L’ EX EREDE DI RE HUSSEIN VUOLE IL DIALOGO TRA MONDO MUSULMANO E OCC IDENTALE « Il mio piano per la Palestina» La proposta di Hassan di Giordania
martedì 31 ottobre 2000 La Stampa 0 commenti
ANCHE in questi giorni terribili il Principe Hassan di Giordania
cerca una
risposta. E' sempre stato un uomo di pace per il Medio Oriente, sin
dai
tempi in cui sembrava destinato a succedere a Re Hussein, che alla
fine, dal
letto di morte, lo sostituì all'improvviso col figlio Abdullah,
l'attuale
re. Hassan tuttavia è una delle figure più rappresentative nel
dialogo fra
mondo musulmano e occidentale. Col suo eloquio autorevole, in un
incontro
organizzato dall'American Enterprise Institute di Washington in un
albergo
di Madrid dove esperti americani, europei, arabi e israeliani
discutono sul
conflitto mediorentale, spiega alla Stampa che una soluzione di pace
esiste
ancora, ma occorre cambiare il punto di vista di 360 gradi.
E in che modo, Principe?
« Prima di tutto, il mondo Arabo e Israele devono essere protagonisti
con gli
Stati Uniti, l'Europa e la Russia, così da costituire un quadro
rassicurante, un contesto che sollevi ciascuno dalle proprie paure» .
Non è la presenza del contesto internazionale che è mancata al
Processo di
Pace.
« Oggi serve un nuovo punto di partenza psicologico, e si può fare
solo con
uno spostamento di prospettiva» .
Come, se gli eventi parlano solo di guerra?
« La risoluzione del conflitto Mediorentale negli ultimi anni si è
molto
specializzata su un punto: lo scontro Israelo-Palestinese. Esso è
centrale,
ma non è l'unico. Basta guardare oggi alle forze che esprimono la
loro
frustrazione nelle strade dei Paesi Arabi: non hanno partecipato
della
discussione né della ricerca delle risoluzioni, non hanno avuto modo
di
esprimere le loro paure come invece gli israeliani e anche
palestinesi,
legittimamente»
Mi sembra che per lei la parola paura sia una parola chiave per
capire ciò
che accade oggi.
« Infatti: la visita di Sharon è stata la molla che l'ha messa in
circolazione. E la paura del mondo arabo di essere messo da parte, di
venire
costretti alla disperazione della povertà . Clinton ha parlato della
necessità primaria di recuperare alla speranza i giovani palestinesi
che non
hanno sentito i frutti del processo di pace. La nostra regione è
perennemente circondata da un cordone sanitario che la costringe
all'indigenza e al sospetto. E' molto urgente uscirne con un accordo
quadro
per l'area, e tutte le parti interessate devono firmarlo e
garantirlo. Nel
buio del conflitto, questa è la candela che deve essere accesa» .
Qual è il punto di partenza per questo accordo?
« Una solenne proclamazione di una linea di condotta comune a tutti» .
Come può essere contemplato il terrorismo in questa « linea comune» ?
« Episodi come quello dell'attentato terroristico al "destroyer" degli
Usa in
Yemen sono senza precedenti: ci dicono che non solo Israele e
Palestinesi
sono in questione, ma che tutta l'area può essere destabilizzata.
Basta
riflettere sulla quantità di armi di distruzione di massa accumulate
in
Medio Oriente. Quindi non può mancare un impegno comune contro tali
armi e
forme violente di destabilizzazione»
E poi?
« Sulla scia di grandi cambiamenti come quello fra l'America e il Nord
Corea,
occorre vedere se nel caso dell'Iraq, ferma restando l'integrità
dell'ONU
nell'uso delle sanzioni, non sia possibile riconoscere l'importanza
di
applicare "sanzioni intelligenti".Petrolio, acqua, risorse in
generale,
diritto alla sicurezza alla salute e all'istruzione e libera
espressione
religiosa devono far parte di questa piattaforma complessiva. E'
indispensabile la sua dimensione spirituale: i leader religiosi si
devono
impegnare» .
Mettiamo che ci si arrivi: non resteranno parole? E siamo ancora in
tempo?
« Dobbiamo riuscirci in poche settimane. L'orribile alternativa è
un'esplosione etnico religiosa di tipo balcanico. Penso a una
proclamazione
di punti fermi persino molto modesti. A più tardi un generale accordo
di
pace. Come dice il mio amico Shimon Peres: anche un pallida pace è
meglio
della guerra. Una pace imperfetta è meglio dell'impensabile guerra
perfetta» .