L’ ISLAM E I BUDDHA DI BAMIYAN IL POTERE DELLE STATUE
martedì 6 marzo 2001 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
NON c’ è niente di nuovo né dal punto di vista storico né da quello
concettuale in ciò che i talebani stanno facendo alle statue di
Bamiyan.
L’ Islam è una religione che ritiene perfettamente legittimo, anzi
doveroso,
il coincidere del potere religioso con quello temporale. Il luogo
della
religione, in cui si prega, ma anche si insegna, si giudica, si dà la
linea
politica, coincide ormai in alcuni Paesi musulmani con quello del
potere
politico. La sua versione iraniana è stato l’ avverarsi di un sogno a
lungo
coltivato, la versione taleban ne è una versione estrema:
l’ iconoclastia che
cancella i simboli delle altre religioni non ha un significato etico,
né
estetico, né psicologico, e nemmeno è mediato da altre culture. E’ un
gesto
politico, anche se non appartenente a tutto intero l’ Islam delle
origini.
Per spiegarsi, nonostante la distruzione delle bimillenarie statue
del
Buddha appaia un gesto semplicemente mostruoso in quanto gratuito,
per
l’ Islam invece ha il significato (proiettivo) dell’ eliminazione di un
altro
potere plausibile. Addirittura il pregare sui siti altrui non è
vissuto
dall’ Islam contemporaneo come il congiungersi di voci tutte insieme
elevate
in una sola direzione, quella di Dio; è invece visto come
l’ affermazione di
una preminenza che cancella la precedente presenza. Nel 1187 il
Saladino,
conquistando Gerusalemme, come gesto di grande magnanimità decise di
non
pregare sul luogo del Santo Sepolcro per evitare di doverlo definire
immediatamente moschea. Ma questa magnanimità non si ripete a ogni
circostanza, anzi: la cattedrale di Santa Sofia a Istanbul divenne
moschea,
sorte comune a molte altre chiese; il tempio di Salomone e poi di
Erode a
Gerusalemme a tutt’ oggi viene scavato via a pezzi dai sotterranei
onde
rendere imperitura e totale la presenza delle moschee; il tempio
della tomba
di Giuseppe, quello di Gerico e quello di Gaza sono stati smantellati
anche
rispetto ad alcuni reperti, mosaici e oggetti di culto, preziosi e
ormai
perduti per sempre; in India il tempio del dio Ram a Ayodhya, 540
chilometri
a Sud-Est di Delhi, fu distrutto per diventare la moschea di Babri
Masjid.
Sono migliaia i siti indu andati distrutti, con conseguenti terribili
scontri. Alle Isole Maldive, tutto ciò che esisteva prima
dell’ introduzione
dell’ Islam è stato radicalmente distrutto.
Il guaio avviene quando il luogo di culto viene considerato simbolo
di
altrui potere temporale, quando una grande civiltà che dominò il
mondo vede
nelle altre religioni, invece che un universo di oranti cui unire le
proprie
preghiere, un aggressivo e pericoloso contendente. Poiché l’ Islam nel
lontano passato fu sensibile verso le altre religioni, sia pure a
patto che
convivessero in condizioni di dominate, sarebbe bello che oggi
l’ episodio
dei Buddha aiutasse a ritrovare un punto di vista meno politico, più
spirituale. I paesi che il 25 marzo si riuniranno nella conferenza
islamica
hanno un compito affascinante che si chiama tolleranza religiosa. Le
reazioni di alcuni Paesi musulmani alla vicenda dei Buddha sembra
testimoniarlo. L’ Islam antico la conosceva.