L’ ARMA DELLA VIOLENZA AL POSTO DELLA POLITICA
sabato 16 novembre 2002 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
GERUSALEMME
L'ORRORE per la « strage della notte del sabato» fa il paio con
quello che
abbiamo visto la settimana scorso al kibbutz Metzer: là una mamma
uccisa
premeditatamente con i suoi piccoli, in casa; qui dodici morti e
decine di
feriti tra gente che torna dalla preghiera al tempio. Due attacchi
che hanno
precedenti per crudeltà solo nella strage di ragazzi alla discoteca
Dolphinarium a Tel Aviv, e nel massacro della festa di Pasqua a
Natanya.
La rivendicazione da parte della Jihad Islamica, l'organizzazione che
agisce
in collegamento con gli Hezbollah, sostenuti dalla Siria e dall'Iran,
è
gravissima perché la Jihad non è un'organizzazione autonoma
palestinese, ma
è legata a forze destabilizzanti per tutta l'area. Si tratta di un
attacco
strategico teso a travolgere definitivamente la zona; che ha
dispiegato una
grande potenza di fuoco; che tende a creare una situazione estrema
che
toglie ogni forza al sia pur debole e poco chiaro accordo del Cairo
che
proponeva un cessate il fuoco di Hamas e Fatah; che giuoca sul
rapporto fra
insediamenti e Israele creando un nesso di sangue che impedisce la
trattativa; che spinge il governo a qualche azione che lo metta in
rotta di
collisione con gli Usa nel momento in cui è all'orizzonte la guerra
con
l'Iraq; che giuoca sulle prossime elezioni, spingendo l'elettorato
verso la
destra più decisa, così da mettere Autonomia e Israele su una rotta
di
collisione senza ritorno. E, soprattutto, che di nuovo distrugge
famiglie e
vite innocenti. Nessuno merita queste orribili scelte del terrorismo:
certo
non le povere vittime, certo non i palestinesi che hanno dato molti
segni di
non poterne più delle scelte estreme delle organizzazioni terroriste.
Queste
scene mettono in forse il futuro non solo del Medio Oriente,
proponendo di
nuovo alle molte forze del terrore nel mondo l'arma della violenza
come
promessa di vittoria, la barbarie al posto della politica.