L'ex premier nega tutto ma pare che stia lavorando a un nuovo partito di centro insieme ai transfughi del Likud Israele, la crisi rilancia l'intramon tabile Peres Netanyahu vorrebbe dargli gli Esteri, ma lui potrebbe allearsi con Levy
mercoledì 7 gennaio 1998 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
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Shimon Peres è fatto di carne, sangue, e politica: negli ultimi
due giorni dopo le dimissioni di David Levy la sua pelle si è
fatta immediatamente tonica, il peso dei suoi 74 anni è diventato
una nuvola di sapienza, la voce è tagliente ed aspra nelle tante
interviste radiofoniche e televisive. Nelle risposte ai cronisti
parla alto, con qualche acuto di rabbia, e con il suo invincibile
accento polacco. Che cosa è successo? Semplicemente che il leone
della pace annusa il vento, e sente che può tornare in caccia. Da
quando Levy si è dimesso, infatti, intorno a Peres si è creato un
turbine di eventi che naturalmente l'ex primo ministro e Premio
Nobel smentisce con tutte le sue forze.
Primo episodio: da una fonte del partito laborista è stato
spifferato (probabilmente per vanificare l'operazione) che
Netanyahu avrebbe offerto a Peres, su base personale, il posto
vacante al ministero degli Esteri. È chiaro che questo
rafforzerebbe enormemente Bibi sul fronte del rapporto ormai
smozzicato e confuso con gli americani, e soprattutto con Arafat.
Peres, ormai fuori da ogni carica di partito e decisamente poco
amato da Ehud Barak, il candidato primo ministro e segretario dei
laboristi, potrebbe anche seguire le orme di Moshé Dayan che
servì come ministro della Difesa in un governo di destra. Ma forse
mira a qualcosa di meglio.
E qui viene il secondo episodio: Peres, dicono, si è incontrato
con il sindaco di Tel Aviv Roni Milo, un cinquantenne del Likud, e
l'ha giurata (da posizioni più moderate) a Netanyahu, e che ha
annunciato, anche se in modo non ufficiale, la creazione di un
partito che dovrebbe chiamarsi il Partito del Futuro. Adesso, se
Peres si è messo d'accordo con lui, questo potrebbe essere il
Partito per un Futuro di Pace, che correrebbe con una bandiera di
tipo inglese alla Blair, con un'ideologia quindi di sinistra e
pacifista, e un atteggiamento socioeconomico di centro. Sembra che
Peres si sia già incontrato anche con David Levy, che era la
colomba del governo Netanyahu, e che potrebbe portargli via i voti
degli ebrei sefarditi, di cui è il più importante leader.
Peres nega tutt'e due queste possibilità . E si irradia invece di
soddisfazione profonda di fronte ad un sondaggio fatto dal primo
fra i programmi politici televisivi che lo dà nell'opinione
pubblica ben più popolare di Netanyahu: 56 punti contro 28. Shimon
Peres dice che di tornare sull'arena politica non gliene importa
niente: "Io ho scelto una carriera e una sola, quella della pace -
si irrita con chi gli chiede se tornerà ministro o premier -.
Tutto quello che serve alla pace è la mia sola strada. Non ho
nessuna ambizione personale, ho solo il desiderio di prendere la
strada di Oslo".
Peres, non è un segreto per nessuno, in realtà ha sempre dato
alla politica un'importanza sostanziale: si considera il vero
discendente di David Ben Gurion di cui era l'amato ma anche
criticato pupillo. Fu Ben Gurion a farne il direttore generale del
ministero della Difesa nel 1953 senza che Shimon avesse nessuna
esperienza militare alle spalle, un punto sempre molto criticato
dai suoi avversari, che se lo figurano come un fragile e verboso
intellettuale. Dal ministero della Difesa Peres spiccò il volo che
lo ha portato a essere ministro cento volte, e per tre volte primo
ministro.
Peres è insieme il padre della bomba atomica e della pace, della
Marina israeliana e della sconfitta all'inflazione. E tuttavia dopo
la sconfitta alle elezioni del maggio del '96, il suo partito lo ha
trattato come un padre da uccidere, un leader troppo invidiato e
troppo poetico per poter affrontare la dura realtà
dell'opposizione, lo ha trattato come un vecchio. Lui, il padre
fondatore, il Premio Nobel, il compagno-fratello di Rabin, l'uomo
che per primo aveva avuto il coraggio di abbracciare Arafat e di
chiamarlo "partner", quando ha chiesto al suo partito, il 14 maggio
del '97: "Sono forse un perdente?", si è sentito rispondere "sì ] "
da un pubblico rabbioso che lo ha escluso dalla leadership con 1403
voti contro 856. Da allora Shimon Peres non ha perso un attimo: ha
fondato il suo Centro per la Pace, che tuttavia lo disegnava come
un nobile e potente pensionato, pieno di appuntamenti decisivi con
mecenati, con politici e intellettuali interessati al futuro
economico del Medio Oriente e a una pace costruita attraverso la
comunicazione personale.
Fiamma Nirenstein