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L'Iran vota il cambiamento ma la democrazia è lontana

lunedì 29 febbraio 2016 Il Giornale 1 commento
Il Giornale, 29 febbraio 2016

C'è qualcosa di un po’ patetico nella determinazione dell'opinione pubblica internazionale a dimostrare che le elezioni iraniane sono un grande segno di democratizzazione, che da ora in avanti vedremo procedere verso l'apertura all'Occidente un Paese dominato dalla shariah condita di khomeinismo, la nazione con un record di condanne a morte seconda solo alla Cina, una delle prime nel reprimere le idee non conformi e le donne, con una simpatia per il terrorismo che lascia una scia di morti e che solo qualche giorno fa ha offerto 7000 dollari di regalo a ogni famiglia di terrorista palestinese, con una passione imperialista che l'ha portata a dominare quattro capitali.

I dati delle elezioni fin'ora disponibili sono una testimonianza di quanto gli iraniani, grande popolo, siano stufi di un regime oppressivo e che li ha impoveriti, che abbiano voluto dare forza al presidente Rouhani che ha aperto una finestra verso la modernità: la lista dei candidati riformisti e moderati nelle elezioni parlamentari ha ottenuto i trenta seggi della circoscrizione di Teheran, la capitale. E' stata una vittoria importante: quasi due terzi dei voti scrutinati sono andati a Rouhani, facendo ottenere alla sua coalizione elettorale detta "Lista della Speranza" tutti e trenta i posti disponibili. IL capo della coalizione riformista Mohammed Reza Aref ha ottenuto il primo posto con 1milione e 323.643 voti.

 Il leader della lista conservatrice Gholam Ali Hadad Adel, ex presidente del Parlamento è arrivato 31esimo. Nel grande Iran oltre la capitale, i risultati sono meno univoci, ma sempre buoni per il fronte moderato. Anche la potente Assemblea degli Esperti, che conta 88 membri e resta in carica otto anni e che quindi, si valuta, dovrà eleggere il successore del 78enne Ali Khamenei, darà la maggioranza al Presidente. Due dei tre candidati che la lista pro-Rouhani aveva chiesto di boicottare, Ahmad Jannati, Mohammed Yazdi e Mohammed Taghi Mesbah Yazdi, hanno perso i seggi. Ciò fa pensare che la prossima "Guida suprema" potrebbe essere Rafsanjani, il potentissimo ambiguo amico (oggi) di Rouhani. I clerici rifiutati sono personaggi che hanno fatto boccacce durante tutta la trattativa fra Rouhani e i P5+ 1: tuttavia essa alla fine è andata in porto, e non avrebbe mai potuto se la Guida Suprema non fosse stato d'accordo su quella che è in realtà una moratoria nella costruzione del potere nucleare iraniano.

Ora la domanda, mentre si considera con soddisfazione ogni traccia di innovazione, fra cui l'ammissione di 13 donne nel Parlamento in cui 167 deputati moderati e riformisti eletti potranno governare, è se questo condurrà a un Iran meno millenarista, che smetta di puntare, come oggi, all'avvento di una dittatura islamica nel mondo musulmano e poi all'egemonia mondiale; che non si qualifichi per la sua incessante violazione dei più basilari diritti umani e per quella continua e sempre più armata promessa di "morte a Israele" e "morte all'America" ripetuta anche pochi giorni nel 36esimo anniversario della rivoluzione. Che la gente desideri cambiare strada, non c'è dubbio, e ha votato per Rouhani per questo.

Accadde anche nel 2009, e finì con una repressione sanguinosa. E egli fa parte di un sistema blindato. Tutti gli eletti sono parte di liste scremate dai migliaia i candidati che non rispondevano ai criteri di Khamenei, persino il nipote del grande Khomeini è stato ritenuto "non fedele ai valori della rivoluzione". In secondo luogo, il vero corpo che detta la politica iraniana è la Guardia Islamica della Rivoluzione. La Guardia non accetterà da Rouhani mai nulla che ne metta in dubbio il potere che oggi le consente di controllare Teheran, Beirut, Bagdad, Sana, Damasco e di proteggere gli Hezbollah, Hamas e gli altri gruppi terroristici che ne fondano il potere nel mondo.

Infine, non si deve sottovalutare che Rouhani potrà fare molte operazioni di politica diplomatica e di immagine, ma alla fine chi decide è la Guida Suprema, per ora intenzionato a restare alla guida del Paese. Rouhani si è dichiarato entusiasta del popolo iraniano per la sua partecipazione alle elezioni. Ma le elezioni nel suo mondo non significano democrazia.

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Nicola de marco , Salerno
 giovedì 3 marzo 2016  16:29:29

È vero la democrazia è ancora lontana in Iran, ma occorre pure cominciare una buona volta. Io faccio grande affidamento sulle donne che costituiscono nei paesi islamici soprattutto un fattore di cambiamento. La democrazia come anche la libertà non viene mai ragalata ma deve essere conquistata con una dura lotta



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