Israele, musica e immagini per ricordare i caduti La canzone del silenzio
martedì 24 aprile 2001 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
LA giornata del ricordo dei caduti in Israele comincia questa sera e
sarà
una dura giornata di musica e di immagini, quasi senza parole, colma
di
lacrime che sfoceranno domani nella gioia delle celebrazioni per
l'Indipendenza. È impossibile descrivere la musica; è molto difficile
descrivere il lutto, il dolore basilare senza rimedio. Insieme
tuttavia
queste due astrazioni possono farsi espressione, ed è forse perciò
che
Israele è inondato di musica ogni giorno dell'anno, musica da cantare
da
soli o in coro, musica da ascoltare e da ballare, rock o serenata.
Eppure,
parla di caduti. Metà delle canzoni israeliane sono invase da quel
fenomeno
unico nel mondo occidentale che è lo stillicidio di vite di ragazzi
(il
servizio militare si fa dall'età di 18 a quella di 21 anni), decine
di
migliaia dal 1948.
Le canzoni israeliane in pochi casi sono tristi. Le cantano sia
rappisti e
scoppiati come quell'Aviv Gefen che dette a Rabin l'ultimo abbraccio,
sia
cantautori sui cinquant'anni come Shlomo Artzi, o come Yehuda
Polliker o
Yehudit Ravitz. Artisti che non conoscono il divismo, poeti e, poiché
immersi in una società tragica e mobile, profeti, consiglieri,
caustici
pacifisti e patrioti, gente che non è rimasta a casa, gente con
memorie
personali difficili come ogni israeliano.
Nel giorno del Ricordo dei Caduti, ovvero oggi, le loro voci sono nel
silenzio l'espressione collettiva del lutto generale, mentre la
televisione
racconta per immagini storie di ragazzi moderni, hobby, amori,
vanità ,
prodezze: solo che questi sono morti, le madri e i padri per tutta la
vita
seguitano a parlare di loro, le fidanzate a riguardare i video, i
quaderni,
le fotografie. In una società senza santuari, tutto diventa
santuario.
Le canzoni hanno parole scabre. Di un caduto a Suez nel ‘ 69 canta
Polliker:
« È rimasto ventenne, il tempo non gli ha sfiorato il volto, il tempo
va
senza di lui. Dimmi Yoram, che ci faccio con un amico come te, che
non è né
qui né là , che è stato e non c'è più ma che è sempre qui» . Shlomo
Artzi a
ritmo di rock: « Dacci la pioggia, e in primavera sboccino i fiori. E
che lui
torni a casa: è tutto ciò di cui abbiamo bisogno» . Yonatan Gefen: « Il
Piccolo Principe della compagnia B non vedrà più la pecora che mangia
il
fiore, tutte le sue rose adesso sono spine, il suo piccolo cuore è un
pugno
di ghiaccio» . Matti Caspi: « C'è un piccolo posto sull'orlo del cielo
e al
confine del deserto pieno di fiori di campo; un posto lontano, di cui
avere
cura... Dio è seduto là , guarda e protegge ciò che ha creato, non
cogliete i
fiori del giardino, che ama tanto» .
Molte canzoni lamentano la fatica: « Proteggi il mondo, bimbo, ci sono
cose
che è vietato vedere... Eroe del mondo, bimbo, con il sorriso da
angelo,
proteggi il mondo perché noi non ce la facciamo più » . Altre cedono
alla
disperazione: « Mio Dio, con l'anima che mi hai dato, dimmi come
fermare le
lacrime, dove trovare un altro mondo dove vivere. Non c’ è verità ,
erano
illusioni. Dimmi, come si vive con la morte nascondendo le lacrime di
notte?» . Il gruppo militare del Nachal invoca la pace: « Le lacrime
non ce lo
riporteranno qui, non serviranno le canzoni e nemmeno la gioia della
vittoria. E allora cantate una canzone per la pace, non pregate
sussurrando,
ma cantate forte per la pace» .
Uno dei film che oggi proietta la tv di Stato racconta con lettere e
dipinti
Alex Singer, un ragazzo americano che il 15 settembre 1987 fu ucciso
nel
giorno del 25° compleanno durante uno scontro con gli hezbollah.
Lineare e
francescano, il film fa vedere gli acquarelli dipinti sul Golan, a
Gerusalemme, nel kibbutz dove aveva deciso di vivere. Mostra
l'inutilità di
ogni schermo culturale e di civiltà di fronte alla morte. Alex è
buono, è
colto, è pacifista; sullo sfondo una gentile famiglia di
intellettuali
newyorkesi che impara dal ragazzo ciò che scrive in una delle sue
lettere:
« Ho capito che il segreto è fare per gli altri. Non voglio predicare,
a
volte ho tanta paura, a volte mi sembra di avere sbagliato tutto, mi
sento
solo. Qui ho tante cose da criticare. Ma come si critica la propria
unica
casa» . L'ultima lettera di Alex è incompiuta. In tanti acquarelli
egli
ritrae le sue mani e i suoi piedi feriti dalle scarpe dell'esercito.
Nell'era in cui i ragazzi possono tutto, non è previsto morire a
vent'anni.