ISRAELE, POLEMICO RICORDO DELLA SHOAH IL MISTERO DEL MALE
mercoledì 3 maggio 2000 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
NON c'è per Israele, forse, giorno più significativo del Giorno
della
Shoah: al di là di tutte le cerimonie, nelle strade la gente si
blocca
silenziosa mentre suona la sirena, si mette sull'attenti dopo essere
scesa
dalle macchine, resta immobile mentre compra nei supermarket, studia
nelle
università , marcia nell'esercito, fa affari, e così forma una nuvola
di
silenzio carico di dolore e di vitalità insieme, disegna una catena
fra vivi
e morti che spiega a ogni uomo di buona volontà perché esiste questo
Paese.
Ma proprio perché si ricorda soprattutto in Israele, la Shoah è
destinata a
che l'elaborazione del suo lutto sempre avvenga nella morsa della
polemica,
in particolare quest'anno nella forbice fra religiosi e mondo arabo.
I religiosi si oppongono al modo in cui Israele celebra la Shoah,
vogliono
togliere le foto delle vittime nude da Yad va Shem, il Museo
dell'Olocausto,
ma soprattutto aborriscono l'enfasi che Israele pone sugli eroi che
si
ribellarono, per esempio nel Ghetto di Varsavia, e sul « mai più » che
fa
d'Israele l'erede degli uccisi: così il gruppo ultraortodosso dei
Kaliv
Hasidim ha pubblicato un'enciclopedia dal titolo Shema Israel che
racconta
il punto di vista Hassid, ovvero un'altra forma di eroismo, quella di
chi
morì martire nei Campi seguitando a osservare le leggi dell'ebraismo.
L'enciclopedia si apre con la storia di un religioso polacco punito
dai
nazisti con l'immersione nell'acqua gelata per aver tentato di
seguire la
regola dell'abluzione delle mani prima del pasto, e contiene storie
tragiche
e meravigliose di sacrifici e anche di miracoli. I religiosi hanno
annunciato di voler creare un loro Museo dell'Olocausto.
Sul fronte arabo, dopo mesi di durissima negazione dell'Olocausto
definito
in Siria « una bugia per ricattare il mondo» e comunque negato dai
palestinesi come dagli egiziani, è invece uscito un articolo di Jihad
Al
Khazen, ex direttore del quotidiano Al Hayat di Londra, un
intellettuale
senza nessuna tenerezza per Israele. Al Khazen dice in sostanza che
il
negazionismo arabo è insensato, che le fonti storiche sulla Shoah
sono più
che attendibili, e invita il mondo arabo ad accettare questa verità
dato
anche che « i reciproci massacri fra ebrei e arabi, inclusi quelli
degli
ultimi 50 anni, sono stati molto limitati e non hanno nulla a che
fare con
l'assassinio degli ebrei da parte nazista» . E' la prima posizione
chiara
sull'argomento da parte di una figura pubblica, e le reazioni non si
sono
fatt aspettare. Intanto, chi avesse ieri visitato il Museo di Lohamei
ha
Ghettaot, il kibbutz dei sopravvissuti del Ghetto di Varsavia,
avrebbe avuto
la sorpresa di trovare fra le guide accreditate un ragazzo e una
ragazza
araba israeliana sui vent'anni, improvvisamente curiosi di capire una
storia
che ancora oggi è un pacchetto chiuso, un mistero tutto da capire. Il
mistero del male.