ed i capelli.....), mi ricorda il biblico “roveto ardente”, di fuoco inestinguibile, che non si consuma mai........
Isabella Nascimbeni , Trento Italia
domenica 28 settembre 2014 10:53:14
Articolo stupendo mi ha commosso grazie!