L'Occidente si è risvegliato. E adesso concluda il lavoro
domenica 15 aprile 2018 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 15 aprile 2018Assad, quando nella sua prima reazione all'attacco dei 100 Tomahawk ha parlato dell'attacco subito come di un segnale del "fallimento dell'Occidente" ha senza volere toccato un punto sensibile, alla rovescia. Si tratta piuttosto di un improvviso risveglio: America, Francia, Inghilterra, fari della storia della democrazia, baluardi della proibizione di fare strame di esseri umani successiva alle guerre mondiali, registrata in tanti trattati e istituzioni, hanno agito insieme in una missione di giustizia: punire e proibire l'uso di armi chimiche e biologiche. La storia delle armi venefiche è scritta in tante immagini di soldati con povere maschere nelle trincee d'Europa, nelle camere a gas dei nazisti, nella strage di iraniani fatta dagli iracheni in guerra, dai missili di Saddam Hussein al Popolo ebraico dopo l'attacco americano del ‘91 (gli israeliani dispongono sempre di maschere antigas pronte all'uso), e adesso ecco i bambini neonati siriani che, e non per la prima volta, cercano di respirare piangendo.
Nel 1925 il primo Protocollo di Ginevra proibisce l'uso di armi chimiche, del '72 è la Convenzione sulle armi biologiche in effetto dal '75, del ‘93, con effetto dal ‘97 la Convenzione Mondiale sulle armi chimiche, firmata anche dalla Siria. Proibisce la produzione, lo sviluppo, lo stoccaggio, l'uso delle armi e ne ordina la distruzione.
Adesso, i Tomahawk e gli altri missili hanno appunto colpito, insieme alle armi francesi e inglesi i centri di stoccaggio, di uso e di ricerca nella periferia di Damasco (76 missili) e a Homs (29): un lancio, come si è vantato Trump, "giustificato, legittimo, proporzionato" e soprattutto “perfettamente eseguito" che segnala un'intelligence perfetta e ottima organizzazione militare.
Questo ha salvato vite, e evitato di provocare russi e iraniani, le cui strutture sono state ben evitate. L'obiettivo è stato solo quello delle strutture chimiche di Assad. Non è vero che i missili non siano arrivati a destinazioni: i siriani hanno sparato, ma senza riuscire a colpire. Varie strutture erano state evacuate, i siriani di alcune postazioni si erano andati a rifugiare presso i russi, anche gli iraniani avevano evacuato delle aree e delle strutture, come se fossero stati avvertiti, e non è da escludere dato che lo scopo erano soprattutto le strutture chimiche. Ma resta tutto uguale per Assad, come abbiamo sentito ripetere? No, anche se i meccanismi di una sua espulsione dalla scena mondiale sono legati alla rassicurazione alla Russia che seguiterà a mantenere il suo affaccio sul Mediterraneo. Nessuno vorrà metterla in discussione nel breve termine, e il meccanismo deve ancora essere escogitato: ma certo Putin non è affezionato ad Assad. Anzi, Assad viene confermato, con l'operazione della coalizione, una belva indesiderata che attrae sulla Siria reazioni che ne possono fare una pira, e a Putin non può far piacere.
Trump ha fatto male a scrivere col consueto tweet "Operation accomplished": Assad ha agito sia con la selvaggia smania di possesso che gli ha fatto fare centinaia di migliaia di morti a casa sua, perche è coperto e stimolato dall'Iran. L'Iran ieri è stato il primo, insieme a Nasrallah, a correre a dargli man forte con dichiarazioni che accusano la coalizione di violare la legalità internazionale, accusa un po’ paradossale. Dal mondo arabo per ora, salvo che dai palestinesi, tutti contro Trump, non si sente un respiro. Trump aveva annunciato di volere lasciare la Siria: gli eventi non gliel'hanno concesso. Adesso data l'aggressività iraniana che si serve del confine siriano per i suoi intenti genocidi contro Israele, e dato lo sviluppo dei rapporti americani coi Paesi arabi più preoccupati per la presenza iraniana in Siria, come l'Arabia Saudita, sembra difficile che la missione sia veramente conclusa. Israele ha già detto che non lascerà che l'Iran stabilisca un fronte militare sul suo confine. La Russia vorrà farsi sentire, sia pure con cautela, nella nuova situazione, anche se nella reazione parla di "guerra al terrorismo" e di aggressione contro uno Stato straniero". Tutto qui. Difficile mettere i remi in barca. Si è aperto un fronte che mette in discussione sette anni di prepotenza in Siria, che Trump, Macron e May lo programmino o meno.