Israele perde anche la voce di Leah Rabin Malata, deve disertare l’ anniversario del marito ucciso
domenica 5 novembre 2000 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
GERUSALEMME
Fino all'ultimo minuto prima della manifestazione in memoria
dell'assassinio
del marito Yitzhak Rabin, non si saputo se Leah avrebbe potuto essere
presente in piazza, davanti a quella folla che tanto ha amato il
marito
scomparso, e il processo di pace che svanisce all'orizzonte. Alla
fine i
medici gliel'hanno proibito. « Non posso continuare come ti ho
promesso
Yitzhak» : la figlia Daliah ha letto davanti a una folla immensa un
suo
appassionato messaggio tutto rivolto al marito scomparso come se
fosse vivo.
Non ha potuto come avrebbe desiderato con disperata passione
trascinarsi
fino al palco, mettere di nuovo sulla scena della storia il suo amore
verso
il marito e verso le sue idee nella confusione dei giorni duri che
Israele
attraversa, mostrare ancora il forte senso di possesso verso la sua
memoria,
al desiderio indomabile di restare sugli spalti del processo di pace
e anche
di indirizzarne le sorti. Oltre alla malattia che la indebolisce da
quasi un
anno, Leah Rabin ha sofferto nei due giorni scorsi di un attacco di
cuore.
Tuttavia nelle ore precedenti la manifestazione è apparsa davanti
alle
telecamere israeliane magrissima, scura nelle vesti e candida nel
volto, gli
occhi molto sottolineati dalla matita nera e dalla sofferenza, la
voce bassa
ma insistente e diretta come per consegnare un messaggio fatale. Da
quando
nel maggio scorso le fu diagnosticato un cancro ai polmoni, la vedova
di
Rabin ha lottato contro la malattia prima in un ospedale americano e
poi in
Israele, ma chi le è vicino ha dovuto registrare l'aggravarsi delle
sue
sofferenze, e nello stesso tempo la volontà indomabile di consegnare
un
messaggio che di certo a Leah, quasi mediaticamente, appare come
l'unica
incontrovertibile volontà di Rabin. E si tratta di una volontà
complessa e
determinata, per niente conciliante verso Barak, e alquanto disillusa
verso
Arafat. A Barak già nel settembre burrascoso di Camp David, prima
dell'esplosione di questa nuova specie di Intifada, Leah aveva detto
a
lettere cubitali sui giornali: come osi concedere parte di
Gerusalemme?
Yitzhak non l'avrebbe mai fatto, lui che nel 67 aveva contribuito a
conquistarla. Anzi, disse Leah "Mio marito si rivolterà nella tomba".
Aveva
anche rimproverato il Primo Ministro considerato da tutti come il
successore
naturale e il pupillo del vecchio soldato padre della pace per non
aver
saputo stabilire con Arafat quella chimica che aveva permesso di
arrivare
all'accordo di Oslo. Insomma: l'aveva rimproverato di non essere
Rabin. E in
questi ultimi giorni, dopo avere espresso parole di sorpresa e
disappunto
per il comportamento dell'Autorità Palestinese nel gestire lo
scontro, Leah
aveva dato pubblicamente un consiglio a Barak in tono alquanto
polemico:
"Cosa aspetti a utilizzare meglio Shimon Peres, l'unico uomo che può
veramente parlare ad Arafat , ascoltarlo e farsi ascoltare?" E Barak,
che ha
un vero rapporto filiale con la vedova del suo mentore, l'ha
ascoltata
ottenendo qualche risultato.
Da quando cinque anni fa si è interrotto dopo 47 anni, nel sangue,
quel
matrimonio, è come se Leah avesse ansiosamente cercato invano di
negare la
tragedia vivendola in pubblico. Il lutto non è stato per lei
silenzio: ha
cercato l'abbraccio della folla fin da quando il 13 novembre del ’ 95,
a poco
più di una settimana dalla scomparsa del marito, sempre
drammaticamente
magra, nerovestita, ornata di gioielli, Leah davanti alla immensa
folla
riunita in Kikar Rabin per piangere si presentò dicendo: "Yitzhak,
sono come
avresti voluto vedermi: forte". Quella forza Leah ha cercato di
usarla a
volte suscitando lo stupore degli amici e la critica dei nemici: ha
sempre
sostenuto in pubblico la tesi della oggettiva complicità della
destra, anche
del Likud, con l'assassino del marito, fomentando senza problemi i
profondi
dissidi che spezzano Israele. Si è dotata di un'organizzazione con
ufficio e
segretarie, da cui si è occupata sempre oltre che di buone azioni,
anche di
politica. E nonostante la enorme vitalità , la determinazione a essere
lei
stessa una prosecuzione naturale della battaglia di Yitzhak, forse
proprio
il fallimento, almeno oggi, del disegno del marito unito a una
solitudine
grande come può lasciare una persona autentica come Rabin, l'ha
divorata e
ammalata fino a costringerla, ieri sera, a un tragico silenzio.
TRA SCONTRI E DIPLOMAZIAUN’ ALTRA GIORNATA DIFFICILE IN ISRAELE E NEI
TERRITORI