Israele conferma: ritiriamo l’ ambasciatore Ma c’ è chi consiglia: pe nsiamo al razzismo di casa nostra
giovedì 3 febbraio 2000 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
GERUSALEMME
Per Israele l’ ascesa di Haider è una « resistibile ascesa» (come
Bertolt
Brecht chiamò quella di Hitler) che deve essere impedita da uno
schieramento
di cui vuole essere alla testa. E’ anche un’ occasione per sentirsi
finalmente parte dell’ Occidente, di quell’ Europa tanto amata-odiata e
che
tanto la tormenta con le sue critiche. La battaglia per tenere Haider
fuori
dal governo che sta invece per formarsi è un corpo a corpo personale
con la
memoria. E infine, è anche la palestra per una inaspettata
discussione di
sostanza attraverso la quale Israele denuda se stessa, il proprio
razzismo e
la propria intolleranza verso gli stranieri.
Comunque, Gerusalemme lo aveva promesso, e adesso ha rinnovato la sua
decisione: con Joerg Haider al governo, scandiscono sotto la
bandiera, in
forma drammaticamente ufficiale, il ministro degli Esteri israeliano
David
Levy e il primo ministro Ehud Barak, non ci saranno rapporti
diplomatici con
l’ Austria. L’ ambasciatore Nathan Meron tornerà a casa, e chiuderà i
battenti
anche l’ Associazione di amicizia fra i rispettivi Parlamenti.
E’ un gesto di ira profonda, che mette di nuovo in scena la
disillusione
israeliana nei confronti del rifiuto austriaco, ben più pertinace di
quello
tedesco, di confrontarsi con il suo passato nazista. Già dal 1986 al
1992,
quando Kurt Waldheim era Presidente, Israele chiuse la sede
diplomatica di
Vienna. Trenta uomini di legge israeliani martedì hanno presentato
una
petizione per chiedere al presidente austriaco di tenere Haider
lontano dal
governo, subito dopo l’ annuncio di sanzioni da parte dell’ Unione
Europea. E
ieri l’ annuncio ufficiale della chiusura dell’ ambasciata. Haider, con
le sue
parole di ammirazione per le SS e per « l’ ordinata politica di
occupazione»
di Hitler, ha adesso un bel dichiarare urbi et orbi di non essere
antisemita. Israele ha un conto aperto con l’ Austria che risale alle
pietose
bugie sul carattere dell’ annessione alla Germania, l’ Anschluss che
gli
austriaci scelsero con passione lamentandosi poi, dopo la guerra, di
aver
subito le prepotenze hitleriane; quindi, l’ infierire della
smemoratezza con
Waldheim presidente in Austria nonostante il suo passato, e
Presidente
ossessivamente anti-israeliano all’ Onu. E adesso, a 50 anni
dall’ Olocausto,
l’ ascesa ai massimi onori di uno xenofobo di destra estrema.
Sui televisori israeliani scorrono senza tregua immagini di Haider in
tutte
le salse: col maglioncino da cattivo cocco di mamma, con giacca e
cravatta
in versione governativa, sugli sci, con la moglie mentre balla il
valzer. Ma
una volta Israele si sarebbe tutta intera lanciata all’ attacco del
neonazista, come fa oggi il sopravvissuto dalla Shoah, il deputato
Tommy
Lapid: « Non a caso l’ Austria è il Paese di Hitler e di Eichmann. Se
il mondo
nel ‘ 33 avesse dato retta a Churchill, che comprendeva perfettamente
chi era
Hitler, il nazismo forse sarebbe stato battuto. Bisogna isolare
subito
l’ Austria, ed è logico che sia Israele ad agire con maggior
decisione» . Ma
una quantità di voci della coscienza, come quella dell’ ex ministro
della
Cultura del tempo di Rabin, la grande vecchia radicale Shulamit
Alloni, si
levano contro questa opposizione: « Non dobbiamo insegnare niente a
nessuno:
al governo abbiamo avuto partiti più razzisti di quello di Haider; e
nelle
città , nei villaggi, l’ incomprensione e anche il disprezzo per i
lavoratori
stranieri di cui abbiamo tanto bisogno è ormai senso comune» . Il
famoso
commentatore Dan Margalit ride di uno zelo che gli sembra un po’
manieristico: « Va bene, dobbiamo protestare, ma perché fare la figura
della
mosca cocchiera? Lasciamo per una volta all’ Europa il suo lavoro, le
sue
competenze territoriali, le sue responsabilità , dato che se le è
prese da
sola...» .
I russi, rappresentati dal deputato Roman Bronfmann, insistono che,
invece
di sbracciarsi tanto, Israele farebbe meglio a pensare di più ai suoi
immigrati e ai suoi poveri: « E poi, è solo un sospetto che si tratti
di un
autentico razzista, di un antisemita, di un dittatore in pectore.
Finora non
ha governato, non sappiamo che cosa farà , è molto difficile
sanzionare
qualcosa che non esiste. E in ogni caso è stato eletto
democraticamente. Che
diritto abbiamo di agire addirittura su un terreno istituzionale come
quello
diplomatico?» . Ci sono anche molti (tra cui il giovane deputato
nazionalista
Benny Ellon) che obiettano che, se uno va a cercare l’ antisemitismo,
lo
trova molto più facilmente e più abbondante nelle dichiarazioni del
governo
iraniano, per esempio, o nelle vignette dei disegnatori dei
quotidiani
egiziani, o sui giornali siriani. E allora, come mai Barak non pensa
di
punirli moralmente per questo? Forse perché si odia molto di più l’ ex
amico
che ti ha tradito (basta ricordare l’ importanza della cultura ebraica
mitteleuropea prima della guerra) del nemico di sempre.