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ISRAELE L'EX MINISTRO DELLE FINANZE INAUGURA LA CAMPAGNA ELETTORALE L ANCIANDO INSULTI Netanyahu attacca Sharon « E’ un dittatore corrotto» Il nuo vo partito dell’ ex leader del Likud vola nei sondaggi

mercoledì 23 novembre 2005 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein GERUSALEMME Bibi Netanyahu è pallido in queste ore, mentre tenta di formulare una linea di recupero: il nuovo partito di Sharon secondo gli ultimi sondaggi prenderebbe 33 seggi alla Knesset, contro il 26 del nuovo partito laburista di Amir Peretz, e, sorpresa, soltanto il 12 per cento del Likud. Le elezioni anticipate, ha chiarito il presidente israeliano Moshe Katsav, si terranno il prossimo 28 marzo. I primi passi del vecchio Likud nella nuova vita sono goffi. E' difficile capire come Netanyahu pensi di impostare una buona campagna elettorale lanciando insulti sanguinosi al suo ex capo che piace tanto anche alla sua vecchia « constituency» e suggerendo che Sharon è un fallimento nella lotta contro il terrorismo che ha saputo fare meglio di tutti: un pazzoide che « mette in pericolo la sicurezza di Israele con concessioni unilaterali» ; « un dittatore che sta creando un partito di fantocci» ; un uomo che « con la sua famiglia è il responsabile della corruzione interna degli ultimi anni» . Accuse di corruzione, di smantellamento della sicurezza tramite concessioni pazzoidi, di autoritarismo: saranno dunque queste, sembra, le scelte della campagna elettorale della destra se Netanyahu sarà il vincitore delle primaries che si terranno il 19 di dicembre. E allora il Likud, sembra pensare Netanyahu, che gioca tutto sulla vecchia fisionomia ideologica del Grande Israele e sul suggerimento al pubblico che Sharon sia di fatto diventato un leader di sinistra che darà via tutto, potrà raccogliere i voti del Paese. Ma sembra chiaro che il Likud è ormai secondo molti segni un gruppo minoritario rispetto a una maggioranza che vuole tentare un compromesso rispetto alla cessione di territori in cambio di sicurezza. E rapidamente il Likud stesso comincia a rendersi conto del rischio che la leadership di Bibi abbia un ruolo di richiamo per un'estrema destra che non può , per ora, vincere. Ed ecco che ieri alla ribalta, fra i sei candidati che vogliono il vecchio posto di Sharon, è comparso, oltre all'attuale ministro della Difesa Shaul Mofaz, ex capo di Stato maggiore, anche Silvan Shalom. E' una candidatura significativa della ricerca di un'anima moderata, meno furiosa contro la politica di Sharon, più propensa al dialogo; e, soprattutto, di un'anima proletaria come quella del ministro di origine tunisina cresciuto a Beersheba, una città di sviluppo del Sud in cui, accanto alle macchine, i beduini parcheggiano i loro cammelli. Potrebbe, oltre che aiutare il Likud a riconquistare una parte della sua anima meno ideologica, anche attirare quelli che altrimenti, in assenza di Sharon e in odio alla dura politica economica di Bibi, sono propensi a scivolare, perché poveri e orientali, nella braccia del nuovo partito laburista di Amir Peretz, marocchino e propenso più alle politiche sociali che alla sicurezza. Per ora tuttavia tutto appare quisquilia di fronte alla forza di Sharon. Il suo nuovo partito, dice il giornalista Nahum Barnea, dovrebbe chiamarsi Rashi, acronimo ebraico per « Partito di Sharon» . Lui è la bandiera del coraggio, della rivoluzione del cambiamento, e i suoi fingono di essere tristi perché lasciano il Likud, ma sono galvanizzati. Il partito forse si chiamerà alla fine « Cadima» ovvero « Avanti» e non « Responsabilità » . Più frizzante. Ieri il cinquantenne consigliere strategico di Sharon, Eyal Arad, ha cercato di spiegare le ragioni del capo: « Il Likud era ormai ancorato a una visione che bloccava tutto, era impossbile proseguire a fare politica, e invece Sharon vuole andare avanti nei fatti» . Ovvero? Arad racconta che ci sarà invece una lenta, solida, decisa realizzazione della road map, proprio come fu firmata nero su bianco in un lontano giorno ad Aqaba. Il piano piace per ora alla maggioranza degli israeliani, anche il giorno dopo il maggiore attacco degli Hezbollah dallo sgombero della Striscia Sud del Libano.

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