Israele, osservatori in arrivo Ucciso in un’ esplosione uno dei capi Tanzim
domenica 22 luglio 2001 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
GERUSALEMME
Durante un giorno di normale violenza in Medio Oriente, c’ è qualcosa
di
nuovo all’ orizzonte che all’ apparenza può sembrare di gradimento
soltanto
arabo, e che invece, magari, balena come una via d’ uscita, un barlume
di
luce, anche per gli israeliani. Si profila una presenza
internazionale, un
gruppo di osservatori che probabilmente sarà a maggioranza americana.
Ma
prima la giornata: durante un probabile « incidente di lavoro» era
morto
durante la notte di venerdì in un’ esplosione Abu Rajab, uno dei capi
dei
Tanzim; i palestinesi hanno accusato gli israliani di averlo ucciso
con due
missili terra-terra. Israele nega vigorosamente qualsiasi addebito, e
la
presa di posizione sembra attendibile, secondo varie fonti. Dal
villaggio di
Beit Jalla, dopo la morte di Abu Rajab, sono provenuti numerosi colpi
di
arma da fuoco verso il quartiere gerusalemitano di Ghilò , rintuzzati
dai
soldati israeliani.
Nello scoppio in cui è perito l’ alto grado dei Tanzim sono stati
feriti
altri otto uomini. Durante il pomeriggio a Hebron i suoi funerali si
sono
svolti in un clima di grande bellicosità , con dispiegamento di
bandiere del
Fatah e promesse di vendetta reiterate ai microfoni dei mezzi di
comunicazione di massa da Marwan Barghuti, uno dei sommi dirigenti
dei
Tanzim: « L’ attacco di Israele - ha detto - porterà a una grande e
violenta
reazione palestinese» . Israele invece non nega - rifiuta però ogni
commento
- di avere bloccato a sorpresa a Ramallah e aver rapito su una
macchina che
è partita a grande velocità alla volta di Gerusalemme un altro
sospetto
organizzatore terrorista, Ahmed Taha, 30 anni, del Pflo, un gruppo
dissidente a sinistra di Fatah.
Intanto gli Stati Uniti hanno fatto sapere, con una dichiarazione di
Colin
Powell dal Cairo, che secondo loro « potrebbe essere molto utile
inviare
osservatori che aiutino a verificare il cosiddetto periodo di
raffreddamento» , dopo il quale è previsto che venga messa in atto la
risoluzione della commissione Mitchell per cui si deve riprendere a
trattare. L’ idea degli osservatori, ribadita con forza anche ieri dai
G8, è
stata da lungo tempo sostenuta soprattutto dai Paesi europei. Israele
ha
sempre fatto sapere che considerava quest’ idea soltanto una forma di
supporto ai palestinesi: infatti Arafat, che ieri ha di nuovo
invocato
l’ intervento internazionale, si avvantaggerebbe da un gruppo di Stati
messi
di fatto in grado di controllare quasi solo l’ esercito israeliano e
di fatto
impossibilitati a controllare le organizzazioni dell’ universo
palestinese,
fra cui quelle terroriste.
Inoltre la sovranità nazionale di Israele sarebbe violata da una
specie di
tribunale ambulante. Secondo lo Stato d’ Israele questo servirebbe
solo a
spingere per una soluzione favorevole ai palestinesi. Israele
ultimamente ha
dichiarato più volte che voleva contare almeno sette giorni di
cessate il
fuoco effettivo, e che i palestinesi non davano segno di voler
cessare gli
attentati. Gli Stati Uniti fanno sapere adesso che l’ idea europea di
mandare
osservatori internazionale trova il loro gradimento, e che intende
premere
perché questo avvenga presto. Gli Stati Uniti aggiungono che solo con
l’ accordo delle due parti gli osservatori, tuttavia, sbarcheranno in
Medio
Oriente.
Finora Israele si è decisamente opposta: ieri il ministro degli
Esteri Ben
Eliezer ha dichiarato che « se fosse proprio costretta» Israele
consentirebbe
una presenza americana, che reputa più equilibrata, e che spesso è
stata
richiesta anche dai palestinesi, che tuttavia hanno il loro maggior
supporto
negli europei. E’ facile immaginare che una volta aperta la porta
all’ idea
di una commissione, le cose possano svilupparsi. Evidentemente
Israele è
pronta a veder vincere, almeno in parte, l’ idea di Arafat pur di
riconquistare la quiete. Peres e Sharon ieri hanno passato lunghe ore
a
discutere questi sviluppi.