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L'INTERVISTA. Il politologo liberal americano lancia le regole della tolleranza Walzer, tavole per un'etica globale "Così nascerà una nuova sinistra"

lunedì 13 luglio 1998 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME MICHAEL Walzer è ben noto in Italia. Da anni dirige la rivista teorica americana Dissent, quaderno di studi intellettualmente molto avventuroso, ancorché carico della tradizione della sinistra americana; è professore di Teoria Politica all'Institute of Advanced Studies di Princeton. Il suo pensiero, perfino il suo fisico alla Woody Allen sono l'epitome dell'intellettuale newyorkese "liberal" con una nuance marxista. Di Walzer, che ha scritto in particolare sulle dinamiche ideologiche della democrazia e della rivoluzione nel nostro tempo, i libri più letti sono Esodo e rivoluzione e Sfere di giu stizia (entrambi Feltrinelli). Ora le Edizioni Lavoro rilanciano Politica e profezia, che avevano tradotto nel '90, e Laterza sta per pubblicare Sulla tolleranza, che si avventura nel rapporto fra religione e Stato, che cerca risposte su cosa fare per gestire il continuo contatto fra etnie, culture e religioni diverse, e anche sui comportamenti etici che l'attuale fase di globalizzazione attraversata dal mondo intero deve ancora inventarsi, dati i grandi squilibri fra i popoli coinvolti invece nella stessa avventura economica, ma non sociale e politica. La sorpresa che Walzer ci riserva è una grande affezione per la modernità in fondo anche per l'America, ma nello stesso tempo un vaticinio sulla nascita prossima ventura di una nuova sinistra. Lei è fra coloro che ritengono che l'apertura del commercio sia automaticamente una finestra verso la democrazia? "È un fatto possibile, ma non necessario... In generale si può dire che la globalizzazione è una gigantesca massa di energia che cambia tutto, rompe tutti i sistemi tradizionali, ha enormi potenzialità . Se lei ricorda il Manifesto di Marx quando parla della rivoluzione proletaria che spezza la Grande Muraglia, che distrugge barriere e localismi, bene, possiamo tranquillamente applicare queste immagini alla globalizzazione. Ma poi, esistono anche i contenuti degli eventi che si stanno producendo: l'ondata infatti spesso porta insieme alla crescita economica enormi quantità di speculazione, di perdita di sé , di depressione... Qui occorre un grande senso di responsabilità da parte degli Stati leader, ma anche nuove forme organizzate di controllo e di opposizione. Sono sicuro per esempio che siamo sulla strada della formazione di organizzazioni di difesa del lavoro con effettivi rapporti internazionali non più costruiti sulla politica, ma sugli interessi comuni; la nuova sinistra si modellerà su una versione internazionale del controllo del capitalismo interno. Sarebbe tuttavia inutile che questa sinistra si modellasse sul rifiuto ideologico della globalizzazione, vorrebbe dire andare contro la storia stessa e anche contro il benessere e la comunicazione fra i popoli". Lei invita alla coerenza con la nostra civiltà , col principio di rispettare l'altro restando noi stessi. La ritiene anche una regola di politica interna per le istituzioni laiche e democratiche davanti a culture diverse? A scuola le ragazze possono o no venire con lo chador? I cinesi, gli africani, gli afroamericani in America, nelle nostre scuole e nelle nostre istituzioni sono tenuti a rispettare le nostre o le loro leggi? I nostri o i loro costumi e tradizioni? "È un tema molto delicato. Tutte le culture, anche quelle che abbiano abitudini che a me possono apparire oppressive, hanno diritto a praticarle finché in questo non ci sia traccia di costrizione. In altri termini, se una ragazza viene a scuola con lo chador, lo Stato ha il dovere di accoglierla con la sua veste fino al momento in cui non ci sia un legittimo sospetto che essa è costretta a indossarla. Questo è solo un simbolo, ma se ne capisce bene il significato. Al punto in cui si sospetti un'oppressione attiva, la scuola, l'ufficio, il sindacato, i giudici devono attivarsi per aiutarla, fornendo gli strumenti per combattere". Lo stesso principio deve applicarsi alla religione? L'educazione religiosa liberamente richiesta, ovvero la pressione per il finanziamento da parte dello Stato di scuole religiose dev'essere soddisfatto? "A me piace la scuola statale che a richiesta dia un'educazione anche religiosa sulla corsia desiderata, come in Germania, dove esistono tre diramazioni, luterana, cattolica ed ebraica. O in America, dove la scuola riceve dallo Stato un buono per impartire l'educazione religiosa richiesta dall'alunno. Ma la scuola di Stato deve restare se stessa, anzi, quanto più esista una richiesta di insegnamento religioso, tanto più deve offrire alternative, consigliare ottimi studi di filosofia, magnifiche lezioni di storia, educazione civica, e quant'altro che apra orizzonti di ragionamento". La Chiesa anche in America è molto attiva nel proporre le sue interpretazioni legislative delle questioni etiche correnti: aborto, manipolazione genetica... Che ne pensa? "In generale mi dà una profonda soddisfazione politica e intellettuale l'intervento della Chiesa sulle questioni sociali. In America, com'è accaduto con l'ultima epistola del Consiglio dei Vescovi, trovo ottimi consigli, ottimi spunti per una teoria economica della redistribuzione del welfare basato sul diritto naturale. Certo, sulle questioni etiche la Chiesa ha il diritto di combattere per il suo punto di vista. Tuttavia, le leggi di uno Stato democratico non hanno, per loro stessa natura, un carattere di dettato eterno, ma sono soggette ai movimenti, appunto, inerenti alla democrazia stessa. In ogni modo, mentre sull'aborto sono molto sicuro della mia battaglia, che è anche una battaglia sociale oltreché etica, su altre questioni come quelle della riproduzione penso che tutto sommato la Chiesa, con le sue proibizioni, ha una funzione positiva di rallentamento, con la sua opposizione, non so quanto giusta, dà tuttavia ai laici il tempo di riflettere". Più che di un rallentamento, mi sembra si tratti di una paralisi, dell'incapacità , ormai antica, di costruire un'etica laica, una morale convincente... "È vero solo fino a un certo punto. La cultura laica, di cui la definizione dei diritti umani e la comunicazione sono il grande patrimonio, deve certo molto aggiornarsi, darsi molto da fare, diventare così attraente da evitare tutti i risucchi verso un mondo fideistico e irrazionale. C'è molto da lavorare. Ma il mondo moderno ha ancora una quantità di significati positivi a cui attingere, una quantità di idiomi universali che uniscono i giovani invece che dividerli, come la musica, gli abiti, la cultura, la comunicazione. Sono cose molto importanti, che parlano di eguaglianza, di grande coraggio di fronte al mondo nel proclamare i propri diritti. Questo è un portato della democrazia e della modernità , anche se a volte questi diritti possono non interessarmi, non essere miei, o addirittura essere contrari ai miei. Ciò mi sembra già un punto di partenza sufficiente contro le tensioni irrazionaliste e oscurantiste. Noi cercheremo di rendere questa cultura sempre più adeguata al presente, sempre più attraente". Fiamma Nirenstein

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