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Israele, unica difesa contro il dilagare di un estremismo sanguinario

martedì 1 luglio 2014 Generico 0 commenti

Shalom, luglio 2014

Mentre scriviamo, il mondo intero esprime la sua condanna per il barbaro assassinio di tre ragazzini rapiti da Hamas: Naftali, Golad, Eyal tornavano a casa da scuola a notte. Per due settimane Israele li ha cercati con immensa fede, i soldati hanno frugato il Gush Etzion sotto il sole di Israele non lasciando pietra su pietra, la gente d'Israele si è stretta intorno alle famiglie che a loro volta hanno dato forza a laici e religiosi col loro atteggiamento di forza e dignità. I ragazzi purtroppo sono stati ritrovati trucidati da quelle stesse forze estremiste islamiche che perseguitano cristiani ed ebrei uccidono gli omosessuali, segregano le donne. Israele invece ha ritrovato se stessa, la sua determinazione e la sua forza di sopravvivenza, la sua unità e il suo senso di equilibrio. La speranza è che l'eredità dei nostri tre ragazzi uccisi sia una migliore comprensione di quello che sta accadendo oggi in Medio Oriente, un'analisi più seria delle forze in campo, una più lucida vicinanza a Israele.

Israele è lo scudo di difesa da Hamas, da Al Qaeda e dall'Iran non solo per gli ebrei, ma anche per i cristiani del medioriente, per i palestinesi di Abu Mazen, per tutti i paesi arabi moderati, primo fraquesti la Giordania, per il popolo curdo sulla strada dell' indipendenza. Israele rappresenta oggi la diga contro l'incredibile tempesta che si è addensata sull'area, una tabe nera che sta infestando la regione, sia che si chiami ISIS, immensa estensione di Al Qaeda che combatte per fondare lo Stato dell'Islam e del Levante, o si tratti della luna crescente dell'Islam sciita capeggiato dall'Iran, che comprende l'Iran stesso, la Siria, l'Iraq, e che contende con l'altra parte il Libano, la Giordania, i confini con la Turchia, la Libia, il Sudan e oltre. Il prisma culturale del rapimento e della barbara uccisione di Naftali, Gilad e Eyal spoglia nudo Israele e ne mette in luce la singolarità. I ragazzi, uccisi a dieci minuti di distanza dalla "trampiada" dove sono stati rapiti, sono stati eliminati senza pietà. Israele in questa come in molte altre circostanze estreme, ha mantenuto salva la ragione nel mare di follia omicida del Medio Oriente.Israele ha usato sul campo in modo ordinato e dedicato il suo esercito per cercare i tre teenager mentre fronteggiava a nord gli spari siriani e a sud la pioggia di missili da Gaza; in questa fase di rottura dell'ordine mondiale e mentre mentre in tutta l'aerea i confini si stanno dissolvendo sotto l'ondata di scontri omicidi Israele resta l'unico rifugio non solo per le persone fisiche di ebrei, cristiani, arabi, ma per la logica in cui prevalgono la certezza del diritto, i diritti umani, il rispetto della persona. I fermati di questi giorni a Hevron o a Halhul, l'area dove sono stati ritrovati i ragazzi uccisi, anche se alcuni sono terroristi liberati nello scambio per Gilad Shalit che non hanno ottemperato alla promessa di non essere mai più coinvolti in vicende di terrorismo, nome per nome diventano oggetto di una decisione specifica da parte dei giudici israeliani.

Il divario fra la logica di Israele è tutto ciò che si sta svolgendo al di là dei suoi confini è tale, il suo ruolo di "safehaven" per i moderati è così vasto, e l'evidente vantaggio sociale anche per gli arabi moderati che esso comporta così evidente, da rendere la continua persecuzione ideologica di Israele incomprensibile, mistificante, uno dei tanti baratri cognitivi in cui è caduta l'Europa negli anni recenti: nel mezzo del raptus omicida che investe la zona, il fatto che nei giorni scorsi i ministri degli esteri di svariati Paesi europei, compresa l'Italia, abbiano chiesto agli imprenditori di non investire in Israele oltre la linea verde, con tutto quello che sta capitando nei dintorni, sembra un puro segno di squilibrio, o di ignoranza. I tre ragazzi sono stati rapiti mentre tornavano da scuola, due avevano 16 anni, uno 19, appena un po' più grande. Per 18 giorni un intero Paese è stato costretto a vivere in un incubo di cui l'odio nemico. L'ansia, la speranza sono stati i protagonisti, a immaginare, a esorcizzare, a soffrire con tre creature che poi sono state trovate sotto terra. Il rapimento non è solo una forma di ricatto molto evidente, ma (e l'Italia lo ricorda dal tempo delle Brigate Rosse) è un'umiliazione, uno sberleffo a un Paese organizzato che possiede un esercito devoto e agguerrito. La struttura salta, lo scopo generale dei rapimenti è ignobile,ovvero quello di estrarre dal carcere degli assassini condannati a volte a vari ergastoli con regolari processi; di farli assurgere a scopo, mito e esempio, di piegare sulle ginocchia un popolo fiero, di terrorizzare i genitori eimpaurire i ragazzi. Il mezzo vanifica tutti gli sforzi di sicurezza che quel Paese mette in atto, dai check point ai controlli di routine, che so, agli aeroporti e ai confini, e scatena invece tutta la cipigliosità classica di un gruppo politico che aggredisce il governo come scopo principale, specialmente quando questo si chiama Netanyahu, mentre l'ONU, l'UE e le altre istituzioni che dovrebbero proteggere i diritti umani, invece di spingere al recupero dei ragazzi chiedevano di usare moderazione durante le ricerche.


Ma di nuovo, come ai tempi della seconda Intifada, la reazione popolare è stata tutta diversa da quella che Hamas aveva sperato: abbiamo visto e vediamo tre coppie di genitori dignitosi fino al sorriso e a continue espressioni di gratitudine,circondati da una folla immensa di sostenitori, religiosi o laici stretti intorno a loro per dargli forza. Nel caso fossero religiosi a pregare.Nessuno si è disperato, nessuno ha odiato: le parole di speranza sono state le più usate; nessuna espressione d'odio è mai stata usata: nemmeno in questo caso così estremo Israele ha dato segni di razzismo, di attitudine guerrafondaia, di discriminazione etnica o religiosa nonostante i media palestinesi e le manifestazioni di gioia per il rapimento siano stati fin troppo significativi. Ma la possibilità di una reazione scomposta, molto pompata da quelli che adorano scrivere e leggere sui giornali che l'anima estremista di Israele è quella vincente, non è nemmeno affiorata. I soldati di Israele durante la ricerca a tappeto a volte sono stati costretti a reagire in modo che purtroppo è costato, certo contro la loro volontà, tre vite nelle viuzze mentre perquisivano case in piena notte e cercavano i rapiti proprio nel cuore dell'Hamas più militante. Ma hanno lavorato con pazienza da certosini, metro per metro, pietra dopo pietra, pozzo dopo pozzo, camminando sotto il sole d'Israele nelle loro pesanti divise, armati, per chilometri, senza mai dormire fino alla terribile conclusione. Ho sentito il capo di Stato Maggiore Benny Gantz dire "cercateli come cerchereste vostro fratello, ma non dimenticatevi che nelle case che perquisite non tutti sono d'accordo con Hamas, e quindi comportatevi bene". Quando si è detto "non hanno lasciato pietra su pietra" non si è usato un'espressione convenzionale: ogni mucchio di pietre è stato rimosso con le nude mani.

La gente ha pregato: Israele è anche un Paese religioso. Ma mentre si svolgeva una grande manifestazione invocava l'aiuto da Dio al Muro del Pianto, un'altra riempiva piazza Rabin, il santuario del mondo laico per eccellenza.Anche al tempo della Seconda Intifada per spezzare l'ondata di attacchi terroristici che letteralmente inondarono di sangue Gerusalemme, ci volle molto tempo, molta pazienza. Quello che alla fine vinse fu la costanza, la fede in se stessa di Israele. La gente restò unita anche se allora, come oggi, le grida di dolore andavano di pari passo con le critiche al governo. Anni sono passati, e ancora troppo sovente la lente dell'antagonismo politico impedisce di vedere la realtà, quella di un piccolo Paese forte e dignitoso come i genitori dei tre ragazzi, deciso a vivere in un mare di adoratori della morte. Israele è l'unico rifugio per i moderati in tutto il Medio Oriente, chiunque essi siano. Mi domando se qualcuno dei lettori abbia avuto lo stomaco e la pazienza di guardare un lungo video postato dall'ISIS, l'organizzazione islamica perl'Iraq e il Levante, i cui armati hanno battuto le forse sciite governative a Tikrit e a Mosul, arrivando quasi fino a prendere Baghdad. Le loro bandiere nere si sono già viste anche in alcune dimostrazioni sul Monte del Tempio, alle Moschee. Sullo stesso fronte combattono ormai Hamas come i ribelli siriani della stessa organizzazione.

Per gli integralisti islamici dell'ISIS, e lo dicono in video con tono da mediorentalisti abolendo l'accordo Sykes/Picot, gli antichi confini del 1916 fissati dalle potenza coloniali sono stati cancellati, anzi ormai si va oltre la Siria e l'Iraq, che sono ormai una sola realtà foriera del prossimo califfato. Il loro capo oggi è Abu Bakr al Baghdadi, che esaltano sovente mentre compiono le stragi mostrate con orgoglio nel video. Nelle loro intenzioni la conquista è destinata a allargarsi moltissimo, la Giordania è assediata. Anche oltre il mondo islamico, l'Andalusia e Roma sono prede dichiarate necessarie per il califfato mondiale. Ma a chi guarda, fa soprattutto impressione la modalità della conquista: il film ci mostra soddisfatto una vasta regione ridotta a un grumo di sangue,si invade, si spara, si smembra, si decapita, si afferrano innocenti civili colpevoli solo di essere sciiti nel mezzo della notte in casa loro e li si uccidono insieme alle loro famiglie proclamando il sacro diritto al loro sangue. Molti scavano la loro tomba abiurando disperatamente alla loro intera vita. Un volto di onest'uomo funzionario locale resta nella mente, dignitoso e borghese mentre lo uccidono, simbolo dello strame che il mondo arabo sta facendo di sé. Dall'altra parte il loro antagonista, non è più soltanto Al Maliki coadiuvato da Assad. L'Iran e gli Hezbollah, fin dal primo momento protagonisti della guerra in SIria, oggi hanno un nuovo e più vasto campo di intervento. Le brigate Quds sono presenti sul territorio iracheno, il generale Qassem Suleimani li guida, anche loro diffondono video in cui i guerrieri giurano che in nome di Allah la parte avversa sarà distrutta. Il Libano è ovviamente investito da questo scontro, dentro i suoi confini gli Hezbollah sciiti tendono a instaurare una supremazia che si collega alla sopravvivenza di Assad e a quelladi Maliki, e i sunniti li attaccano. Tutti si giuocano il tutto per tutto, l'Iran punta ad aumentare la sua egemonia territoriale. Tutte e due le forze puntano a conquistare la Giordania oltre il quale c'è il boccone prelibato, Israele,anche i confini della Turchia soffrono, il Sudan, lo Yemen, la Libia risentono ciascuno a modo loro di un scontro letale e sanguinoso in cui non c'è altro che strage e sangue. Sembra che Khaled Meshaal abbia dato il suo ordine di rapimento dal Qatar, il paese che dall'inizio foraggia e organizza gran parte della sedizione sunnita dei Fratelli Musulmani, di cui Hamas fa parte.


In tutto questo,il fatto più paradossale è che la scelta americana di cercare di mantenere Maliki al potere si incontri con quella iraniana, e che i due cerchino una collaborazione. E specie da quando la Giordania è assediata, c'è da ringraziare il cielo che la determinazione del governo israeliano non abbia ceduto alle tentazioni relative alla valle del Giordano o al Golan. Se si pensa quale pericolo strategico definitivo potrebbe costituire oggi per lo Stato Ebraico non controllare quelle zone, quale imprescindibile necessità è quella di frapporre uno spazio strategico fra l'equilibrio e la follia, fra la pace e la guerra, fra lo Stato di diritto e la strage, tutti, proprio tutti, compresi i palestinesi, si sentono certo più sicuri nell'attuale stato di cose. Israele ripone il suo futuro, la forza di reagire all'assassinio dei suoi tre ragazzini nella sua passione imbattibile per la democrazia, nella sua forza di reazione riposta nell'esercito, nella sua dedizione alla vita che anche in queste ore terribili seguita a cantare nelle piazze. Forse questa è l'occasione per Obama, l'Unione Europea, il resto del mondo di cessare dall'incessante delegittimazione di Israele per accogliere il più evidente fra i suggerimenti dell'attuale situazione locale e geopolitica: il diritto a conservare con i mezzi necessari l'unico safe haven che sia rimasto in Medio Oriente.







 

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