L'America celebra lo sbarco di 70 anni fa. Ma oggi lo rifarebbe?
Il Giornale, 07 giugno 2014
A Colleville sur Mer Obama ha optato, nell'arringa ai leader del mondo, per un profilo convenzionale e piuttosto scontato. Il discorso in cui ha ricordato il sacrosanto, decisivo intervento degli americani contro il nazifascismo avrebbe potuto avere almeno un sentore politico, un tono impositivo in tempi oscuri di prepotenze antidemocratiche. La memoria dei 9387 soldati americani uccisi sulle spiagge francesi, mentre si avventuravano verso la maggiore invasione di tutti i tempi, avrebbe potuto imporre un momento di verità alla confusissima comunità di primi ministri assiepati in Normandia.
Putin avrebbe potuto, dovuto sentire almeno per un momento la presa americana sul mondo, ora che, dopo che gli era stato precluso il G8 divenuto G7, aveva tranquilli appuntamenti individuali con Hollande, Cameron, Merkel. Sì, Obama non gli aveva dato un appuntamento, ma, guarda caso, poi i due hanno avuto una conversazione testa a testa. Il discorso di Obama ha avuto lo stesso segno di doppio messaggio che ha ormai ogni sua mossa, come il discorso di West Point, come l'intervento in Polonia: siamo forti, ma la mia strategia rifiuta ogni intervento in cui si debbano posare scarpe chiodate a terra. Non crediamo in nessuna soluzione militare. Dunque, la Normandia è un pezzo vintage su cui condividere magnifici ricordi con i veterani, quei cari vecchi coraggiosi. Il presidente ha ricordato commosso il sacrificio dei soldati americani: "Questi uomini hanno fatto la guerra perchè potessimo avere pace, si sono sacrificati per darci la libertà, hanno combattuto nella speranza che un giorno non ci sia più bisogno di combattere, gli siamo grati". Ovvero: questi uomini, ha detto fra le righe Obama, sono morti per la pace.la mia pace.
Obama ha ribadito anche in Normandia il suo credo fondamentale: la mia politica è bandire la guerra. Reagan (lo riporta Ricky Moran su "American Thinker") durante la stessa visita nel 1984 diceva:" Voi sapete che ci sono cose per cui vale la pena di morire: il proprio paese, la democrazia..per essa si può morire perchè è la forma più onorevole che l'uomo abbia individuato", e anche:"C'è una profonda differenza morale fra le forze di conquista e quelle di liberazione. Eravate qui per liberare, non per conquistare, e quindi non dubitavate della vostra causa. E avevate ragione a non dubitare".
Invece il discorso di Obama già nell'impostazione è pieno di doppi significati, così come il collegamento che ha fatto con "le forze militari del dopo 9/11, che risposero a una chiamata , dissero io andrò, e hanno deciso di servire una causa più grande di loro.. e hanno resistito per un decennio.." Ma queste forze partirebbero di nuovo "per liberare"?Obama ha detto che non può esserci "più potente segno dell' impegno dell'America alla libertà umana che la vista, onda dopo onda, dei giovani uomini che sbarcavano per liberare gente che non avevano mai visto". Ma è molto difficile crederlo: Obama ha appena annunciato, ignorando il terrorismo micidiale in Iraq, che entro il 2016 tutte le forze americane saranno sgomberate dall'Afghanistan; ha ignorato la richiesta Georgiana, ignora quella Ucraina, gioca con quella siriana, svicola di fronte allo jihadismo che ha invaso il mondo, ignora l'avvertimento dell'ONU che solo nel mese di maggio 900 persone sono morte in attentati. Non ci aspettiamo di vedere altre barche cariche di eroi all'orizzonte, liberi tutti.
Cara Fiamma, finché gli U.S.A. non hanno subito atti ostili da parte dei tedeschi (come nella prima guerra mondiale), sono stati a guardare.Forse non sapevano ancora dei campi di sterminio, ma certamente avevano letto "Mein kampf", sapevano dei risultati di Monaco e della evidente aggressività e malafede nazista.Però c'era ammirazione per la Germania, la sua tecnolgia, il suo "ordine", il fatto di avere neutralizzato i comunisti di casa loro. Il disastro dello Zeppelin aveva concentrato emozioni e solidarietà nei loro confronti.Poi era inevitabilmente cambiata la propaganda favorevole, per spingere gli americani alla guerra, e molti di loro erano andati come ad una crociata, rischiando effettivamente la vita per aiutare persone che non conoscevano.Il fatto del 11 Settembre è stato tutt'altro: non si può ovviamente ignorare che terroristi islamici hanno distrutto due grattacieli, con disastri collaterali, nel cuore di New York.Individuato il responsabile maggiore e la zona in cui era nascosto, l'intervento militare è stato giustificato ed inevitabile: non si può, NON SI DEVE scendere a patti con trattative diplomatiche, verso criminali nascosti sotto un mantello pseudo-religioso. E terroristi sono anche i "religiosi" che li giustificano e danno loro un appoggio dottrinale.Tuttavia gli americani non si sono lasciati andare a vendette e persecuzioni di massa contro gli islamici presenti nei loro stati.Dubito che negli stati islamici si sarebbe fatta distinzione fra attentatori cristiani o ebrei ed i relativi Paesi di appartenenza, a fronte di un tale disastro.E nemmeno dimentico le manifestazioni di giubilo per l'attentato e l'onore tributato agli attentatori suicidi ("martiri" per la fede), in molti Paesi islamici.Non illudiamoci di poter convincere alla pace con le buone questi "alieni" (o "alienati" mentali.A meno che vogliamo convertirci all'Islam.......
rosaria gambardella , L'Aja Paesi Bassi
Lei pone una domanda molto importante.Ogni persona di buon senso sarà sempre grata all'America, per il suo intervento nella II guerra mondiale. Tuttavia credo che Lei sottovaluti il ruolo avuto dalla Russia nella sconfitta del mostro nazista. Questo ruolo, gli americani ed altri, sembrano averlo scordato, dopo la caduta del muro, anzi direi che gli americani hanno sviluppato, un pericoloso complesso di superiorità. Le disastrose guerre in medio oriente, dimostrano poco realismo. Sarà l'Europa decisiva per il futuro. Speriamo bene.