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INTERVISTA LO STUDIOSO ISRAELIANO DEL TERRORISMO "Bin Laden è diventa to una bandiera" "Ma dietro la guerra santa si nascondono i predoni"

mercoledì 30 dicembre 1998 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME GERALD Steinberg, professore di Scienze Politiche all'università di Bar Ilan e membro del "Besa Center for Strategic Studies", è uno dei più famosi studiosi di terrorismo a livello mondiale. Steinberg, di origine americana, è uno degli intellettuali che partecipano al raffinato Think Tank del Centro Interuniversitario per lo Studio del Terrorismo di cui fanno parte studiosi di tutto il mondo con l'intento non solo di capire le nuove tecniche del superterrorismo, ma di inventare nuove strategie di lotta. Il rapimento dei 16 turisti occidentali in Yemen da parte di un gruppo che per la prima volta nella storia di quel Paese rivendica l'azione in nome della Jihad islamica, e che chiede per il suo crimine il prezzo della fine delle sanzioni sull'Iraq, fa pensare a un fenomeno di globalizzazio ne in cui i simboli del terrorismo si unificano, e il nemico è tutto l'Occidente. D'altra parte, il vertice arabo è stato rimandato, l'Iraq è considerato sempre più come un paria, l'Egitto condanna Saddam... la polarizzazione viene ormai avvertita chiaramente dall'islam moderato. "Questa analisi funziona solo se la Jihad islamica e le parole di sostegno per Saddam Hussein non sono la copertura di un qualunque gruppo locale che cerca così nobiltà e simpatia. In genere in Yemen i rapimenti di stranieri sono avvenuti per fini interni, per esercitare pressioni sul governo locale. E non abbiamo traccia che stavolta si tratti di qualcosa di diverso...". Tuttavia fa un certo effetto che gruppi di briganti trovino ormai nella sfida all'Occidente che esprime Saddam e nell'accanita lotta terrorista che compie la Jihad i due simboli che li rispecchiano e li nobilitano. Ormai il terrorismo è per così dire una bandiera politica, e Bin Laden il suo profeta. "Il terrorismo è di certo il maggior problema strategico che il mondo occidentale abbia davanti. Diciamo pure che sarebbe bene dedicare il '99 a entrare nel prossimo secolo attrezzati sia a combattere il terrorismo convenzionale, sia il superterrorismo dotato di armi di distruzione di massa, chimiche, biologiche, e in linea di tendenza anche atomiche. Quello con cui, qualcuno dice, dovremmo combattere la quarta guerra mondiale. Io però non vedo in Bin Laden un protagonista di questa guerra, così come non lo era a suo tempo la figura di Carlos, ritenuto onnipotente, protagonista di qualunque attentato. Bin Laden è una figura limite, un fanatico ricco e ben armato. Che ha compiuto attentati tanto più efficaci e letali quanto più gli obiettivi erano facili. Non credo che avrebbe la stessa capacità in America e in Israele...". E tuttavia è capace di sfuggire alla cattura e seguita a fomentare e finanziare un odio che porta a centinaia di morti. "Sì , ma rimane un terrorista isolato, sul quale non è stato compiuto un sufficiente lavoro di intelligence, ed è là che bisogna agire per prevenirne le mosse, per neutralizzarlo personalmente. Ma non è capace di azioni di massa, tipo quella di Luxor. La grande minaccia non esce da un piccolo gruppo formato da venti-trenta persone che ha compiuto solo tre attentati, sia pure facendo trecento morti. Il suo ruolo è stato gonfiato dalla frustrazione dei servizi segreti che non riescono a fargli nulla". E dunque il superterrorismo da dove è originato se non da gruppi di fanatici assassini come Bin Laden? "Il pericolo per il mondo intero nasce dagli stati sponsor del terrorismo, Iran, Sudan, Iraq e Siria. Prima c'era anche la Libia, ma ora non è più così . Verso questi quattro Stati sponsor si moltiplicano le armi di distruzione di massa che possiamo chiamare anche armi di assassinio di massa. A loro fanno capo i personaggi e gruppi più pericolosi. Se vogliamo fermare il terrorismo, è nei confronti di questi Stati che va svolta una azione preventiva". Quando parla di prevenire, può sostenere che nes suna reazione è possibile né effettiva? E se veniamo colpiti da un atto di terrorismo, nel proprio Stato o all'estero, non c'è che sorbirselo? "Punire è molto complicato. Occorre innanzitutto pensare alla prevenzione. Nel caso dello Yemen, si è trattato di un attentato inusuale, perché portato in un Paese arabo. In genere, gli attentati avvengono in Paesi che non sono quelli degli attentatori stessi. In America, in Israele, negli aeroporti internazionali: in questi casi, dovrebbe essere possibile per i servizi segreti individuare in anticipo l'ingresso di personaggi sospetti, di materiali sospetti... Il controllo dei confini sia riguardo agli uomini che ai materiali, finora è stato fatto con criteri vecchi e molto molto superficiali. In generale tutto il sistema preventivo antiterrorismo è antiquato e inconsistente rispetto ai nuovi pericoli". Può farmi un esempio? "C'è un ritegno veramente omicida, per esempio di non considerare il ruolo di certe ambasciate nell'organizzare i terroristi e nel fornire loro, tramite valigie diplomatiche, armi che sono anche di distruzione di massa. L'Europa è il terreno preferito di tutti questi traffici, e spero dunque che la comunità europea se ne occupi più efficacemente". In generale, su quale concetto base lei poggerebbe il prossimo impegno anti terrorista? "Su tre concetti: prevenzione, difesa e punizione. Prevenire significa per esempio proibire con mano molto ferma l'accumulo di armi non convenzionale a chi minaccia di farne un uso criminale ed estremista. Il regime del limite delle esportazioni si è dimostrato del tutto insufficiente. Ci vuole qualcosa di più attivo e deciso. La difesa e la punizione, poi, sono temi delicati, come tutti quelli che mettono le democrazie di fronte a chi invece sceglie l'atrocità , la forza, l'inganno. L'idea è comunque che bisogna alzare il prezzo per chi copre, nasconde, finanzi, rifugia, prepara i terroristi e le loro armi. Fargliela pagare cara. E ricordarsi sempre che il primo dei diritti civili, il primo anche dei diritti umani è quello di essere difesi dalla più orribile delle sue violazioni, il terrorismo". Fiamma Nirenstein

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