Fiamma Nirenstein Blog

L'eroismo di Yoni Netanyahu è una lezione per noi europei

mercoledì 6 aprile 2016 Il Giornale 5 commenti
Il Giornale, 06 aprile 2016

No, Yonathan Netanyahu non era "troppo perfetto", troppo bello e bravo per essere vero: era un eroe di Israele, era un ragazzo di Israele, insomma era Israele. E per esserlo a pieno, occorre essere un eroe. Incarnava cioè la quintessenza di ciò che questo Paese è costretto a essere, come più volte Yoni annota, per seguitare semplicemente a vivere. Lui era anche bellissimo, generoso, colto, pensoso e maturo oltre la misura di quello che consente di sopportare la morte di un giovane come lui, e questo rende la lettura un romanzo appassionante, e molto doloroso. Ma anche esaltante e lieto. Ciò che rende difficile accettare la morte di Yonatan non è solo lo spreco della perdita di un giovane meraviglioso: è l'intreccio fra la passione per la vita, per i pensieri e l'amore e la ineluttabile morte di Yoni, testimoniati dalle Lettere. Perché il lettore sente che quella guerra, tuttora in atto, merita un lieto fine, e invece Israele, la vita del Popolo ebraico, seguita a essere assediato da tutti i possibili pericoli e anche da odiosi fraintendimenti. Lo dimostra nel piccolo volume uscito da poco l'encomiabile lavoro di Michele Silenzi che ha raccolto per Liberilibri  le "Lettere" di Yonatan Netanyahu, scritte dal 1963 al 1976, quando è caduto ad appena 30 anni il 4 luglio a Entebbe. Silenzi scrive poche righe ad ogni nuovo capitolo, ed è il lettore ideale del testo delle Lettere, perché capisce che la tragedia di Yonatan non è una tragedia storica ma contemporanea, non la tragedia di Israele ma di tutto il mondo, quello che lo capisce e ancor di più quello che non ce la fa a rendersene conto.

Yoni cadde per una pallottola al cuore quando era alla testa del commando della Sayeret Matkal, l'Unità speciale che liberò tutti gli ostaggi israeliani che i terroristi palestinesi e tedeschi (connubio che non esito a sottolineare) avevano sequestrato in volo e selezionati dagli altri passeggeri isolandoli in un capannone dell'aeroporto di Entebbe, con la connivenza del dittatore Idi Amin Dada. Tutti meno tre furono salvati, e tutti i soldati tornarono a casa. Yonatan corse per primo avanti, temendo che ogni istante di ritardo sarebbe costato la vita ai prigionieri, e fu colpito.

E' un episodio fra i più esemplari e famosi della storia di Israele: un gesto impossibile che solo la volontà, il coraggio e anche la disperazione hanno consentito. Yonatan che non riposa da giorni per preparare col Capo di Stato Maggiore Mordechai "Motta" Gur e il generale Avigdor “Yanush” Ben-Gal (scomparso in questi giorni) il salvataggio, e studia l'operazione nei minimi particolari senza mai andare a dormire, cade incredibilmente in un placido sonno solo quando è già in volo verso Entebbe su un C-130 Hercules insieme ai suoi compagni. Come un Ettore che sta per andare allo scontro con Achille, conosce il suo valore, è ormai quieto dopo aver preparato tutto e tutti, ha sfidato la sorte già in mille operazioni che definire spericolate è dir poco, e si dedica solo a sostenere e a rincuorare uno ad uno i suoi ragazzi, lui stesso ragazzo, mentre siedono nella cabina tesi e silenti e vanno ad affrontare faccia a faccia il destino.

La storia di Yoni è insopportabile perché è troppo vera, perché vive sempre nei ragazzi israeliani che affrontano tre anni di servizio militare: ho conosciuto tanti che camminano sulle sue orme, consapevolmente o inconsapevolmente, Yoni ha segnato la strada. Da studente in America sogna solo di tornare a casa perché, come dice, "brama Israele" come si può amare senza nessuna retorica la propria patria indispensabile dell'identità ebraica contemporanea; una volta in Israele esprime negli anni e in ogni lettera il suo grande amore per la famiglia, per il padre famoso storico Ben Tzion, la madre e i due fratelli adorati Benjamin, ora Primo Ministro, e Iddo. Da ragazzo innamorato scrive a tutti, la fidanzata che poi sposerà e da cui poi divorzierà per approdare al pensoso rapporto con Bruria, la sua profonda interlocutrice negli anni vicini all'addio. La narrazione tocca senza mai una parola di esaltazione o tanto meno di preoccupazione per se stesso un crescendo di operazioni belliche sempre più difficili.

La cronista conosce l'amore senza fronzoli per cui si è pronti a sacrificare la propria vita, si è imbattuta nel corso degli anni, quando con la guerra del Libano nel 2006 ha camminato con i soldati, in uomini come il comandante Roi Klein che, gridando la preghiera dello Shema Israel si fece saltare su una bomba a mano per salvare i suoi soldati, o Tomer Bouhadana, che fu fotografato mentre faceva la V con la mano e un medico gli teneva chiusa la vena del collo per evitare che morisse dissanguato, o i tanti che a Gaza ho visto chiedere di tornare subito alla loro Unità anche dopo ferite gravi. Eppure sono sempre ragazzi che vivono con allegria, con entusiasmo e con un amore per la vita che non è chiacchiera, ma modus vivendi. Israele è costretta, come scrive Yonatan, a disegnare una figura di eroe perfetto come lui che non vuole la guerra, che ne sente l'immensa tristezza, ma che, come scrive, sempre strappato dal desiderio di studiare, di amare, di vivere, di passare il suo tempo a godere della bellezza sua Terra, deve non solo seguitare a combattere, ma farlo pensando, filosofando, e anche cercando di essere felice.

Mi sono chiesta durante la lettura del testo molte volte se Yonatan fosse davvero felice, perché tanto rischio e tanta fatica si pagano, e infatti Yonatan ha subito ferite nel corpo, in guerra, e nell'anima, col divorzio e la lontananza dai suoi e con l'angoscia della perdita dei suoi amici in battaglia. Ma la risposta la dà lui stesso, quando almeno due volte dice ai suoi di essere felice, ebbene sì, a volte in mezzo a parole sconsolate soprattutto sulla incapacità degli ebrei stessi di capire come stanno le cose veramente e affrontare per quello che è il rifiuto arabo, che ritiene con amara preveggenza definitivo.

Yoni già a trent'anni ha il bellissimo volto segnato di una persona molto più matura, la sua espressione è scolpita, e le ultime lettere ripetono una cosa che ho sentito dire tante volte ai soldati israeliani: "Sono tanto stanco". Qualcuno mi raccontava che nella tzavà non si dorme mai, tanto che i soldati in battaglia a volte si addormentano fra uno sparo e l'altro. Israele è come Yoni: non può mai dormire, tirare il fiato, e non soltanto a causa dei nemici, e cerca di riprendersi fra uno sparo e l'altro, fra una goccia e l'altra della pioggia di malevolenza che lo investe.

Ma davvero è molto difficile, che la vita di Israele possa essere compresa con i normali parametri che si usano nel giornalismo e in generale nella narrazione contemporanea delle guerre. Il tenero amore di Yonatan per Bibi per esempio, è certo molto difficile da capire per i giornalisti che amano odiare il Primo Ministro di Israele, che pure nelle parole di Yonatan e nella storia di eroismo in guerra gli è stato gemello e compagno di battaglie, come anche Iddo. La parola eroe è bandita, la parola patria è vilipesa, ed è molto lontano da me volerne fare un simulacro. Ma proprio leggendo le lettere di Yonatan si capisce una cosa drammatica e che in definitiva ti afferra alla gola proprio come la morte di Netanyahu: se il mondo contemporaneo non riuscirà a capire Israele è perduto per sempre, e forse è proprio perché è ormai afferrato da un cupio dissolvi probabilmente dettato dal senso di colpa per la Seconda guerra mondiale che cerca di trascinare con sé il comprimario e la vittima del suo tormento, lo Stato degli ebrei.

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Valentina , Roma
 venerdì 28 luglio 2017  20:29:58

Ho letto di recente le lettere di Yoni Netanyahu. Le ho lette in inglese e se avessi conosciuto l'ebraico, avrei voluto leggerle nella lingua in cui furono scritte.Sono rimasta colpita dalla grandezza di questo giovane uomo, di fronte al suo coraggio, ma soprattutto di fronte al profondissimo, sincero amore per il suo Paese.Un amore che traspare da ogni sua parola, da ogni suo pensiero e da ogni sua azione.Sembra quasi di vederla Israele descritta cosi amorevolmente dalle sue parole.Vorrei visitare Israele, studiarne meglio la storia e respirarne l'aria..Mi sono commossa leggendo quelle lettere.Mi ha fatto riflettere.E ora guardo con occhi diversi il mondo che mi circonda, che appare popolato da personaggi così piccoli ed insignificanti.E' molto difficile accettare che a una persona come Yoni sia stato tolto il diritto di vivere proprio da uno di questi individui cosi piccoli ed insignificanti.Fa sentire impotenti ma allo stesso tempo desiderosi di dare in qualche modo il proprio contributo.Spero che questo commento lo sia.



Francesco Salatino , Frankfurt
 venerdì 8 aprile 2016  12:20:42

Per chi ha la memoria corta, come i filo- palestinesi di sinistra, ricordiamo che tra i dirottatori terroristi palestinesi, il cosiddetto "Comando Che Guevara" c'erano due compagni tedeschi delle "Cellule Rivoluzionarie" Wilfried Böse und Brigitte Kuhlmann, che aiutavano a selezionare gli ebrei dagli atri. Il nostro eroe Yoni Netanyahu è morto non solo per Israele, ma anche per tutti noi occidentali.



edoardo , milano-italia
 venerdì 8 aprile 2016  10:51:29

Fiamma, una sola parola: un articolo stupendo tuo pari! Montanelli non avrebbe potuto non sottoscriverlo...



ALBERTO TERRACINA , roma
 giovedì 7 aprile 2016  17:41:23

grazie Fiamma, magnifica esposizione di questo nostro grande EROE.



giuseppe casarini , binasco (MI)-Italia
 mercoledì 6 aprile 2016  13:52:56

Grazie per questo bel ritratto di questo Bel Eroe di Israele.shalomggc



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