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KHALIL SHAKAKI, DIRETTORE DEL CENTRO PALESTINESE PER LA POLITICA E L A RICERCA A RAMALLAH « Senza questo Raí ss si aprirebbe l’ inferno» Lo studios o: la nuova generazione è sempre più integralista

mercoledì 5 dicembre 2001 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME KHALIL Shakaki, il direttore del Centro Palestinese per la Politica e la Ricerca a Ramallah è uno dei più ascoltati intellettuali del suo campo anche in Israele. Stavolta, nello scrivere un saggio dal titolo « Fallimento degli accordi, ira della piazza» , basato su un’ inchiesta compiuta su 75 campioni territoriali da lui studiati fin dall'inizio dell'Intifada, è chiara la sua intenzione di offrire uno sguardo alternativo che influenzi i politici e l'« intellighentzija» ebraica. Che cosa racconta Shakaki? Quando fu firmato l'accordo di Oslo, dice lo studioso, due terzi dei palestinesi lo sostennero in base a tre speranze: la fine dell'occupazione, la fondazione di un'entità politica indipendente e un miglioramento delle condizioni personali della gente. Dopo Camp David il sostegno crollò , e con esso anche la fiducia in Arafat. Dal 50 per cento all'inizio dell'Intifada, toccò il 33 per cento dopo dieci mesi di lotta. E il supporto per la violenza, invece crebbe dal 50 al 90 per cento. Il 71 per cento dei palestinesi credono oggi che la violenza abbia ottenuto per loro più dei negoziati. E qui viene il vero punto che Shakaki vuole comunicare: al centro delle spiegazioni che hanno portato all'Intifada, oltre alla scelta strategica di Arafat di premere su Israele per un accordo più vantaggioso e alla visita di Sharon sulla Spianata delle Moschee, Shakaki individua lo scontro in atto nell'Autonomia Palestinese fra padri fondatori e giovane generazione. I vecchi hanno passato gran parte della vita in esilio, hanno legittimazione internazionale, Arafat ha dato loro status e controllo delle finanze. I « giovani» nascono dopo la guerra del Libano e conducono la prima Intifada. Jibril Rajub e Muhammed Dahlan ne sono esponenti eminenti, ma in fondo alla scala ci sono anche capi di vere e proprie gang, come Samikh Abu Samhadna a Rafah. Nel mezzo, personaggi come Maerwan Barghouti e Houssam Khadir. Il popolo li sostiene, i movimenti islamici sono molto vicini a loro, e essi si fanno forti del dissenso per imporsi sulla vecchia generazione. La loro forza sostituisce quella dell'Autorità Palestinese in molte situazioni locali, e sentono che sono loro a dare forza ad Arafat, piuttosto che, come nella tradizione, ricavare prestigio dalla sua figura. I « giovani» premono forte, dice Shakaki, per avere più potere, e molti chiedono una guerra contro la corruzione e riforme politiche. Vogliono anche loro uno stato indipendente con capitale Gerusalemme, ma ciò che li differenzia dalla vecchia leadership è una dichiarata disponibilità alla violenza sia per compiacere la piazza sia per costringere la vecchia generazione a farsi da parte. La nuova Intifada, dice preoccupato Shakaki, ha dato ai « giovani» una vera milizia in proprio che coopera da vicino con gli Islamisti. Shakaki vede in questo motivo il dilagare del terrorismo perpetrato insieme da Jihad Islamica e Fatah. E sempre questa cooperazione dei « giovani» , islamisti e non, impedisce di arrestare i terroristi. Sempre i « giovani» insistono perché non ci sia un cessate il fuoco o una repressione del terrore. E aggiunge Shakaki, senza apertura di negoziati Arafat non riesce ad avere una posizione forte da contrapporre alla loro. In definitiva, da questa analisi dall'interno, Shakaki ricava che da un ricambio ad Arafat beneficeranno gli integralisti islamici. La nuova generazione sarà sempre più vicina a Hamas. Anche un ritiro parziale dai Territori sarà visto dai giovani come una loro vittoria: essi lo gestiranno come gli hezbollah di fronte al governo libanese. Non lasceranno che il loro governo controlli il potere, ma useranno le zone acquisite come una base per continuare la lotta contro Israele. Infine, dice Shakaki, solo la vecchia generazione può raggiungere un accordo, mentre i « giovani» non lo desiderano e non lo possono in mancanza di leader abbastanza forti. Alcuni dei « giovani» potranno in caso sostenerlo, e in questo caso gli estremisti saranno fermati. Insomma, se i « vecchi» e i migliori fra i « giovani» si alleassero, questa sarebbe la soluzione per tornare a parlare di pace: non quindi la sostituzione di Arafat, ma iniezioni di giovane leadership potrebbe diminuire l'influenza islamica. Come dice Dahlan, cita Shakaki, se manca Arafat, si aprirà l'inferno.

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