Israele cacciata dalla Federazione Internazionale dei Giornalisti
GIORNALISTI: NIRENSTEIN, ESCLUSIONE ISRAELE NON GIUSTIFICABILE
Dichiarazione dell’On. Fiamma Nirenstein (Pdl), Vicepresidente della Commissione esteri della Camera
"Consideriamo l'esclusione di Israele dalla Federazione Internazionale dei giornalisti (Ifj) una discriminazione senza giustificazioni plausibili e riteniamo un gesto sbagliato estromettere la stampa libera dell'unica democrazia del Medio Oriente dall'associazione che dovrebbe protegge la libertà e l'etica del giornalismo internazionale.
Non mettiamo in discussione la buona fede di Paolo Serventi Longhi, membro italiano del Comitato Esecutivo della Ifj, che sostiene che i giornalisti israeliani siano stati esclusi per il mancato pagamento di quote associative. Ma appare ai nostri occhi del tutto evidente come questa sia soltanto una scusa di quelle forze che, con molta determinazione e con attività permanente, boicottano Israele, ovunque possono, ma soprattutto nell'ambito delle attività intellettuali, sportive e commerciali.
I giornalisti israeliani da noi interpellati lamentano di non essere nemmeno stati avvisati del fatto che alla riunione di Oslo del giugno scorso, in cui è stata deliberata la loro esclusione, si fosse fissato di discutere delle quote associative: essi ci dicono altresì che la comunicazione è giunta per via epistolare solo a decisioni prese.
Ci sembra convincente l'ipotesi del Foglio, per altro confermata da fonti israeliane, che la decisione di boicottare Israele non abbia nulla a che fare con le quote, ma risalga invece alla guerra del Libano del 2006, quando la Ifj attaccò lo Stato ebraico per aver colpito gli studi televisivi di Al-Manar, organo degli Hezbollah.
Ribadiamo quindi che l'episodio ci appare ispirato alla linea del boicottaggio che ha escluso già più volte Israele dall'abito accademico e dalle competizioni sportive (ultimo caso i Giochi del Mediterraneo) e speriamo che i giornalisti della Federazione italiana insorgano con una chiara presa di posizione, aldilà delle scuse burocratiche, contro una decisione che sa da lontano di antisemitismo e di apartheid".
"Cercasi minoranza giornalistica che non creda alla quota anti israeliana"
Il Foglio, 14 luglio 2009
di Giulio Meotti
Roma. Aidan White, segretario generale della Federazione internazionale dei giornalisti, ieri attaccava chi, come il Foglio di sabato e il Corriere della Sera con Pierluigi Battista, ha denunciato il boicottaggio d’Israele da parte della Federazione, che ha appena espulso dal sindacato la branca israeliana con i suoi seicento giornalisti: “Parlare di boicottaggio di Israele o di antisemitismo o di motivi politici dietro quest’azione è assurdo”, ha detto White. Anche il portavoce di Articolo 21, Giuseppe Giulietti, chiede alla Federazione di chiarire subito sull’espulsione. Haim Shibi, veterano dell’Unione dei giornalisti di Gerusalemme, spiega che la decisione di cacciare gli israeliani non ha nulla a che fare con le quote, risale invece alla guerra in Libano del 2006, quando la Federazione attaccò lo stato ebraico per aver colpito gli studi di al Manar, l’organo di propaganda di Hezbollah. “E’ un’organizzazione che si batte per l’etica nel giornalismo”, dice Shibi, “ma adesso cacciano i giornalisti più liberi e combattenti nella regione”. Quanto alle quote, Shibi taglia corto: “No taxation without representation”. Il caso è politico, altro che ingiunzione di pagamento. Sul Corriere della Sera, Battista scrive che “sarebbe bello se i giornalisti di tutto il mondo libero, nel nome e nel ricordo di Daniel Pearl, boicottassero i boicottatori e lasciassero al suo (ignobile) destino la Federazione internazionale dei giornalisti”. L’ex vicedirettore del Corsera ha spiegato che “la suddetta, dannosa organizzazione è dominata da un pensiero unico e ossessivo: discriminare Israele e non far mancare l’appoggio a chi, assieme alla distruzione di Israele, non nasconde il proprio compiacimento per la soppressione fisica degli ebrei”. Di “apartheid antisemita” parla espressamente Fiamma Nirenstein, giornalista e vicepresidente della commissione Esteri della Camera. “Il giornalismo israeliano è uno dei più aggressivi del mondo, accusa i soldati, i generali, i politici, è vero giornalismo d’indagine. Nulla giustifica la sua messa sotto accusa, il boicottaggio è una delle armi principali dell’ideologia estremista e antisemita che diventa sempre più forte di giorno in giorno”. Vittorio Dan Segre, storico commentatore di vicende israeliane e fondatore dell’Istituto Studi Mediterranei di Lugano, pensa che simili boicottaggi antisraeliani decretino soltanto l’irrilevanza di organismi come la Federazione. “Molte battaglie oggi si combattono sull’informazione, ma non credo che questa decisione antisraeliana cambi qualcosa presso le grandi fonti dell’informazione. Penso all’Economist o al New York Times. Questi del sindacato sono i nemici dell’informazione libera”. Di sindacalismo fazioso parla anche Giorgio Israel, saggista e matematico all’Università La Sapienza di Roma. “L’espulsione è una manifestazione della degenerazione antisemita e antisionista, non si è mai vista una cosa del genere dal Dopoguerra a oggi”. Battista è stupito che presso la Federazione nazionale della stampa italiana nessuno abbia fatto sentire il proprio dissenso sull’espulsione. “Spero che la minoranza almeno si faccia sentire e si dissoci da questa vergogna di doppio standard. C’è una cecità spaventosa verso ogni violazione della libertà di stampa in paesi come l’Iran e poi si attacca l’unico paese dove vige il pluralismo dell’informazione”. L’ex direttore dell’Unità, Furio Colombo, si dice “umiliato”. “Dopo aver letto il Foglio ho accertato il fatto e ho scoperto che era vero. C’è stata una miserabile scusa di quote non pagate da parte di Israele. Una sorta di autodenuncia. E’ la desolante conclusione che l’antisemitismo è sempre più rampante, cade persino la vergogna di mostrarsi tali, dietro la quale si camuffavano gruppi e persone che lo sono. E’ un episodio grandissimo, un autentico scandalo”.
Voglio pubblicare anche qui copia della mia email al Sig. Roberto Natale - Presidente ed al Sig. Franco Siddi - Segreatario della Federazione Interna-zionale dei Gironalisti - FNSISimatissimi Sig.ri,Io sono la Sig.ra Dova Cahan, cittadinaisraeliana e residente a Tel Aviv.Mi rammarica quanto ho appreso dai gior-nali e su Facebook della vostra attitudinenei confronti dei giornalisti israeliani, mieiconnazionali, con l'escusione da voi sos-tenuta dall'ambito della Federazione In-ternazionale deu Giornalisti a Brussels.Credo che oggi, nel clima che regna nonsolamente in Italia ma in tutta l'Europa,dove una ventata di antisemitismo dichia-rato e visibile invade tutto il continente,spetta a voi piu che a tutti come stampae media di comunicazione di levigare questo momento e di non incrementarlocon l' espulsione dei nostri giornalisti dal-la Federazione Internazionale.Questo atto a me riporta alla memoriacio che avvene in moltissime citta dellaGermania tra il 9-10 Novembre 1038, lafamosa "Notte dei Cristalli" episodio de-plorevole da parte dei nazisti, che portoagli incendi delle nostre sinagoghe, dis-truzione di libri e testi sacri, distruzione evandalilsmo delle vetrine dei negozi ap-partenenti agli ebrei.Questo clima di odio e repressione ha portato alla seconda guerra mondiale e atutte le sue conseguenze che non voglioricordare qui..come la streminazione delpopolo ebraico.Oggi a piu di 71 anni che cio e accaduto,questi sintomi si ripetono esattamentecome nel passato. L'espulsione di questogruppo di "giornalisti israeliani'' dalla FNSI e un inizio di discriminazione e ciomi riporta a quanto ho gia menzionatonelle mie righe sopra.Vi prego gentilmente di rinnegare tuttoquesto e riamettere i nostri giornalistinell' ambito della FNSI.Attendo la vostra conferma alla mia richiesta,Con ossequiDova Cah
jochanan , italia
da sempre il giornalista progressista - e dietro tutta una serie di "individui coscienti" più o meno estremisti - sono alla ricerca affannosa di popoli oppressi da difendere, purtroppo senza discernere se sono veramente oppressi, o magari in difficoltà da loro stessi procurate. Questi giornalisti sono ben felici di fornire una cassa di risonanza alle istanze -vere o presunte- dei popoli di cui sopra. Spesso unicamente allo scopo di dare fama e visibilità a se stessi. Con metodi lobbistici poi (per non usare una parola più cruda) si impadroniscono degli organi di controllo della stessa loro categoria, sia a livello nazionale o internazionale in modo da assicurarsi sempre una protezione adeguata. Ciò che non è riuscito al comunismo sta purtroppo riuscendo all'alleanza apparentemente innaturale tra giornalismo progressista occidentale e movimenti di matrice islamica, più o meno orientati verso il terrorismo.
Roberto Riviello , Figline Valdarno
Per un non-ebreo come me, ma amico di Israele e degli ebrei, l'antisetimismo resta e resterà sempre occultato in un alone di sinistro mistero. Le forme e i luoghi in cui si genera ( anzi de-genera) sono imprevedibili e completamente irrazionali. Chi, come me, si aspetterebbe che in un ambiente professionale di carattere intellettuale, quale la categoria dei giornalisti, si respiri un'aria di costrutiva e libera ricerca della verità, evidentemente deve ricredersi. Anche lì, i germi dell'antisemitismo possono trovare la loro coltura. Ringrazio sinceramente il giornalista del Corriere per avercelo chiaramente spiegato nell'edizione del suo giornale di ieri e coloro che lo hanno ripreso. Evidentemente dovrò aggiornare il mio programma di storia nella scuola dove insegno e l'anno prossimo spiegare ai miei studenti che quell'epidemia è come un carbone acceso sotto la cenere. Cosa fare? Sinceramente non so, continuerò a far leggere Primo Levi, ma questo basta a vaccinare la mente di un giovane quando le menti degli adulti "colti", che dovrebbero farci da modello, sono ottenebrate quanto quella di un fondamentalista islamico semi-analfabeta?