L'idea di Netanyahu: via le sanzioni a Mosca se rimanda l'Iran a casa
domenica 15 luglio 2018 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 15 luglio 2018Mentre si scalda al calor bianco il fronte sud con Gaza, e Israele manda a Hamas un messaggio che si intitola "adesso basta", il nord ha contorni complessi, che si sfumano sui pavimenti disegnati a scacchi su cui Putin ha incontrato mercoledì scorso Netanyahu, in vista dello storico incontro fra Putin e Trump, domani. Due antagonisti storici, le cui prospettive sono intrecciate su parecchi scenari. Il viaggio di John Bolton di qualche giorno fa a Mosca dice che il destino della Siria e del Medio Oriente sono fra le leve decisive dell'incontro, anzi, come ha detto Bolton: "Non credo che Assad sia il centro strategico: è l'Iran a esserlo" e ha aggiunto: "Ci sono le possibilità di un largo negoziato che aiuti a spengere le forze iraniane fuori dalla Siria, a casa loro". E questa è la ragione, il disegno pluriennale per cui Netanyahu ha fatto a Putin ben 9 visite. E' chiaro: per Israele avere l'Iran insieme agli Hezbollah sul proprio confine è una situazione impossibile, si tratta del Paese e della milizia che hanno fatto della distruzione di Israele lo scopo principale, e una funzione del potere. Ma l'Iran è molto ambizioso: ha speso in questi anni in Medio Oriente e in particolare in Siria la bellezza di trenta miliardi di dollari mentre la sua gente soffre la fame; senza la sua gestione crudele della guerra Assad non esisterebbe più. Anche la sua ultima vittoria a Daraa nel sud della Siria, che si fregia della guerra contro l'Isis ha ucciso e sgomberato centinaia di migliaia di sunniti terrorizzati. Tutto questo, tuttavia, gli Ayatollah l'hanno fatto con l'appoggio armato della Russia, che seguita a fornire il sostegno aereo delle operazioni di sostegno di Assad.
Netanyahu ha preso un volo El Al nove volte per Mosca, ma anche Putin ha steso nove volte i tappeti rossi per Bibi (stavolta è andato alla partita con la moglie Sara e due bambini malati): la ragione non è una passione sionista. Putin tiene solo per Putin, e pensa che Bibi possa avere un ruolo interessante. Netanyahu a sua volta, proprio nelle ore del Cremlino, ha bombardato la centrale più tecnologica dei mezzi bellici iraniani, e altre strutture oltre il confine del Golan, certificando la determinazione di Israele. Dunque, si può notare un primo accordo: si può attaccare l'Iran senza che la Russia si arrabbi. E se non si arrabbia, dato che a Putin Assad serve, vuol dire che è chiaro che Israele ce l'ha con l'Iran, ma non col dittatore siriano finchè non spara. Ma la storia è più scottante e non tutta israeliana: dal 2016, secondo il New Yorker, Mohammed Bin Zayed, principe di Abu Dhabi, sollevò il problema di spingere la Russia lontano dagli ayatollah iraniani, i peggiori nemici. Formò un fronte con i paesi Arabi moderati, che hanno immaginato un affare in grande stile, in cui gli Stati Uniti possano sollevare da Putin le sanzioni comminategli per l'invasione dell'Ucraina in cambio della fuoriuscita iraniana.
Nessuno lo può dire con certezza, ma forse Israele è in grado di illustrare con forza a Trump quanto sia essenziale e storico distogliere l'Iran dalla conquista del Mediorente. Questo grosso "deal" sarebbe, prima del summit di domani, il nodo su cui i due discuterebbero fra gli altri argomenti: Assad resta, l'Iran se ne va, Trump aumentando lo scandalo che sempre, con suo somma indifferenza, lo circonda, cerca di ottenere che Putin scalzi gli ayatollah dandogli in cambio il disinteresse sull'Ucraina. L'Europa naturalmente non può che opporsi, anche se la marcia bellica sciita ha messo in moto tanti profughi sunniti. Mike Pompeo ha detto chiaro: "L'Iran deve andarsene, non ha niente da fare là". Vero, ma Putin vuole e può vincerla sulle Guardie Rivoluzionarie? Un capitolo tutto da scrivere.