INTERVISTA IL GRANDE ISLAMISTADI PRINCETON Lewis: a questa pace dobbi amo credere I palestinesi sono sinceri, ma attenti agli islamici
martedì 1 febbraio 1994 La Stampa 0 commenti
TEL AVIV BERNARD Lewis, emeritus professor dell’Università di
Princeton, è forse il più autorevole islamista vivente. Chiunque
voglia capire il mondo arabo ha letto i suoi libri (
islamica, e tanti altri, pubblicati in Italia
dalla casa editrice Il Mulino). Sono testi che gli somigliano molto:
quando lo incontriamo nel residence di Tel Aviv situato di fronte
alle onde battenti del Mediterraneo, a tutt’oggi l’unica frontiera
transitabile per gli israeliani, ci accoglie con la sua naturale
allegria, il suo scetticismo, l’ironia e l’amore per la cultura araba
ed ebraica insieme. Parla arabo con il manager dell’albergo, ebraico
al telefono con qualcuno che chiama dall’Università di Tel Aviv. È
in Israele per alcune lezioni, ma domani sarà ad Istanbul. Bernard
Lewis, un ebreo che ha sempre studiato la cultura araba amandola, e
amando Israele, e mai rinunciando all’Occidente, è la migliore
provetta in cui possiamo sperimentare, concettualmente, il processo
di pace che proprio ieri a Davos si è mostrato in tutta la sua forza
dirompente quando Peres e Arafat sono saliti sul palco tenendosi per
mano. Lei, che parla arabo con i leader arabi, e ebraico con gli
ebrei, che ha scrit to tanti libri sulla storia del Medio Oriente,
lei crede nelle strette di ma no che tutti abbiamo vi sto alla
televisione? Sì . Io ci credo. Per gli arabi i simboli sono di gran
lunga più importanti che per noi. Le faccio un esempio: gli arabi di
Gerusalemme avevano diritto di voto e sapevano bene che per loro
eleggere il vecchio sindaco liberale Teddy Kollek era molto meglio
che eleggere Ehud Olmert, l’uomo della destra. Eppure hanno preferito
astenersi e lasciare che Olmert vincesse, a simboleggiare la loro
assenza dal governo israeliano di Gerusalemme; gli costa caro, ma lo
fanno lo stesso.... Tuttavia, quante strette di mano fasulle
abbiamo visto in Medio Oriente, quanti sbaciucchiamenti interessati
e poi dimenti cati o traditi...
politica con un tornaconto immediato: ne sia prova il fatto che
quello che gli arabi avrebbero ottenuto dal consesso internazionale
nel ‘36, nel ‘47 e nel ‘49 sarebbero state tutte per loro soluzioni
territorialmente assai migliori di quelle che possono ottenere oggi.
Si tratta invece di una scelta teorico-pratica fondamentale che in
parole povere suona così : abbiamo capito che Israele non ha nessuna
intenzione di sparire, che è venuto il tempo di scendere dalle
posizioni di principio a quelle di compromesso, e quindi di fare la
pace. Una politica opposta a quella tradizionale della Agenzia
Ebraica, che in sostanza diceva: dammi quello che puoi oggi, e poi
si vedrà .
vincoli culturali e di comportamento molto molto robusti. E le varie
leadership locali si controllano a vicenda perché non vi siano
sgarri. Che cosa è dunque suc cesso perché si rompesse
l’incantesimo?
padrone, un punto di riferimento esterno, da Hitler, ai russi, a
Saddam Hussein, c’era sempre qualcuno a comandare e ad aiutare.
Adesso tutti i punti di riferimento esterno sono caduti, l’Urss è
finita, il Terzo Reich è solo una spiacevole memoria. Esiste invece
un nemico comune a tutti i regimi attuali ed anche ad Arafat....
Quello c’era già : Israele. E dietro Israele, l’Occi dente.
molto prima dell’Occidente, oggi il vero nemico è il fondamentalismo
islamico. Il comunismo e il fascismo gli arabi non hanno mai saputo
molto bene che cosa fossero; quindi non li temevano. Ma il
fondamentalismo? Quello lo conoscono benissimo. E Assad, Mubarak, re
Hussein, Arafat, tutti quanti sanno che è molto peggio di Israele.
In fondo, che cosa può fare Israele contro di loro? Restituire un
po’ meno territori. L’islamismo, invece, può spazzarli via tutti.
Da come tutti quanti si comportano, compreso Arafat, che non si è
mai deciso a condannare gli attacchi di Hamas, o As sad, che copre
il terrori smo internazionale, sem bra piuttosto che ancora le
attuali leadership cer chino di tenersi buoni i fondamentalisti. È
una politica che ormai non sembra possibile molto a lungo. Forse lo
è stata, ma oggi i fondamentalisti sono diventati troppo forti: è a
loro che non conviene più il compromesso. L’Iran li appoggia, in
Tunisia potrebbero prendere il potere facilmente, in Marocco e in
Egitto sono robusti. Ovunque puntano alla maggioranza, anche nei
territori occupati.... Allora invece che auspi care la democrazia
nel mondo arabo, bisogna averne paura, se si desi dera che il
processo di pace vada avanti.
momento nei Paesi dove c’è una graduale o meglio una parziale
democratizzazione, nei Paesi come l’Egitto, la Giordania, il Marocco
con elezioni semilibere e una certa libertà di stampa, la maggiore
circolazione delle idee porta la gente a saper valutare meglio il
valore della pace. Dunque la democratizza zione non è per forza fo
riera nel prossimo futuro di guai fondamentalisti.
se presa a piccole dosi: per la cultura islamica la democrazia è
come il cortisone. Troppa, uccide il paziente. Secondo lei il
fondamen talismo può di fatto pren dere il potere? È possibile.
Tutti i regimi sono minacciati. È la grande incognita del processo
di pace. E senza Assad, senza Arafat, senza Hussein, sarebbe il
caos. Lei considera più signifi cativa la stretta di mano di
Clinton con Assad o quella di Rabin con Ara fat?
che ha compiuto la svolta maggiore. Ha, per così dire, liberato
Israele dal peso del diniego morale, del diniego più pesantemente
caratterizzante la fase appena conclusasi della vita mediorientale.
Con quella stretta di mano ha svelato una diversa realtà , o meglio
ha dato il via a una diversa possibilità cognitiva della realtà
stessa. Ha, se mi consente, introdotto qualche elemento di
razionalità nel folle Medio Oriente. E questo era alquanto difficile
da realizzare e da prevedere. Di Assad invece possiamo prevedere
quasi tutto: di lui tutto si può dire, fuorché che non si sia mosso
sempre in base a un principio di realtà . È un duro, è privo di
ogni regola morale, ma si sa che mantiene la sua parola di dittatore
e che conosce molto bene fin dall’inizio il suo tornaconto. Anche i
palestinesi lo co noscono. Sì , ma solo da poco: basta pensare alla
loro presa di posizione a fianco di Saddam Hussein durante la guerra
del Golfo. Assad invece è sempre un politico accorto. Peccato che,
mi si dice, la sua salute è alquanto malferma. E i fratelli
musulmani lo circondano d’appresso. D’altra parte, senza di lui non
vi è nessuna pace possibile né con il Libano, né con la Giordania,
che devono ogni volta letteralmente chiedere il permesso per
qualsiasi mossa facciano. Si racconta spesso quella famosa storia
(vera) di un colloquio fra un dignitario giordano e un israeliano:
l’israeliano si lamenta che il suo Paese sia circondato solo da
nemici. Il giordano gli risponde: “Non è nulla in confronto al
pericolo che comporta essere circondati da amici e da fratelli”.
C’è chi dice tuttavia che a Israele non convenga in un momento di
grande debolezza dei suoi avver sari ma di terrorismo crescente
avventurarsi in concessioni territoria li.
non è destinato a scemare: costa pochissimo, rispetto ai grandi
effetti che ottiene. Ma quanto alle concessioni territoriali, penso
che Israele faccia benissimo a provarci. Israele ha dalla sua il
tempo della sperimentazione. Adesso comincia con Gerico e Gaza, può
vedere se funziona, e in caso non funzioni può sempre tornare sui
suoi passi. Se Rabin sbaglia tutt’al più non lo rieleggono e va a
farsi un anno sabbatico in un’università americana. Se Arafat
sbaglia, con tutta probabilità lo ammazzano. Secondo lei dunque il
prezzo che pagano i pale stinesi è maggiore di quello che pagano
gli israeliani? È una tesi un po’ paradossale, visto che i
palestinesi stanno per guadagnare uno Stato.
palestinesi hanno speso molto di più degli israeliani, togliendo il
tabù del commercio e della comunicazione. Dopo quella famosa stretta
di mano non solo gli arabi, ma tutto il mondo si sente libero di
trattare, di commerciare e di scambiare esperienze con Israele. Più
avanti anche gli israeliani si prenderanno dei terribili rischi. Ma
saranno rischi calcolabili in base all’esperienza di questi prossimi
anni. Fiamma Nirenstein
