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INTERVISTA IL BIANCO CHE LIQUIDÒ L'APARTHEID "Il tempo curerà le feri te" De Klerk: il passato pesa ancora

mercoledì 13 gennaio 1999 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME NOSTRO SERVIZIO Frederick Willem De Klerk ha 63 anni, ma la sua grande faccia abbrustolita del sole e soddisfatta, deve essere ormai la stessa da molto tempo, e probabilmente resterà uguale. È un premio Nobel. Non è né vecchio né giovane, è realizzato, robusto fino alla durezza. L'ultimo capo della tribù bianca sudafricana, l'ultimo premier, e in seguito il grande disfacitore dell'apartheid istituito nel 1948 dal suo stesso partito nazionale, vive in questi giorni, fra gli altri grandi della pace e della buona volontà un'ora da maestro: al grande meeting organizzato da Shimon Peres a Tel Aviv, dove nei corridoi si incontrano da Kissinger a Gorbaciov a Amru Moussa a Desmond Tutu a tanti leader mediorientali, africani ed europei, De Klerk, è visto come uno dei più audaci, dei più generosi, come uno che ha gettato il cuore oltre l'ostacolo: "Altrimenti i nostri figli non avrebbero conosciuto che guerra... Altrimenti la prossima generazione avrebbe avuto 100 mila morti". Ed è anche visto come uno dei più pratici, capace di pensare in positivo, di mantenere le promesse, di trovare aiuti internazionali... Non è così ? "Mandela è stato liberato dalla prigione nel tempo fissato; ho istituito la Costituente nel momento previsto; ho indetto il referendum e le elezioni nel momento stabilito nei colloqui fra le parti... Questa è stata solo la parte iniziale di un processo di pace, ma anche la sua base positiva. Il rispetto reciproco e quindi l'onore dato agli accordi è l'essenza di ogni pace anche futura. Tutti gli accordi fondamentali sono stati raggiunti da noi nella "Costituzione transitoria"; adesso possiamo costruire su buone fondamenta: quel che ho cercato di fare, è stato eliminare alla base ogni forma di discriminazione razziale". Insomma, lei a tutt'oggi è convinto che il suo sia un Sud Africa ben incamminato, per il quale è valso la pena di fare tutto ciò che lei ha fatto? "Questo è un Sud Africa senza apartheid!". Signor De Klerk, lei sa meglio di me tuttavia che il suo Paese soffre degli antichi problemi sotto altra forma. Prenda il tentativo di rovesciare i ruoli, che come in America, si attua in Sud Africa con la legge per l'Affirmative Action, che mette al primo posto, nelle aziende, negli ospedali, nelle università , ovunque, la carriera dei lavoratori neri, facendoli passare avanti a tutti per rovesciare l'antica piramide. Al contrario di quel che accade in America, tuttavia, sembra che da voi funzioni male, che ci sia una fuga di cervelli bianchi disoccupati, che la parte nera non ce la faccia nei nuovi compiti e che abbia avviato un regime familistico e anche di corruzione che danneggia la produzione in ogni senso. "Io sono a favore dell'Affirmative Action. Ma oggi siamo di fronte ad un'altra forma di discriminazione razziale che è una terribile trappola da evitare". In generale, tuttavia, con i suoi difetti, questa legge ha avuto un ruolo importante per superare ingiustizie secolari. "Giusto. Inoltre ogni servizio deve assomigliare il più possibile alla gente del Paese. Ma bisogna creare una maggiore enfasi sull'educazione, sulla crescita della forza culturale dell'individuo, sui suoi meriti e le sue esperienze". Lei intende che meriti e esperienze ne hanno accu mulate di più i bianchi... "Non c'è nessun rapporto fra colore e merito. È chiaro che bisogna sforzarsi di trattenere chi ha esperienza, così da farlo agire come mentore e insegnante. Non è vero affatto però che un nero non può essere un bravo manager. Al contrario. Ma come ogni manager deve avere talento e intelletto, e bisogna anche dargli la possibilità di una giusta educazione". Ma questo richiede ancora tempo! "Non si fa un piacere a nessuno mettendolo in una posizione che non sia in grado di gestire. Né fai un piacere al tuo Paese, se induci i talenti a fuggire". Un altro problema terribile è la criminalità dilagante, il ri ciclaggio di armi e persone dai gruppi ribelli alle bande di rapinatori, ladri e assassi ni. Il presidente Thambo Mbeki ha detto di recente in un discorso disperato: "C'è gente per cui libertà signifi ca violentare le donne... Altri credono che liberazione sia rubare... In questo Paese c'e qualcosa di sbagliato". "Soffriamo assai di questo grande problema, ma anch'esso risente della nostra mancanza d'esperienza, di personale specializzato. La polizia ha perduto moltissimi ufficiali di polizia: sono andati a casa, ed anche nelle compagnie private. Ma sono soddisfatto che abbiamo ingaggiato come nuovo direttore amministrativo uno dei migliori manager, il capo della compagnia produttrice di birra Breweries, Meir Kahn. Abbiamo buoni piani per combattere la criminalità . E tuttavia, il problema non è di ordine pubblico ma di atteggiamento culturale. Generazioni di cittadini hanno ritenuto un dovere infrangere le leggi, odiare la polizia, rompere i vetri, non andare a scuola, creare disordine nel sistema. Era una battaglia civile! Così ora dobbiamo cominciare tutto da capo". Non pensa che anche la ridistribuzione delle ricchezze sarebbe una gran molla di civiltà ? "Certo, ed è giusto che questo avvenga sempre di più . Ma sappia che le statistiche dimostrano che c'è stata una marcata discesa della preminenza bianca, e una marcata ascesa della presenza nera. Il punto sta nella produzione, nella creazione di posti di lavoro, e non nell'esigere più tasse dai ricchi. In Sud Africa sono già altissime, e aumentarle servirebbe solo a scoraggiare gli investimenti". Il processo di pace sudafrica no può fornire qualche soluzione all'Africa intera, martoriata dalle guerre, dalle stragi, dal tribalismo? "La nostra storia è davvero particolarissima, e come ogni storia non è esportabile. Ma possiamo suggerire a tutti che la soluzione sta nella democrazia parlamentare, nel pragmatismo, nel mercato, negli investimenti. I Paesi poveri che arrivano ad essere in via di sviluppo e poi si sviluppano pienamente, devono per forza passare di qui. Non ci sono altre strade, e la storia ce l'ha ampiamente dimostrato. Inizio in questi giorni un nuovo lavoro: è il mio nuovo Centro per la Riconciliazione che cercherà di cambiare le menti ed i cuori dei giovani leader africani, di creare piattaforme culturali ed economiche, di mobilitare la società civile per renderla più profondamente coinvolta. Parleremo di democrazia, insegneremo rapporti economici giusti, cercheremo il benessere dei poveri. Sarà una fondazione che lavorerà in Sud Africa, ma anche per tutti i Paesi subsahariani". Fiamma Nirenstein

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