Israele, giornata di sangue Uccisa kamikaze di 15 anni attentato a fermata del bus Katzav disposto a discutere il piano di pace del principe Abdallah I tank lasciano Ramallah, ma continuano gli scontri: cinque morti
martedì 26 febbraio 2002 La Stampa 0 commenti
                
Fiamma Nirenstein 
GERUSALEMME 
In una giornata di nuovo insanguinata - uccisi tre israeliani e due 
palestinesi - il presidente Moshe Katzav ha acceso un lume di 
speranza 
dicendosi interessato al piano di pace saudita e invitando il 
principe 
ereditario Abdallah a Gerusalemme. La proposta - che potrebbe essere 
discussa anche a Riad, se Katzav sarà invitato - chiede il ritorno di 
Israele ai confini antecedenti la guerra del 1967 e ritiro completo 
da 
Cisgiordania, Striscia di Gaza e Gerusalemme Est in cambio del 
riconoscimento dello Stato ebraico da parte dell'Arabia Saudita e di 
tutto 
il mondo arabo. La proposta saudita non è ancora formale, ma sarà 
illustrata 
da Abdallah al prossimo vertice arabo di Beirut. Katzav, quantunque 
irritato 
dal fatto che il principe saudita abbia preferito presentare le sue 
idee a 
un giornalista del « New York Times» anziché ai responsabili politici 
israeliani, le giudica con grande interesse, mentre il premier Ariel 
Sharon 
non si è pronunciato pubblicamente: secondo la stampa israeliana, ha 
chiesto 
ragguagli agli Usa. 
Intanto nei Territori l’ allentamento della pressione per le festività 
ebraica del Purim e musulmana dell’ Aid El-Adha non è durato neppure 
24 ore. 
La giornata è iniziata con un palestinese ucciso, la moglie incinta e 
il 
suocero feriti da colpi d'arma da fuoco sparati da soldati israeliani 
a un 
posto di blocco in Cisgiordnaia che l’ auto aveva cercato di forzare. 
A 
distanza di poche ore, anche due israeliani sono stati uccisi mentre 
nella 
stessa macchina una donna israeliana incinta veniva ferita allo 
stomaco in 
un agguato teso da palestinesi vicino agli insediamenti a Sud di 
Betlemme. 
Entrambe le donne hanno poi partorito una bambina. Ancora nella 
mattinata 
una quindicenne veniva uccisa dai colpi sparati da soldati israeliani 
vicino 
a Tulkarem: si era lanciata contro un posto di blocco armata di un 
coltello. 
Era mezzogiorno quando un ragazzo israeliano veniva ferito dai colpi 
sparati 
da un'automobile palestinese contro quella su cui viaggiava assieme 
ai 
genitori a Sud di Hebron. Un’ ora dopo toccava a due bambini 
palestinesi di 
13 e 10 anni, feriti da un colpo di cannone sparato da un carro 
armato 
israeliano contro il campo profughi di Rafah. Anche una bambina 
israeliana 
era rimasta ferita nel precedente attentato. 
A metà pomeriggio quattro israeliani cadevano in un agguato contro la 
loro 
auto teso da palestinesi a Sud di Betlemme, e due di loro morivano a 
causa 
delle ferite. Alla fine della giornata un terrorista palestinese, 
subito 
ucciso, sparava contro un gruppo di persone a una fermata di autobus 
nel 
quartiere ebraico di Neve Yaacov, nel settore occupato di Gerusalemme 
Est, 
ferendo sette persone. 
Mentre il sangue seguita a scorrere, continua il patetico, ma anche 
speranzoso, gran daffare che si danno gli uomini politici in Medio 
Oriente. 
La macchina diplomatica ieri si è mossa a tutta forza, grandi manovre 
hanno 
coinvolto tutte le parti, compreso Javier Solana, compresi gli 
americani e i 
sauditi, e naturalmente i contendenti. 
Lo scenario è il giorno successivo alla decisione del governo Sharon 
di non 
lasciare uscire Arafat senza permesso specificico (con questo si è 
lasciata 
la porta aperta a possibili viaggi, come quello a Beirut per la 
prossima 
riunione della Lega Araba). I carri armati lasciano Ramallah, ma la 
rabbia 
palestinese e il senso di umiliazione persistono perché il Raí ss, 
dopo aver 
arrestato, secondo le richieste israeliane, tre dei quattro assassini 
del 
ministro Rehavam Zeevi, non viene lasciato libero. 
Javier Solana chiede a piena voce di lasciare andare il capo dei 
palestinesi, sostenendo che bloccato a Ramallah non è in grado di 
gestire 
nessuna azione dinamica in favore della pace. Il ministro degli 
Esteri 
tedesco, Joschka Fischer, sottolinea invece che la decisione 
israeliana di 
togliere l'assedio dei carri armati e aprire un primo spiraglio ai 
movimenti 
di Arafat dev’ essere salutata come una speranza di miglioramento. 
Shimon 
Peres ripete che Arafat è ancora l'interlocutore di un qualunque 
processo di 
pace, che per lui il Raí ss non è mai stato « irrilevante» . Dopo un 
incontro 
con Solana, ha criticato la decisione di mantenere il confino, mentre 
il 
leader palstinese dovrebbe essere « totalmente libero nei suoi 
movimenti» . 
Arafat, dal canto suo, ha ripetuto: « Siamo impegnati in favore della 
pace 
dei coraggiosi» , ma ha denunciato le restrizioni ai suoi movimenti. 
« Nessuno 
mi può umiliare - ha detto alla tv danese DR1 -. Io rappresento il 
popolo 
palestinese che mi ha eletto» . 
I palestinesi rivolgono al mondo fortissime proteste, accusando 
Sharon di 
avere intenzioni sempre più bellicose. Questo soprattutto dopo che 
domenica 
notte al posto di blocco di Ramallah i soldati israeliani hanno 
sparato 
contro l’ auto dove viaggiava Ahmed Qrei, « Abu Ala» , il presidente del 
Parlamento palestinese, da tempo il principale incaricato dei 
colloqui di 
pace. Anche Shimon Peres ha chiesto scusa, aggiungendo: « Lei è 
l’ ultima 
persona nella regione alla quale uno vorrebbe sparare» . 
            