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Israele oltre l'emergenza. Al via negozi, asili, hotel

giovedì 7 maggio 2020 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 07 maggio 2020

Israele, con la maschera e i guanti, si avventura nello sconosciuto mondo della ripresa. Per ora si può dire che abbia attraversato il fuoco alla grande: con circa la stessa popolazione della Svezia, sui 10 milioni, ha avuto 237 morti (su circa 10mila malati) contro 2500; il Belgio, che conta 11 milioni di abitanti, purtroppo ha subito 7500 lutti, 34 volte quelli di Israele. E da questo fine settimana si ricomincia con preoccupazione e speranza, a vivere: ci si può avventurare sui mezzi pubblici lontano da casa e persino fuori città; il lavoro riprende negli uffici, nei negozi,e nelle officine, sempre con numeri chiusi e cautele; così anche le riserve naturali si può andare al mare senza fare il bagno, da un paio di giorni si può andare dai nonni, ma senza abbracciarli; in uno spazio aperto 20 persone possono riunirsi; domani riaprono, oltre i negozi di strada, anche i grandi centri acquisti e gli alberghi. E mentre già le scuole sono tornate domenica scorsa a funzionare per la gran parte, fra due giorni si riaprono persino gli asili. Tutto con restrizioni, distanziamento, igiene e mascherine. E anche con molta confusione, la gente qui come ovunque insiste per aver chiarimenti ulteriori.

E per ricevere il più rapidamente possibile la somma di sostegno che già viene direttamente versata sul conto corrente dei commercianti e lavoratori richiedenti che si autocertificano, e che già in 190mila hanno, secondo il governo, ricevuto il contributo fino a 10mila shekel, 2.750 euro: "Le verifiche le faremo tutte più avanti" ha detto Netanyahu nell'ultima delle sue mille apparizioni. Ha spiegato e risposto a lungo in tv eccitato, preoccupato ma deciso...Tutto insieme, nel riaprire la vita bloccata da due mesi. Israele non si impressiona per le mascherine: al tempo di Saddam Hussein la gente girava per le strade con la maschera antigas, non la mascherina, appesa al braccio, e la sirena spesso annunciava un bombardamento. L'isolamento, per chi conosce, come tutti i rifugi, e le istruzioni del fronte interno, è triste, difficile, ma non spaventoso. Si deve vivere, lo si fa al meglio.

Il Paese ha risposto con la solita unità , con le lezioni e i "webinar" di ogni genere, cucina, ginnastica, Torah, oltre che con la solita verve polemica, alla spinta insistente del governo all'ubbidienza e alla resistenza. Netanyahu ha chiuso alle prime avvisaglie ai voli dall'estero, ha subito imposto la quarantena a chiunque arrivasse da fuori i confini sopportando le accuse di essere un dittatore, ha optato per la segregazione quando i numeri sono schizzati dopo la festa del Purim il 9 di marzo,il governo ha separato i giovani dagli anziani, e ha fatto di tutto per impedire che la gente si rovesciasse sulle strutture sanitarie per non renderle a loro volta fonte di infezione e per non sovrastare la possibilità di cura.

Per trovare i macchinari per la respirazione, i medicinali, le maschere si è sguinzagliato il Mossad, che ha fatto acquisti in vari angoli del mondo. E anche con lo Shabbach si sono applicati sistemi antiterrorismo di individuazione dei malati, in anticipo su tutto il mondo. Netanyahu alla tv non si è stancato di mostrare come lavarsi le mani e come tenere la distanza, e ora insiste anche di più, fra lo psicologo e il comandante militare. Intanto l'esercito si trasformava in sistema sanitario complementare, usando tutta la sua capillare presenza. E la ricerca scientifica è tutta in moto per realizzare un vaccino. Sembra che quasi ci siamo.


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