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L’ INTELLIGENCE DIFENDE L’ OPERAZIONE « MURO DI DIFESA» : E’ SERVITA A SVENTARE ATTACCHI E CATTURARE ASSASSINI S’ allenta la tenaglia militare sui T erritori e torna il terrore

giovedì 6 giugno 2002 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein GERUSALEMME PIÙ impressionante della vastità dell'area coperta da corpi di ventenni straziati, morti o feriti orribilmente, erano, ieri, le dimensioni paradossali raggiunte dall'autobus: un minuscolo pacchetto di rottami fumanti, grande un terzo delle sue dimensioni normali; non più un autobus, ma una gabbia incandescente. Racconta il dottor Koppelmann, dell'ospedale Ha Emek, che per caso passava di là : « E' il terzo attentato in cui mi trovo per caso, ogni volta non credo ai miei occhi, a tanta ferocia, a tanta determinazione. E mi domando come riescano, ogni volta, a colpire così duro» . Se lo chiedono tutti in Israele, dopo che in una settimana di nuovo si sono seppelliti decine di giovani, donne e bambini. Durante l'operazione « Muro di difesa» gli attacchi terroristici erano cessati. I palestinesi erano intenti all'autodifesa. Subito dopo, lentamente, il terrorismo suicida ha ripreso la sua strada. Forse è il caso di ricordare che dall'inizio dell'Intifada, nel settembre 2000, gli attacchi - con kamikaze, agguati lungo le strade, mortai, bombe molotov e altri ordigni - sono stati, secondo le stime dell'intelligence dell'esercito (Aman) 13147, con circa 530 morti e 4030 feriti. I civili sono i due terzi degli uccisi. Nell'Autonomia, per avere un'idea delle proporzioni precise, le vittime (sempre secondo le stesse stime) si contano in 1480, compresi i terroristi suicidi che hanno portato a termine il loro compito o meno (svariate centinaia), e coloro che sono rimasti uccisi dai loro stessi strumenti di morte in varie circostanze (auto o appartamenti saltati in aria per il loro contenuto esplosivo dopo essere state colpite da un proiettile israeliano). Dei duecentododici (circa) attacchi suicidi, le vittime sono quasi esclusivamente civili. Più difficile la conta dei civili palestinesi in un universo in cui la milizia armata ha confini incerti. Dunque, l'operazione « Muro di Difesa» aveva posto un alt temporaneo all'andamento catastrofico della guerra terroristica: un'altissima fonte della Sicurezza militare che non siamo autorizzati a citare dice che, nonostante la ripresa degli attacchi, l'operazione non può essere considerata un fallimento, al contrario: « Da quando è finita l'operazione abbiamo potuto intercettare quaranta attacchi terroristici, alcuni dei quali molto importanti, e addirittura catastrofici, come il tentativo di attaccare le Torri Asriel, i due grandi grattacieli di Tel Aviv. Abbiamo calcolato anche che il numero degli attentati sia calato dell'80%» . Questo grazie all'eredità di « Muro di difesa» , una grande, rinnovata rete di informazione nei Territori, e anche al gran numero di « quadri» del terrorismo, sia di Al Fatah che di Hamas e della Jihad islamica fermati: su 5000 arrestati sono state trattenute 1700 persone, « un numero enorme di militanti coinvolti nel terrorismo a vari livelli, molti dei quali provenienti dalle stesse forze di sicurezza di Arafat. Non avrei mai creduto che la diffusione fosse così vasta - dice la a fonte - pensavo a 200-300 persone al massimo» . Anche le fabbriche e le strutture di importazione illegale di armi sono state parzialmente demolite. E allora, che succede? La società palestinese è in subbuglio: da una parte sussiste uno zoccolo duro di sostegno al terrore « contro i cittadini, dentro Israele» : il 52%, mentre nel dicembre '91 era del 58%. Una piccola differenza, ancorchè significativa del fatto che l’ incertezza comincia a farsi sentire. Gli attacchi, che avrebbero dovuto distruggere il morale degli israeliani, portare a una loro reazione inconsulta e quindi all'intervento internazionale, non hanno raggiunto il loro scopo. D'altra parte, bisogna pensare che la scelta dell'arma strategica del terrorismo suicida è molto affascinate per la sua potenza mediatica (diviene immediatamente « breaking news» in tutto il mondo), il suo valore universale presso la maggioranza del mondo musulmano, il potere di conquistare i giovani di disparate derivazioni sociali, universitari, lavoratori, disoccupati, poveri, ricchi, laici e religiosi. Il mondo palestinese e in genere il mondo arabo molto raramente lo condanna: ritratti degli « shahid» , i martiri, sono appesi ovunque, i cantanti li cantano, i media e i leader politici li invocano come ideale di perfetto eroe. Ultimo punto, ma non di minore importanza: il terrore costa poco, una cintura la si paga circa 180 euro, una macchina piena di tritolo costa il furto dell’ auto e al massimo mille euro di materiale. E in ogni caso riceve finanziamenti internazionali: Iraq, Iran, Arabia Saudita secondo ogni indicazione ne sono sostenitori più o meno aperti. Shimon Peres, che ha capito molto bene il rischio corso a Glilo, dove per caso è stata evitata la strage di 30 mila persone che avrebbe potuto causare l'esplosione di un enorme deposito di benzina, ha detto ieri a Kofi Annan che Israele teme « atti di megaterrorismo» . Arafat in queste ore subisce di nuovo la pressione americana per fermare i commando, ma nonostante la condanna di rito rimane inerte: aspetta gli eventi dentro il suo campo, verifica la sua forza e quella della sua strategia, dispone le sue pedine nella « riforma» che dovrebbe, secondo le richieste americane e israeliane, portare a un solo comando militare e di intelligence, o almeno a una centralizzazione nel controllo delle armi. Per ora Arafat non diminuisce il numero dei Servizi, disegna situazioni in cui di fatto il metodo del divide et impera viene reiterato; e Sharon, cui gli americani chiedono che i palestinesi possano in fretta proclamare uno Stato, vola a Washington per dire a Bush: « Ma di quale Stato stiamo parlando? Uno Stato dedito alla nostra distruzione tramite l'arma del terrorismo? Fermatelo, con o senza Arafat, e poi si vedrà » . Intanto però , Sharon sa che i vincoli internazionali restano forti, qualunque attacco terroristico ci sia: Arafat non si tocca, neppure politicamente, e nessuna operazione di difesa può figurarsi come una riconquista delle « zzone A» . In definitiva, quindi, il terrore continua, e scriverlo è ben più facile che viverlo.

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