L’Onu è il vero ostacolo alla pace
Shalom, ottobre 2009
Quando Netanyahu è intervenuto all’assemblea generale delle Nazioni Unite giovedì 24 ottobre, ha compiuto un’audace rivoluzione concettuale, innanzitutto attaccando l’ONU frontalmente per la prima volta, e anche collegando fra loro quattro temi. Prima, ha ripercorso l’orrore della Shoah, e con una modestia da studente, che è poi stata criticata da alcuni, ne ha mostrato pianamente la verità storica tramite documenti. In secondo luogo, inaspettatamente, ha accostato il tema della negazione della Shoah a quello della relazione della commissione dell’ONU guidata dal giudice Goldstone, incaricato di indagare sulla guerra di Gaza. Come tutti si aspettavano dato il pregiudizio che sempre caratterizza l’ONU quando tratta di Israele, la commissione ha elaborato il suo mito negativo, ha partorito cioè un autentico blood libel, che collega l’idea stessa di Israele con quella di attacchi indiscriminati e senza ragione alla popolazione palestinese innocente e col concetto di crimini di guerra.
Ha poi affrontato la fatale questione dell’Iran, che mentre costruisce la bomba atomica sputa a 360 gradi continue minacce di sterminio contro il popolo ebraico accompagnate dalla negazione della Shoah; e infine ha concluso sul tema della pace, invitando il mondo a rimuovere le cause che la impediscono, ovvero il pericolo continuo per la sicurezza di Israele e la cultura dell’odio che il mondo islamico gli ha creato contro sin dal 1948. Questi quattro temi sono legati in una solo gomitolo fatale, ovvero la sopravvivenza e la vita stessa del popolo ebraico, il nesso fra la fuoriuscita dall’attuale criminalizzazione continua e dalla sua insita minaccia, e la possibilità di fare la pace con il mondo islamico. Oggi come oggi, e qui credo che Netanyahu abbia avuto un’intuizione molto innovativa, il capo di questo gomitolo finalmente impugnato con severità, senza timori e reverenze, è stato ed è l’indecente comportamento dell’ONU, ovvero l’istituzionalizzazione regolamentata e presa a parametro di comportamenti di odio contro Israele e del doppio standard. “Vergogna” ha detto Netanyahu a quei Paesi che sono rimasti in sala mentre Ahmadinejad teneva la sua indecente concione.
Vergogna, cioè, a questa istituzione che ha consentito che un terzo della sue risoluzioni nel Consiglio di sicurezza siano dedicate alla condanna dello Stato ebraico mentre i crimini commessi in Cecenia, in Sri Lanka, nel Sudan hanno meritato un infinitesimo della sua attenzione. L’ONU è l’organizzazione che ha passato a maggioranza nel 1973 l’impensabile espressione “sionismo eguale razzismo”, e ha trovato il modo di reinserirla costantemente nel dibattito anche una volta cancellatala. La sua commissione per i diritti umani (la UNHRC) su 32 risoluzioni del 2006 ne ha dedicate 26 a Israele; ha evitato invece di condannare i bombardamenti della Nato del 1999, in cui centinaia di civili sono stati uccisi; ha ignorato le stragi libanesi nel campo profughi palestinese di Nahr el Bared; non ha mai fronteggiato la questione dei civili uccisi in Afghanistan; non ha mai preso in seria considerazione i profughi pakistani. Netanyahu ha statuito che è tempo di finirla con questo scandalo che corrompe la mente e i cuori di tutto il mondo. La commissione Goldstone ha prodotto un documento vergognoso, il cui fine politico era talmente già disegnato nelle premesse, che esso è stato varato solo da 33 Paesi, con l’assenza di tutte le democrazie e il rifiuto a parteciparvi anche di personaggi ostili a Israele come Mary Robinson, il commissario ONU di Durban.
Il rapporto di 575 pagine menziona solo di striscio i bombardamenti di Hamas su Israele (13mila missili), non considera affatto i precedenti degli attentati terroristi e della aperta intenzione di Hamas di distruggere Israele e tutti gli ebrei, non vede l’importanza basilare della scelta del terrorismo islamico di mirare sui civili e di utilizzare i propri civili come scudi umani. Insomma è un imbroglio allo stato puro, e autorizza in tutto il mondo l’uso della guerra asimettrica, decidendo che basta mettere di mezzo i propri civili per ottenere l’immunità fisica, e quindi la licenza di uccidere. Se si va a vedere le fonti di Goldstone, inoltre troviamo che molte non sono identificabili; le altre, sono né più né meno che le ONG antisraeliane che da sempre criminalizzano Israele. Betzelem e il Palestinian Center for Human Rights sono citate 70 volte; e sono anche citate male, visto che per esempio nel parlare dei precedenti a “Piombo fuso”e citando l’operazione “Hot Winter” del febbraio 2008 Goldstone parla di 202 morti palestinesi, mentre Betzelem ne da esattamente la metà. Nell’identificare i “civili” e i “combattenti”, la Commissione dell’ONU, deborda: per lei sono civili tutti quelli che così vengono definiti dai loro informatori palestinesi. Per esempio, Abdullah Human Muamar, 22 anni, viene definito dal Palestinian Center “studente”, dunque un civile, e tuttavia appare sul website di Hamas mentre regge un missile. Di fatto secondo un’indagine dell’esercito israeliano 564 morti erano membri armati di Hamas, 100 della Jihad Islamica, molti, non contati, membri di Fatah, i poliziotti, contati come civili, per l84 per cento membri del meccanismo di sicurezza di Hamas. Anche molti episodi, come quello della scuola dell’ONU presa di mira dall’esercito, smentito dalla stessa UNRWA, vengono invece riportati come veri. Si mente senza pudore sugli avvertimenti alla popolazione, negandoli anche quando li testimonia la popolazione. Insomma, eccoci di nuovo di fronte a una operazione che delegittima Israele moralmente, e la mette alla mercè di chi la indica come oggetto spregevole, da indicare da distruggere.
Insomma, la commissione Goldstone porta acqua a Ahmadinejad, a Hamas, agli Hezbollah, alla Siria, ma spazza il terreno anche alla Libia, al Pakistan, a tutto il mondo antioccidentale. Di fronte all’odio e alla minaccia reiterati, come potrebbe Israele decidersi a alzare le mani, a consegnare ai palestinesi altra terra per altri missili kassam? Insomma, il teorema di Netanyahu trova la sua sintesi nella parola pace. Se la si vuole, bisogna cambiare l’ONU.