L’ ESPERTO DI MEDIO ORIENTE BERNARD LEWIS « NON SERVIRANNO A NIENTE NÉ UN INTERVENTO MILITARE, NÉ LE SANZIONI» « Ahmadinejad vuole la fine del m ondo»
sabato 14 gennaio 2006 La Stampa 0 commenti
TEL AVIV
Quando Bernard Lewis, il grande storico mediorientalista, parla, è il caso
di starlo bene a sentire: fu lui a capire per primo, unico ad aver letto gli
scritti dell’ ayatollah Khomeini, come il nuovo regime iraniano, accolto in
genere come una benefica rivoluzione contro lo scià , fosse invece un
fenomeno autoritario. Fu lui a capire già nel ‘ 98 come l’ uomo alto che
parlava contro « crociati ed ebrei» rappresentasse un pericolo mondiale: era
l’ allora sconosciuto Bin Laden.Fu lui a indicare ben prima delle elezioni
che gli iracheni perseguivano con coraggio da leone il desiderio di libertà
conculcato da Saddam Hussein. Di fronte al Medio Oriente del dopo Sharon e
della minaccia nucleare iraniana, guardiamo il futuro insieme allo studioso,
che compirà 90 anni a maggio.
Professore, ha conosciuto Sharon?
« Sì , l’ ho incontrato diverse volte. Un uomo piacevole, ricco di umorismo,
capace di istaurare una conversazione essenziale in semplicità . La sua
scelta di evacuare Gaza testimonia coraggio e integrità . La fuoriuscita è
stata compiuta con criteri ponderati, ben diversi dal ritiro dal Libano» .
Tanti dicono che, al contrario, ha suscitato negli arabi la stessa
impressione: quella di una fuga.
« Il modo in cui Israele si ritirò fu, anche se era giusto andarsene,
disastroso. Sembrò una fuga davanti agli Hezbollah. E se gli Hezbollah ci
erano riusciti, perché - pensa Hamas - noi non possiamo fare lo stesso?
Eccitare gli animi è molto pericoloso da queste parti. Bin Laden vide nella
ritirata russa dall’ Afghanistan non il segno della crisi sovietica, ma la
vittoria dell’ Islam, e quindi la via della conquista globale» .
Sharon non ha fatto lo stesso?
« Il suo sgombero, ben ordinato e compiuto senza abbandonare una dura guerra
al terrorismo, ne abbia causato più di prima. Anzi» .
Forse la sua personalità di soldato è stata deterrente. Ma è una figura di
svolta?
« Sharon suscitava rispetto come militare; e come statista è paragonabile ad
altri grandi personaggi che hanno cambiato la storia. Per esempio, Kemal
Ataturk, che aveva la vittoria sui greci già in pugno e invece offrì
generose condizioni di pace. Anche Sadat rinunciò alla presenza russa, che
gli dava un vantaggio immediato, in favore della pace nell’ area» .
Sharon dal tempo di Sabra e Shatila è stato ritenuto un leader
guerrafondaio, sempre sotto accusa.
« Il caso di Sabra e Shatila è unico al mondo. Là furono uccise 800 persone,
purtroppo; ma a Hama il siriano Assad ne uccise fra le 10 e le 20 mila.
Sabra e Shatila divenne un caso internazionale. Per Hama, niente. Sharon non
ebbe a che fare con la strage perpetrata dai cristiani maroniti, se non per
il fatto di non averla evitata. Ma ancora oggi è ritenuta colpa degli ebrei:
è stata giudicata secondo il doppio standard che si applica agli ebrei, nei
quali si cerca il male assoluto» .
Per molti, Sharon ha peggiorato il terrorismo.
« Io lo giudico vittorioso: se ne vede molto meno, nonostante tutto» .
Fra pochi giorni ci saranno le elezioni palestinesi. Hamas può parteciparvi?
I gruppi terroristi possono essere assorbiti o vanno tenuti fuori dagli
sviluppi iracheni, palestinesi, libanesi?
« Io credo che la democrazia sia una medicina molto potente, che può uccidere
il malato. Quindi si devono individuare strade che ne mitighino e facilitino
la crescita nel senso giusto. Hamas al governo può solo favorire la
violenza, e lo stesso penso degli Hezbollah» .
La democratizzazione appare oggi così difficile.
« Ci vuole pazienza. Anche in Iraq le cose vanno un po’ meglio. Sarebbe
assurdo abbandonare un popolo i cui giovani in fila per arruolarsi nella
polizia vengono decimati da un terrorista suicida, e i superstiti si
ripresentano all’ indomani. Eppure ogni giorno in Europa e anche negli Usa
c’ è chi chiede di nuovo il ritiro. E’ un’ invito a considerarci come un
insieme di vili e di vinti, un invito al terrorismo a diventare sempre più
aggressivo, specie verso l’ Europa» .
La grande novità è la furia di Ahmadinejad e dall’ ingresso dell’ Iran in una
fase ulteriore del suo progetto nucleare. Cosa accadrà ?
« Niente di buono. Ahmadinejad ha più volte citato come suo compito la
mahdaviat, la preparazione dell’ arrivo del Mahdi che precede la fine del
mondo. E dunque qualsiasi deterrenza di fronte a questo non vale: a lui non
importa che Israele o altri potrebbero rispondere a un attacco nucleare
contrattaccando Teheran. Non conta quanti morti si fanno per la vittoria
finale dell’ Islam. E’ questo che Ahmadinejad crede con fede totale di star
preparando» .
Cosa resta? La prevenzione armata? Le risoluzioni dell’ Onu?
« Non credo nella prevenzione armata: le centrali iraniane sono molte e ben
nascoste. E non credo certo che l’ Onu possa essere risolutiva per alcunchè .
Comunque, è da evitare che il popolo si schieri in difesa del potere
islamista. Credo invece in una intensiva e decisa solidarietà verso gli
iraniani che desiderano tornare nel mondo della civiltà e della democrazia:
devono sentire quanto ammiriamo la loro tradizione storica e culturale, e
quanto li sosteniamo per il cambio di questo regime medievale e lunatico.
Speriamo che l’ Europa trovi finalmente la forza di agire» .