L’ EX AMBASCIATORE IN ITALIA ORA PORTAVOCE DEL PREMIER Pazner: siamo p ronti alla pace ma difenderci è nostro diritto « Arafat dopo gli accordi di Oslo ha avuto l’ occasione di ottenere quello che chiedeva però ha preferito rispond ere con la violenza»
lunedì 11 marzo 2002 La Stampa 0 commenti
                
GERUSALEMME 
AVI Pazner è stato ambasciatore in Italia e a Parigi ed è oggi lo 
spokesman 
di Ariel Sharon. La sua casa è situata a cento metri dal caffè Cafit, 
che 
rischiò di saltare in aria pochi giorni fa con centinaia di 
avventori, e che 
solo l'eroismo di un cameriere ha salvato; il suo ufficio è a 
duecento metri 
dal caffè Moment, in cui un terrorista suidicida ha fatto, sabato 
notte, 
undici morti fra i 23 e i 31 anni: Pazner, in questa normale giornata 
di 
funerali e di sangue appare stanco e molto provato, ma sottolinea 
soprattutto la volontà del suo governo di cercare di nuovo la pace e 
fa una 
proposta ad Arafat. 
Signor Pazner, Sharon continua a usare toni molto duri. Ma questa è 
veramente una guerra? Non si parla qui di forze troppo dispari perché 
questa 
possa essere la sua definizione? 
« Abbiamo attraversato purtroppo ogni tipo di guerra: è sempre una 
tragedia a 
parte, e in ognuna Israele ha sofferto il rifiuto e l'aggressività 
del mondo 
circostante. Adesso, dopo la guerra d'indipendenza, quella del Sinai, 
quella 
dei sei giorni, quella del Libano, quella del Golfo, dopo questo 
lungo 
cammino, eccoci a una guerra contro il terrorismo. Una guerra che non 
abbiamo cercata; che i palestinesi vogliono chiamare intifada, 
intifada 
della Moschea di Al Aqsa.. ma non è un'intifada. E' una guerra 
iniziata con 
un terrore enorme, senza precedenti, contro di noi proprio mentre 
cercavamo 
di chiudere per sempre il conflitto con i nostri vicini. E' una 
guerra che 
ormai si configura come quella degli americani contro il terrore. 
Siamo 
nella stessa situazione, un mondo che ci odia ci vuole morti e 
delegittima 
la nostra stessa esistenza» . 
C'è una grande differenza rispetto agli Usa, e tutti ve la 
rinfacciano: 
l'occupazione. Molti sostengono che se decideste di mettervi fine, 
anche il 
terrore cesserebbe. 
« E' una visione semplicistica e partigiana. Era poco più di un anno 
fa che 
proponemmo di porre fine alla situazione d'occupazione rimasta dopo 
l'accordo di Oslo, e creare uno stato palestinese. Abbiamo avuto un 
sonoro 
rifiuto da parte di Arafat. Arafat scelse la violenza e non abbiamo 
nessun 
segno che adesso voglia scegliere un'altra strada» . 
Adesso tutto il mondo, e anche gli americani sostengono che fate un 
uso 
eccessivo della forza, che Sharon non vuole la pace, che non lascia 
speranza 
ai palestinesi che per questo insistono col terrorismo suicida. 
« E' una visione completamente sbagliata, piena di pregiudizi. Vi 
siete già 
dimenticati che l'ondata terrorista è arrivata quando ancora Barak 
era primo 
ministro, il mito di Sharon è inventato, e questo terrorismo è 
diventatao 
sempre più crudele, direi vizioso: colpisce donne e bambini e ragazzi 
per 
scelta. Così pensano di piegarci, di costringerci con la forza» . 
Quello che specie l'opinione pubblica europea vede oggi più di ogni 
altra 
cosa è la forza dell'esercito che si abbatte sui palestinesi: non 
dimentichi 
che ci sono stati cinquanta morti in pochi giorni. 
« Noi combattiamo a viso aperto contro il terrorismo, dopo migliaia di 
attentati, mentre la nostra vita è minacciata, senza prendere di mira 
la 
popolazione civile e ci dà gran pena quando qualcuno ci va di mezzo; 
dobbiamo cercare di smantellare le organizzazioni terroriste, e i 
loro 
armamenti. A Tulkarem abbiano compiuto un'operazione militare molto 
importante: abbiamo neutralizzato centinaia di uomini armati e decisi 
a 
tutto; abbiamo preso 50 ricercati; abbiamo smantellato fabbriche di 
armi, 
sequestrato cinture esplosive, scoperto una manifattura di Kassam2. 
Ci 
dispiace molto per la perdita di vite umane, ma dobbiamo cercare di 
difendere la vita dei nostri cittadini» . 
Ma gli attentati continuano; non sarebbe più logico cercare una 
strada di 
conciliazione, che dia ai palestinesi qualche speranza di potere 
vedere 
concludere l'occupazione? 
« Se c'era bisogno di un'ulteriore prova (e ne abbiamo già date a 
centinaia 
nonostante l'ondata di incitamento all'odio) della nostra buona 
volontà , 
ecco che sfidando il suo proprio governo e tornando sulle sue 
posizioni 
Sharon rinuncia a un punto della sua politica che sembrava 
inamovibile, 
ovvero i sette giorni di silenzio prima di rimettersi al tavolo a 
fissare i 
termini del cessate il fuoco, ovvero dell'accordo Tenet..» 
E poi? 
« Cominciamo da qui: vorrei che intanto Arafat facesse a sua volta un 
passo 
importante, ovvero che fermasse il terrore fino all'arrivo di Zinni, 
l'inviato americano questo giovedì » 
Arafat è in grado di compiere un passo del genere? Controlla il campo? 
« Assolutamente, sì . Oltretutto il novanta per cento di tutti i 
terribili 
attentati di questi giorni, così mirati e crudeli, sono stati 
rivendicati 
proprio dai suoi uomini, le Brigate dei martiri di Al Aqsa del Fatah, 
i 
tanzim, Forza 17..» . 
Lei spera che la visita di Zinni possa servire a qualcosa? 
« Si, lo spero dal profondo del cuore. Noi siamo pronti a lavorare 
praticamente per la pace» . 
Lei crede veramente che Sharon sia pronto a « concessioni penose» come 
ha 
sempre ripetuto senza specificare di che cosa si tratta? 
« Lo è talmente tanto che ha accettato che i ministri Ivet Liberman e 
Benny 
Elon abbandonassero la coalizione aprendo una crisi molto difficile» . 
            