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Intervista. Shlomo Ben Ami. Il regista dell’ intesa: fidiamoci degli ex nemici Lo sviluppo porterà la vera pace

venerdì 10 settembre 1993 La Stampa 0 commenti
TEL AVIV SHLOMO Ben Ami è fra i due o tre uomini che tessono da tempo la trama segreta che ha portato alla pace. Piccolo, scuro e allegro, professore di storia spagnola all’ università di Tel Aviv Shlomo Ben Ami, al tramonto, quando ormai tutti i suoi allievi se ne sono tornati a casa, lo incontriamo nel suo dipartimento, felice del successo delle trattative alle quali ha lavorato in un ruolo di primo piano. È un tipico cinquantenne laborista, capace di parlare molte lingue come cantasse un ritornello. Ambasciatore in Spagna dal 1987 al ‘ 91; poi membro della delegazione israeliana agli incontri multilaterali sui rifugiati, oggi fa parte della commissione addetta a preparare la pace dal punto di vista economico. Il suo rapporto con Peres è stretto. Ora che c’ è stato il reciproco riconoscimento, non crede che, come l’ opposizione chiede, il processo di pace vada ratificato da un referendum? referendum non mi convince, ha un che di demagogico; piuttosto non escluderei che il governo stesso, prossimamente, voglia andare a nuove elezioni per essere più forte nei prossimi passi. Nel periodo delle trattative lei ha incontrato in segreto qualche leader palestinese? uno dei capi dell’ Olp ha un complesso di inferiorità . Io non ce l’ ho. Lei si occupa soprattutto di economia, ma nei suoi scritti sembra più interessato al grande conflitto ideologico fra israeliani e palestinesi. palestinese occupa nella nostra mente; molto più del siriano, del giordano... La sua aggressività , anche quando è terribile, non mette nei fatti a rischio la sopravvivenza dello Stato di Israele. Però , quello che è peggio, lo minaccia nel mondo delle idee. Come pensa che possa comportarsi nel futuro un Paese la cui classe dirigente ha usato il terrorismo come maggiore arma di lotta fino a pochi anni fa? sovietico terzomondista a dare la colpa di ogni loro guaio al vicino imperialista. dei problemi: per esempio in nome di questa ideologia non hanno mai consentito a nessuna forma di riabilitazione dei rifugiati, lasciandoli marcire nei campi profughi nonostante le svariate possibilità che si sono offerte nel tempo di smantellarli. Si rende conto a quali conseguenze d’ odio questo ha portato? . Tuttavia lei crede che anche questo puntare sul ribellismo pauperistico possa essere superato. momenti abbiamo usato, quasi senza rendercene conto, l’ Olocausto come uno strumento politico. Ognuno di noi, in mancanza del petrolio, ha usato un po’ tutto quello che ha potuto... . Come si farà , se vince la pace, a superare questa immensa distanza, una volta fianco a fianco, anzi l’ uno dentro l’ altro, come due entità nazionali? attenti però a non creare una specie di colonialismo economico simile a quello militare. Ognuno deve cercare il suo tornaconto mobilitando investimenti, creando know how... Nei territori manca tutto, non c’ è l’ industria di base, è assente l’ industria tessile, quella alimentare... C’ è da fare per tutti. Quando, alla metà degli Anni Settanta, vidi che gli egiziani stavano costruendo mattone su mattone sul Canale di Suez, quello per me fu il vero messaggio di pace. Non si costruisce se si ha in mente una guerra prossima ventura. Né si fa la guerra tanto facilmente, se si ha qualche cosa di serio da perdere. Fiamma Nirenstein

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