Fiamma Nirenstein Blog

L’Isis fa abbracciare Egitto e Israele

giovedì 19 febbraio 2015 Il Giornale 2 commenti
Il Giornale, 19 febbraio 2015

"Israele continuerà ad essere fianco a fianco con l'Egitto nella sua battaglia con il terrorismo che minaccia tutti noi". Così ha detto ieri il primo ministro d'Israele Benjamin Netanyahu. Primo ebreo dal tempo dei Faraoni a considerarsi in guerra contro nemici comuni insieme all'Egitto. Fianco a fianco, i due antichi nemici di tutte le guerre dal 1948, i dubitosi amici della pace del 1979, i nervosi vicini divisi da una striscia di deserto in cui gli oleodotti saltano e le milizie terroriste impazzano. Fianco a fianco: è di più della pace del 1979, che pure travolse di emozioni e di speranze tutto il mondo. "Non più guerre, non più sangue, non più minacce" disse Menachem Begin nel suo appello al popolo egiziano, trasmesso due giorni dopo l'inaspettata dichiarazione del presidente Sadat in cui annunciava la volontà di andare alla Knesset. Sadat disse al presidente Ezer Weitzman "Io sono un uomo di parola, non più guerre".

E più o meno ha avuto ragione. Adesso bisognerebbe che Abdel Fattah al Sisi rispondesse a Netanyahu: "Anche noi siamo al vostro fianco". Questo non capiterà facilmente, ma di fatto quello che Bibi disegna con la sua coraggiosa dichiarazione è un'alleanza strategica dopo la pace del 1979. L'opinione pubblica egiziana, al contrario di quella israeliana, affamata di pace col mondo arabo, ha mal digerito i rapporti diplomatici fra i due Paesi, la famosa Guerra dei Sei Giorni, in cui l'aviazione egiziana fu distrutta a terra con un blitz israeliano. In tutte le guerre arabe, a partire dal 1948, l'Egitto ha avuto fino alla pace un ruolo da leone, la famosa cantate Umm Kultum, la favorita di Nasser, cantava una canzone che ripeteva nel ritornello: "Sgozza, sgozza". La pace non ha portato simpatia: nel 2003 le forze aeree egiziane sorvolarono le strutture nucleari di Dimona, e là si rischiò un nuovo conflitto. L'ambasciatore è stato richiamato fra l'‘82 e l'‘88 e poi nella Seconda Intifada, fra il 2001 e il 2005, quando gli israeliani morivano sulle bombe terroriste palestinesi. La primavera araba portò al potere la Fratellanza Musulmana, Morsi suggerì più volte che il trattato di pace era da cassare, ma non osò romperlo, e Israele stette bene attenta a non fare mosse.

Nel 2011 l'Egitto aprì il passaggio di Rafah contro il blocco di Gaza; a Mursi, piaceva Hamas. L'ambasciata israeliana è stata quasi espugnata diverse volte, durante la "Primavera" 85 diplomatici sono stati evacuati mentre la folla inferocita voleva linciarli. Poi le cose sono cambiate: il generale Sisi è giunto al potere con una rivoluzione che è stata in parte anche un colpo militare contro la Fratellanza Musulmana, e intanto il panorama strategico come in un film dell'orrore, è risultato costituito di sabbie mobili che generavano mostri. Il mondo sunnita, di cui l'Egitto fa parte, si è trovato dilaniato, dopo Al Qaeda, dalla violenza dell'Isis e dei suoi succedanei Jabat al Nusra e Ansar Beit al Makdes, che in gran parte hanno giurato fedeltà a Abu Abkr al Baghdadi, il nuovo Califfo. La spericolata offensiva dell'Egitto in Libia, il suo tentativo di creare una "Forza Araba" (Giordania, Golfo, Arabia Saudita) che combatta ovunque le milizie dello Stato Islamico, la sua determinazione a rispondere allo sgozzamento mostruoso dei 21 copti egiziani (dopo il rogo del pilota egiziano) disegna una guerra strategica dell'Egitto con le altre forze sunnite all'esercito terrorista: quasi di sicuro, riesca o meno a portarsi subito dietro i nuovi alleati, ancora cauti e tentennanti, pure l'alleanza è fatta, ed è forte di un remoto sostegno russo che entra nel giuoco mentre gli Stati Uniti disegnano un altro tipo di alleanza, quella dello scambio di lettere fra Obama e Khamenei. Obama pensa di conquistare l'alleanza col nemico acerrimo dell'Occidente, l'Iran che progetta la bomba atomica e coltiva un disegno egemonico che già gli consente di controllare Teheran, Beirut, Sana’a, Damasco. Israele è in una scatola di fragile cristallo, in mezzo a tutto ciò: il rapporto con l?Egitto e la nuova alleanza moderata sembra essenziale e in fondo l'unico possibile, perché certo il rapporto Obama-Khamenei non promette niente di buono. Sisi ha disegnato l'Egitto come la diga contro il terrorismo, e Israele è interessato a condividere questa strada, che copre un lato del problema.

Nessuno come Bibi è attaccato sia dalla parte sunnita estrema che da quella sciita. Per Israele è fondamentale il fatto che l'Egitto abbia dichiarato Hamas un'organizzazione terrorista e di fatto lo combatta come parte integrante della Fratellanza Musulmana. Israele è odiato dalle organizzazioni terroriste sunnite ed è anche minacciato dall'Iran che con gli Hezbollah e il permesso di Assad occupano il confine siriano del Golan, e ancor più dal pessimo accorda che si disegna all'orizzonte sulla questione atomica. L'Egitto e i Paesi arabi moderati sono il suo interlocutore naturale.

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Silvio Riva , MILANO - ITALIA
 giovedì 19 febbraio 2015  16:56:26

aggiunta – Naturalmente non si deve dimenticare la situazione nordafricana, “filiale” di quella mediorientale: in particolare quella libica.----- Anche qui, i terroristi devono essere tagliati fuori da ogni risorsa di gas e petrolio e, ovviamente, dalla fornitura di armi, con ritorsioni pesantissime contro gli eventuali fornitori.----- L'Egitto sta facendo la sua parte, ma non basta (ha già il Sinai da gestire). Devono essere messi in campo almeno 200-300 mila uomini, che si comportino come i mongoli ad Alamuth (e se non facessero prigionieri sarebbe meglio.....).------ Poi resterebbe solo da fare la “bonifica” dell'Europa, semplificata dalla sparizione della “casa madre” terroristica.------ Non si capisce perché, quando si è trattato di spazzare via i nazisti, la determinazione è stata totale fino alla loro resa senza condizioni: non ricordo ci siano stati “buonisti” a blaterare di “dialogo” ------- Qualcuno vuole forse “dialogare” con il “califfo”?



Silvio Riva , MILANO - ITALIA
 giovedì 19 febbraio 2015  16:27:55

Cara Fiamma, la notizia è eccellente ed è stata preceduta da segnali significativi: non ultimo l'incontro di Putin con Al Sisi e l'accordo di fornitura di armi.----- Vero è che la Russia ha fornito armi anche all'Iran, ma è più importante ciò che avviene ADESSO, in funzione anti terroristica e di “pressione” sugli iraniani.--- Che, se si guarda alla loro “fede” sciita, dovrebbero essere particolarmente interessati a battere ISIS, sunnita: ma Egitto, Arabia, Giordania ed Emirati, sunniti, complicano le cose, anche se non si lasciano incantare da questo fattore.------ E' chiaro per tutti che l'esistenza dei terroristi è solo nociva e non può essere “cavalcata” in alcun modo.----- “Obamba” (per ora titolare con pieno diritto di questo appellativo) forse spera di attrarre gli iraniani nella coalizione, ma resta il “nodo” nucleare.------ In una situazione magmatica come quella mediorientale le previsioni sono sempre azzardate, ma SE si chiudesse il contenzioso in Ucraina, SE gli americani riprendessero il loro ruolo filo israeliano, SE i russi aprissero anche loro questo ruolo, inserendosi come un cuneo (in funzione filo curda) fra Turchia (riottosa) e terroristi (e tagliando questi da ogni accesso al petrolio), per costoro (senza rifornimenti) la sopravvivenza sarebbe di breve durata. ----- Può sembrare fanta-politica: mai dire mai.---- Attualmente in Israele ci sono solo due ambasciate di Paesi islamici, che sono state aperte e chiuse più volte, “a fisarmonica”....con un non dichiarato, ufficialmente, “torno subito”... ----- ma sono prevedibili aggiunte, come segnale politico.------ Piuttosto, ricordando Sadat, sarà bene aver cura della salute di Al Sisi: nemici non gli mancano e il suo regime non è ancora così ben consolidato, anche se sono buoni i segnali provenienti dalla Università Al Azahar.



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