L'esodo dimenticato degli ebrei
Oggi, in un’audizione alla Commissione Esteri della Camera, è stata per la prima volta affrontata la questione dei profughi ebrei dai paesi arabi. La Commissione ha ascoltato il Prof. Irwin Cotler, già Ministro della Giustizia Canadese e presidente onorario dell'organizzazione "Justice for Jews form Arab Countries" e il Prof. David Meghnagi dell'Università Roma Tre, lui stesso scappato dalla Libia nel 1967.
E’importante portare alla conoscenza degli italiani quello che nessuno sa: ovvero che oltre alla ben nota nakba palestinese, esiste una ben più voluminosa, e prolungata nei tempi, nakba ebraica, che è nata dal cuore dell’antisemitismo arabo nei confronti degli ebrei, una realtà che si contrappone al mito della tolleranza islamica nei confronti delle minoranze religiose.
Il numero di profughi ebrei cacciati dai paesi arabi si aggira intorno al milione, superando quindi quello dei palestinesi. La portata delle persecuzioni e dei sequestri di beni fu ben più duratura: ebbe il suo apice nel periodo 1945-48 e poi di nuovo nel 1967.
La nakba palestinese fu causata dall’invito arabo ad andarsene e da una guerra contro Israele da parte di cinque eserciti che si opposero alla risoluzione di partizione dell’Onu del novembre 1947, mentre l’espulsione degli ebrei dai paesi arabi era rivolta a una popolazione che non aveva mai adottato un atteggiamento ostile verso quelle che consideravano le loro patrie.
E' impressionante come questi fatti storici siano del tutto ignorati: siamo abituati ad assistere alla commozione generale per i discendenti dei profughi palestinesi del 1948, il cui status è mantenuto artificiosamente come alibi e arma per una politica anti-israeliana, mentre tutti ignorano invece questo enorme esodo ebraico, che è costato vite e sofferenze.
Dopo la proposta del premier israeliano Netanyahu, nel suo discorso di domenica, di trattare sulla base di due stati per due popoli, si capisce quanto ci sia di attuale in questa questione: oltre all’evidente necessità di non invadere Israele con un numero sovrastante di nipoti e pronipoti di profughi palestinesi, così come accadrebbe se si applicasse il - peraltro univoco - diritto al ritorno, di nuovo la leadership palestinese solleva la questione dell’impossibilità di riconoscere Israele, la patria degli ebrei, come Stato ebraico. Questa è la negazione dell’identità degli ebrei come nazione, che va a braccetto con la negazione dell’identità della sofferenza ebraica provocata direttamente dall’antisemitismo arabo e che ha prodotto quest’altra nakba ignota ai più, che è giunto il momento che il mondo metta almeno alla pari di quella dei palestinesi.
La nostra iniziativa non è di rivendicazione, ma di memoria, verità e giustizia nella speranza che il riconoscimento delle reciproche sofferenze serva alla causa della pace.
Potete riascoltare l'audizione qui:
e la conferenza stampa che è seguita, qui:
conosco bene questa storia, mio marito è israeliano e suo padre un ebreo iracheno cacciato dall'iraq nel '49.è un vero peccato che molte persone ignorino questi avvenimenti, storie che spiegano come la nascita d'israele non sia solo una conseguenza della shoa, ma il necessario e naturale diritto del popolo ebraico ad avere una propria terra.