ISRAELE È D’ ACCORDO SUL CONTINGENTE MULTINAZIONALE, « MA INTANTO CONTI NUIAMO A COMBATTERE» Peres: « Dovevate invitarci» Il vicepremier ironizza « A fare un armistizio bisogna essere in due Da soli è difficile»
giovedì 27 luglio 2006 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
GERUSALEMME
Grazie soprattutto all’ influenza americana, dalla conferenza di ieri a Roma
Israele può trarre la conclusione che, almeno per un po’ , può continuare a
combattere gli Hezbollah per cercare di pacificare il suo confine nord, e
così inferire a Nasrallah, Iran e Siria, una sconfitta che riavvii una
possibilità la pace. « La fascia di sicurezza, deve avere almeno due
chilometri di profondità » ha detto il premier Ehud Olmert: e la conferenza,
se Israele fa in fretta, sembra dargliene la possibilità . Avi Pazner,
consigliere del primo ministro, ha detto: « Mi sembra che a Roma si sia
compresa la complessità di questa guerra asimmetrica contro
un’ organizzazione terrorista» . Fra i messaggi lanciati dalla Farnesina
(dove, tra l’ altro, i giornalisti si accatastavano sudati a centinaia e
mancavano le sedie) a Pazner è piaciuto che D’ Alema abbia chiesto la
restituzione dei rapiti: « Potrebbe essere un buon punto di partenza» .
Due sono i punti su cui Israele può per ora fare di « sì » con la testa, senza
troppo impegnarsi, anche perché non era invitata al summit. In primo luogo,
l’ aspirazione al cessate il fuoco, che grazie alla linea americana non è
stato definito « immediato» , ma invece legato a una prospettiva « sostenibile
e durevole» e quindi, di fatto, al disarmo di Hezbollah. In secondo luogo,
una forza multinazionale sotto l’ egida dell’ Onu per aiutare il Libano a
confermare la sua autorità e a realizzare quindi la risoluzione 1559, che
stabilisce appunto che solo il governo Libanese - e non anche le milizie
Hezbollah come accade oggi - siano la forza armata plenipotenziaria che
controlla i confini. Queste scelte vengono incontro a quello che ha detto
Olmert ieri: « Noi siamo favorevoli alla pace e a una forza multinazionale,
ma non smetteremo di combattere gli Hezbollah» . Le formule scelte sono
abbastanza vaghe da dare tempo al tempo.
Alla conferenza, due sole sono state agli orecchi israeliani le note
stridule: D’ Alema ha detto che la forza d’ interposizione potrebbe anche
prendersi cura del confine fra Israele e Gaza, cosa evidentemente
impensabile finché Hamas spara Katiusha e Qassam dentro Israele. Una seconda
delusione è arrivata dalla risposta di Fouad Siniora, che ha avuto parole di
apprezzamento della funzione di « resistenti» di Hezbollah. Anzi, per
placarli ha portato alla conferenza la loro richiesta tipica, mai sollevata
finora dal governo o dall’ Onu: le Sheba Farms, un pegno per Nasrallah. Una
mossa questa (la restituzione delle Fattorie di Sheba) che Olmert non
intende fare, perché esalterebbe la gloria dei terroristi fino a impensabili
scenari. La prospettiva delle forza multilaterale è accettabile - è
convinzione di Olmert - purché si realizzi la risoluzione 1595, ovvero
disarmare gli Hezbollah e allontanarli dal confine. Ma chi prenderà in mano
le armi contro un esercito quasi regolare, forte e fanatico, sostenuto,
oltretutto, dall’ Iran, che potrebbe aversela davvero a male? Già dalla Nato,
che ancora non è stata ufficialmente interpellata, giungono segnali di
perplessità .
Ieri sera comunque, mentre a Roma si svolgeva la conferenza, Israele era
lontano da quei tavoli. Era tutta dolorosamente dentro la riflessione sulla
battaglia di Bint Jbeil, una roccaforte degli Hezbollah dove, porta a porta,
con molti episodi di eroismo nel salvare i loro compagni, hanno combattuto
senza tregua i ragazzi dell’ unità d’ È lite Egoz, brigata Golani. Israele
contava un numero di morti superiore ai dieci negli ultimi scontri armati e
22 feriti, di cui alcuni gravissimi. Intanto i missili non cessano, anzi. Un
problema filosofico (i soldati hanno intrapreso una battaglia molto attenta
a non colpire indiscriminatamente) e un dilemma pratico, come stanare un
nemico più scaltro del previsto. Dunque, la conferenza è stata commentata
senza astio e senza gioia, salvo che per una battuta di Peres, che
lamentandosi del mancato invito (« è stato un errore» ) al suo Paese, ha
detto: « In genere, bisogna essere in due a fare la pace, da soli è
difficile» .